I soldi per realizzare il Terzo Valico non ci sono. Questo è il dato che emerge dal dibattito sul tema di queste settimane (ma c’è chi lo faceva presente anche in passato), tra decreti che vanno a pescare anche lì le risorse per il mancato introito Imu, e polemiche sui rischi relativi alla presenza di amianto, e conseguenti accertamenti in perenne ritardo. Peraltro ben sappiamo che nessun accertamento a priori può dare piene garanzie su temi del genere: altrimenti tutti i disastri ‘a posteriori’ di questi decenni semplicemente non li avremmo avuti.
In ogni caso: l’impressione prevalente è che, in questo momento, il Terzo Valico non entusiasmi più nessuno. Ovvio che il movimento No Tav di casa nostra cerchi di attribuirsi ogni merito al riguardo, e del resto va riconosciuto che sono stati solo loro (con atteggiamenti assai ondivaghi dei diversi partiti, anche quelli teoricamente a maggior vocazione ambientalista) ad opporsi con tenacia al progetto, fin dall’inizio.
Ma, strada facendo, al loro no diciamo “ideologico” (opera sbagliata perchè ambientalmente devastante e nociva per la salute, oltre che costosissima: 6,2 miliardi, ‘lievitabili’ nel tempo, come sempre avvenuto in casi analoghi), si stanno via via allineando posizioni di no “tecnico”: quindi no perché non ci sono opportune garanzie sul fronte amianto o falde acquifere, no ai rifiuti nelle discariche del nostro comune, no perchè non ci sono più i soldi, no perché di questo passo l’opera sarebbe conclusa in venti o trent’anni, in uno scenario che nessuno oggi è in grado di immaginare.
Da questo punto di vista, il Terzo Valico è allora davvero l’emblema di un Paese bloccato, indeciso a tutto e privo di vera progettualità: un’opera di cui si parla da vent’anni, e che finora ha generato solo studi di fattibilità e qualche taglio di nastri (lo scorso anno: non ricordiamo se fosse una ‘falsa partenza’, o una prova di inaugurazione), al modico costo di 500 milioni di euro. In verità non ancora tutti spesi, o almeno speriamo. Ora si stanno ‘chiudendo’ i rubinetti da Roma, per avviarsi forse verso una morte ‘dolce’ e dilazionata nel tempo, ‘sfumando’ responsabilità e figuracce.
Finirà davvero così? E in questo contesto di assoluta incertezza, nelle prossime settimane si avrà davvero il coraggio di partire con i lavori, senza avere la minima idea di dove si andrà a finire, o a fermarsi? E chi crede alla necessità non solo di un Terzo Valico, ma anche di un quarto e quinto, con metropolitane leggere (per trasporto persone: il Terzo Valico è solo merci) che attraversino l’appennino ligure, può definitivamente rassegnarsi?