Capiamo benissimo che, nell’Italia del 2013, la retorica della riduzione dei costi sia un dogma tra i più rispettati ed enfatizzati. Fino al punto di consegnare interi comparti (editoria in primis, per non tirarci sempre fuori) ai dilettanti disposti a lavorare gratis o sottocosto, perchè già ripagati dal ruolo in sé.
Con questa logica (non del dilettantismo: ma del taglio costante dei compensi) anche il primo sindaco part time, o dopolavorista,della storia di Alessandria (almeno a nostra memoria, quindi dagli anni Settanta in poi) si può cercare di venderlo come un bel risparmio per i cittadini.
Però la realtà è ben diversa. Alessandria, per quanto città scalcinata e in dissesto, è pur sempre un capoluogo di provincia, e non Castelletto d’Orba o Sant’Agata Fossili (citiamo due piccoli comuni assolutamente a caso), ossia una piccola realtà gestibile nei ritagli di tempo.
Anche prima dei recentissimi, ulteriori tagli, i 3.500 euro lordi di stipendio del sindaco (12 mensilità), e i 2.200 lordi o giù di lì di un assessore full time non possono essere considerati un onere significativo, se chi li percepisce sa fare il suo mestiere, e lo fa con impegno e responsabilità. C’è bisogno di ricordare di cosa stiamo parlando, in termini di ente, e galassia di partecipate? Non credo, lo facciamo ogni giorno da anni.
E allora, davvero, questa notizia del part time di Rita Rossa, anche se sembra aver stupito solo noi (e anche se ci dicono che sia storia vecchia, del 1 luglio: ma è uscita ora sui media, e l’estate in fondo non conta, perché è tutto fermo), è roba grossa. E fa pensare a due sole ipotesi:
1) A Palazzo Rosso c’è poco da fare (ma in tanti garantiscono il contrario).
2) “Sbaraccamento” in corso.
Ci viene in mente che nei giorni scorsi Matteo Ferraris, dopo un suo interessante intervento a commento di un articolo su questo magazine, si è firmato Assessore al Bilancio pro tempore. Lì per lì abbiamo sorriso per il suo sense of humor, pensando anche ad una citazione palenzoniana (perchè anche Big Fabrizio era solito rimarcare la precarietà del suo ‘status’: per cui magari porta pure bene..). Ora però cominciamo a chiederci se non significasse anche altro.
Insomma: Alessandria ha più che mai bisogno, oggi, di amministratori non solo convinti e capaci, ma anche impegnati stra full time. Perchè la riorganizzazione di cui finora si è praticamente solo parlato non la si realizza certo dopo le 17 o nel week end, siamo seri. Così come, per un ente che ha un bilancio (anche ammesso che si riesca prima o poi a riportarlo in pareggio) intorno ai 95 milioni di euro l’anno, e una valanga di dipendenti, pensare di risparmiare ad oltranza sui rimborsi degli amministratori non ci pare una soluzione salvifica, né troppo intelligente. Anche se nell’Italia 2013, tutta protesa non ad esaltare competenza e voglia di fare, ma a controllare quanto guadagna il vicino, purtroppo ci sta anche questo.
Voi cosa ne pensate?