di Giancarlo Patrucco
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A proposito di Prima Repubblica, non ho mai capito bene se siamo nella Seconda, stiamo avviandoci verso la Terza, oppure restiamo ancora al palo. Questioni intricate, che hanno a che fare con l’assetto istituzionale, con l’assetto parlamentare, con la legge elettorale e chissà cos’altro. Troppo per me.
Io, comunque, sono nato e cresciuto nella Prima, di cui ho conosciuto tutte le trappole, le invenzioni linguistiche, le furbizie tattiche e le visioni strategiche. Per la verità, più furbizie che visioni, ma nella tattica occorre riconoscere che comunisti e democristiani erano impareggiabili. Soprattutto questi ultimi. Ecco perché non ho faticato a riconoscere le mani, sapienti, del democristiano Letta e del comunista Napolitano in alcuni fatterelli avvenuti di recente. Riepiloghiamo.
Abbiamo appena passato Ferragosto e il PdL incombe sul governo con minacce neanche tanto oscure, inframmezzate da ancor più espliciti moniti. Da una parte sta la paventata decadenza del leader maximo del Popolo della Libertà, dall’altra la tenace resistenza che sostanziose frange del Partito Democratico, tra parlamentari, portavoce, ministri e viceministri, oppongono alla pretesa ultimativa degli alleati: via l’IMU prima casa, iniqua tax e via tutta, per sempre. Quella parola dev’essere bandita dal lessico politico, altrimenti il governo Letta cadrà.
In effetti, il governo e il Pd sono in cul de sac combinato proprio bene. Persino all’asilo hanno capito che la questione dirimente non è l’IMU bensì la situazione di Berlusconi. E’ evidente che, se il Pd (o il Governo, o il Presidente della Repubblica, o la Giunta per le elezioni, o domineddio) acconsentisse a metterci una pezza, persino i falchi più falchi del PdL si ammorbidirebbero di colpo. Ma è altrettanto evidente che il PdL esita a far cadere il Governo in nome della battaglia pro Berlusconi. Meglio, molto meglio, e più appagante nei favori popolari, farlo cadere perché rifiuta di cancellare completamente l’IMU, l’odiosa tassa sui patrimoni. Il Pd partito delle tasse, il PdL partito che, strenuamente, si oppone.
La questione va avanti da un bel po’, ma c’è un limite di tempo che lo stesso Letta si è dato: entro agosto, l’IMU dovrà essere rivista e rimodulata. Così, mercoledì 28 agosto, il Consiglio dei Ministri delibera l’azzeramento della prima rata. Aggiunge, poi, che il pagamento della seconda rata è sospeso e il suo annullamento dovrà essere disposto dal Governo entro ottobre, nell’ambito della definizione del Patto di Stabilità.
Arrivano i commenti. Il PdL grida entusiasticamente alla vittoria, qualche voce del Pd recrimina: non è giusto, non è equo togliere l’IMU a tutti, anche a quelle famiglie che potrebbero e dovrebbero pagarla. Così, dichiara Fassina, non ci saranno le risorse per annullare l’aumento dell’Iva, suscitando bordate di sdegno dall’altra parte. Eccolo qui, il solito partito dei tassatori!
Qualche commentatore più avveduto, però, si fa due conti. Non è del tutto vero che l’IMU prima casa sia stata abolita integralmente. Tanto per cominciare, l’azzeramento della seconda rata è nelle mani del Governo. Se il PdL lo farà cadere prima di ottobre, si renderà anche responsabile del suo pagamento. Da difensori del popolo a tassatori il passo è breve. Un capello.
Ma c’è di più. L’IMU, la Tarsu, la Tares, insomma quel groviglio di imposte che c’è non c’è o non si vede, verrà – come Letta diceva – rimodulato. Dal 2014, si varerà la service tax, che poggerà fondamentalmente su due gambe: la tassazione patrimoniale e quella sui rifiuti. Insomma, una tassa sui servizi erogati dagli Enti Locali, che ne godranno i ricavi e potranno modularla secondo le loro esigenze.
Voi vi aspettate di pagare meno? Sono cose che si dicono. Di certo c’è che l’azzeramento IMU del 2013 rischia di rappresentare soltanto un intervallo, una boccata di ossigeno fra la botta del 2012 e quella che nel 2014 arriverà. Mi smentisca chi può.
Dicevamo, comunque, dello scherzetto combinato da Letta in puro stile democristiano. In un vidiri e svidiri, direbbe il commissario Montalbano, la partita passa dalle mani di Berlusconi alle sue. Però, non finisce qui. Due giorni dopo, il Presidente della Repubblica nomina 4 senatori a vita. Ora, nessuno nega la legittimità dell’atto che rientra pienamente nelle sue prerogative costituzionali, ma 4 senatori a vita, proprio nel ramo delle Camere dove Berlusconi potrebbe concretizzare i suoi anatemi, qualche rumore lo fanno. E anche qualche conto.
Con i “magnifici 4”, Palazzo Madama potrà contare su 321 parlamentari. Quota di sicurezza per il Governo Letta, 161. Prima poteva contare su 108 senatori Pd, 20 di Scelta Civica, 10 del gruppo delle Autonomie, 7 di SEL, i 4 grillini usciti dal M5S e 1 senatore a vita. Totale: 150. Ora, con i nuovi arrivi, il totale sale a 154. Mancano soltanto 7 voti e c’è da scommettere che, all’occorrenza, si troveranno.
E adesso, dove va Berlusconi? Certo che è dura mandar giù gli scherzetti di quella Prima Repubblica che tanto gli ha dato e ora potrebbe togliergli tutto. In un vidiri e svidiri. Appunto.