“Non vi è bisogno di nuove leggi o di nuove forme di controllo. Gli strumenti operativi sono tutti disponibili: la vera difficoltà consiste nello scarto, anch’esso persistente e ormai monotono, tra le affermazioni verbali e l’azione coerente sul piano dei fatti.”
F. Caffè, Uniformità economiche, in “Contro gli incappucciati della finanza”, Lit edizioni, Roma 2013
Da qualche anno, l’estate in Valle d’Aosta assomiglia ad un pirotecnico spettacolo di iniziative culturali che vanno da “Aosta classica”, un insieme di spettacoli musicali di alto livello che si tengono nei castelli e nei luoghi più suggestivi della Valle; spettacoli di animazione come le “Fiabe nel bosco”, dedicati ai bambini; concerti di musica leggera tenuti all’aperto negli scenari naturali delle più belle conche, combe e vallate; attività cinematografiche e teatrali, di artigianato, fiere e mercatini, attività sportive, sagre ed eventi enogastronomici; mostre fotografiche e figurative (splendide quelle su “Brassens ou la liberté” a Morgex, e quella del pittore elvetico Sam Szafran nello spazio espositivo di Étrouble), nonché vari incontri con l’Autore, che quest’anno hanno visto protagonisti giornalisti-scrittori come Aldo Cazzullo e Michele Gambino nell’Auditorium di Morgex, e personaggi di spicco del mondo della cultura e della politica, come, tra gli altri, il giurista ed ex ministro Giovanni Maria Flick, l’economista Mario Deaglio, il sociologo Giuseppe De Rita, l’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero e, buon ultimo, il previsto incontro (poi mancato) con il sindaco di Firenze e candidato premier Matteo Renzi. A diverse di queste iniziative ho avuto modo di partecipare, mentre in seguito al forfait dell’ultimo minuto, il resoconto del colloquio tra il giornalista de Il Corriere della Sera Beppe Severgnini e il Sindaco di Firenze è frutto della mia fantasia.
Da qualche settimana stiamo assistendo ad un crescendo di veti incrociati che hanno creato una situazione di stallo, avrebbe chiesto Severgnini. In attuazione delle indicazioni del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il Presidente del Consiglio Enrico Letta fa sapere che il Governo della larghe intese dovrà andare avanti. Il suo vice Angelino Alfano, portavoce del Gran Consiglio di Arcore tenutosi nel pomeriggio di sabato, pone l’out-out: o il Governo (cioè lui stesso, pro quota), o il Parlamento o il Presidente della Repubblica garantiranno l’«agibilità politica» al leader del PDL (condannato in via definitiva dalla Corte di Cassazione per frode fiscale ai danni degli italiani), oppure il Governo delle larghe intese cadrà. Il Pd, per voce del suo Segretario e di importanti esponenti del partito, replica che tale richiesta è indecente ed irricevibile. Tramite un post del suo leader (il quale, detto per inciso, non si è potuto candidare alle ultime elezioni per lo stesso motivo per cui non potrebbe più esserlo il presidente del PDL) il M5S fa sapere che il Governo delle larghe intese è morto e sepolto e che il Movimento non farà mai alleanze con il PDL e/o con PD-meno-L e che pertanto occorre tornare alle urne al più presto con il Porcellum. Con ciò, contraddicendo quanto fino a qualche mese fa andava sostenendo sulla necessità di abolire l’attuale legge elettorale che consentirebbe di riportare in Parlamento un gruppo di inesistenti nominati.
Come si esce da questa situazione di stallo? La situazione di stallo, avrebbe detto Matteo Renzi, si sarebbe potuta evitare con l’elezione di Romano Prodi (o di Stefano Rodotà) a Presidente della Repubblica a seguito della manifesta incapacità di Pier Luigi Bersani di gestire l’esito delle elezioni politiche, dopo la disastrosa campagna elettorale. L’elezione di Prodi (o di Rodotà) avrebbe infatti provocato l’implosione della compagine berlusconiana e dello stesso PD, accelerando il ricambio della classe dirigente. A seguire, un diverso Presidente della Repubblica avrebbe dato vita ad un Governo di scopo (quello che si dovrà fare ormai tra qualche giorno) con il compito limitato di eliminare il Porcellum, di varare una nuova legge elettorale e di tornare a votare con una destra e una sinistra rinnovate: la prima senza il fardello di Berlusconi, e la seconda senza l’alibi dell’anti-berlusconismo. Il M5S, poi, sarebbe stato costretto ad uscire dal limbo e la temporanea situazione di stallo che si sarebbe venuta a creare sarebbe durata tutt’al più alcuni mesi. Si potrebbe uscire dall’attuale situazione (ma dubito che lo farà) se il Presidente del Consiglio Letta si recasse dal Presidente della Repubblica Napolitano per rinunciare al suo mandato, dal momento che, non recedendo dalle loro posizioni contrastanti, gli attori della sua maggioranza non consentono al governo delle larghe intese di continuare il suo lavoro. In tal caso, la responsabilità della caduta del governo sarebbe di entrambe le forze che l’hanno sorretto e nessuna delle due potrebbe accusare l’altra in campagna elettorale di averlo fatto cadere. Dopo di che, il Presidente Napolitano (che non è disponibile a concedere nuove elezioni salvo che con una nuova legge elettorale) darebbe un reincarico a Letta per cercare di dare vita ad governo di scopo per poi tornare alle elezioni.
Qualora il tentativo risultasse vano, il Presidente Napolitano potrebbe sempre dimettersi, lasciando ad nuovo Presidente il compito di sbrogliare la matassa. Anche in tal caso la prospettiva delle elezioni si allontanerebbe, il PD potrebbe così celebrare il suo congresso eleggendomi quale nuovo segretario e candidato Premier. Con l’idea della pacificazione e con il governo della larghe intese si è solo perduto un anno di tempo, aggravando peraltro i problemi economici del paese.
E’ un vero peccato che, impossibilitato a partecipare all’incontro di Courmayeur, Matteo Renzi non abbia potuto sostenere quanto mi sarebbe piaciuto sentirgli dire. Tra qualche giorno, tuttavia, la situazione sarà più chiara e chiunque potrà constatare l’entità dello scarto tra le sue (presunte) “affermazioni di Courmayeur” e i fatti che ci capiterà di osservare.