“Hai letto? Finalmente ripartono i concorsi del pubblico impiego: era ora!”, mi ha detto un amico l’altro giorno. Ho letto, e mi sembra che da parte del Governo non si dica proprio questo. Anche se, attenzione, è quello il messaggio che sta “passando”.
Piuttosto, pare che l’esecutivo Letta abbia messo in cantiere (certo, dilazionata negli anni, e compensata da altrettanti pensionamenti) una nuova ‘mega infornata’ di precari della Pubblica Amministrazione centrale e locale. Circa 120 mila, per l’esattezza, sparpagliati un po’ ovunque, ma con regioni e sanità (che poi è sempre regioni, a pensarci bene) a farla da padrone. Discorso a parte per la scuola, dove altri 130 mila addetti attendono altrettante ‘stabilizzazioni’, ma da altri capitoli di spesa.
Non abbiamo dati disponibili su casa nostra, ma già immaginiamo la reazione, ad esempio, dei precari della Provincia ‘scaricati’ alla fine del 2012. Rimarranno ‘al palo’, da figliastri di uno Stato minore, o il provvedimento governativo ‘ripescherà’ anche loro? Lo scopriremo presto.
Il messaggio complessivo che si ricava da tutto ciò comnunque qual è? Che siamo di fronte, è chiaro, ad un governo stile prima repubblica, ma fuori tempo massimo. Che ‘cincischia’ sulle riforme vere e strutturali, ma tiene calma ‘la piazza’ con le assunzioni pubbliche, senza le quali il sistema collasserebbe ancora di più. Ma in virtù delle quali, anche, il sistema non decollerà mai. Dipende tutto, insomma, dal punto di osservazione.
Il punto vero, però, non è quanti sono i dipendenti pubblici, ma quanto la pubblica amministrazione riesce ad essere efficace ed efficiente, e a rappresentare un ‘volàno’ per il sistema Italia. O, invece, una zavorra assistenziale. Ed è lì che casca l’asino, e potrebbe cascare pure il premier Letta. Nel senso che una Pa utilizzata, ancora e sempre, come puro ammortizzatore sociale (che sia clientelare o meno diventa persino relativo), non si vede davvero come possa aiutare una reale ripresa, e cambio di passo, del Paese. Ma magari saremo smentiti dai fatti, e vedremo finalmente servizi pubblici efficienti e di qualità stimolare (e non ostacolare sistematicamente) progetti, iniziative e investimenti privati, senza i quali, inutile girarci attorno, saremmo ‘bolliti’.