“Sono giovane, e faccio l’imprenditore: devo essere ottimista per forza, fa parte del contratto”. Manuel Anfonso è, da poche settimane, il presidente del Gruppo Giovani di Confindustria Alessandria, e da circa due anni e mezzo amministratore delegato della Prisma Impianti di Basaluzzo (“al fianco di mio padre, Valerio, che è presidente e fondatore dell’azienda”). 29 anni, laurea in Economia in Bocconi, Manuel Alfonso è davvero cresciuto a ‘pane e azienda’, da quando studente liceale e universitaria alternava alla preparazione di interrogazioni ed esami brevi periodi ‘in fabbrica’, con piccole mansioni attraverso le quali cominciare a ‘respirare’ clima e atmosfera del mondo del lavoro. Ci riceve nella sala riunioni del Gruppo Prisma, nel quartier generale di Basaluzzo: location che emana confort ed efficienza, e dove 5 grandi orologi rigorosamente ‘a lancetta’ scandiscono il tempo di New York, Londra, Roma, Mosca e Tokyo. Ed è l’occasione per una conversazione a tutto campo: dalla realtà imprenditoriale del nostro territorio alle dinamiche internazionali.
Dottor Alfonso, questi cinque orologi già chiariscono che Prisma Impianti ha il cuore a Basaluzzo, ma è proiettata in tutto il mondo…
E’ così: il nostro fatturato si sviluppa all’estero per il 60%, con percentuale in crescita. Fino a non molti anni fa, tanto per far capire qual è il trend, l’Italia pesava per l’80%. Ma da noi ormai l’industria pesante è in fase di forte ridimensionamento, come del resto sta succedendo un po’ in tutta Europa. Le produzioni, i grandi stabilimenti si stanno sempre più trasferendo altrove: dall’Africa, all’India, alla Cina, ma anche Russia o Bolivia. E anche nuovamente negli Stati Uniti: dove si sono resi conto di aver fortemente trascurato l’industria a vantaggio dell’economia dei servizi, e hanno deciso di rilanciare. Come è loro caratteristica, lo stanno facendo con grande dinamismo.
Voi siete un attore intermedio della filiera? Ossia: producete macchinari ed impianti per le classiche grandi fabbriche?
Prisma Impianti ha una clientela assolutamente trasversale rispetto ai diversi comparti di mercato dell’impiantistica civile industriale: i nostri clienti operano nella siderurgia, metallurgia, chimica, energia, oleodotti, trasporti e altro ancora. Noi ci occupiamo essenzialmente di progettazione e automazione, realizzando chiavi in mano impianti, o occupandoci del loro ammodernamento. Talora lavoriamo direttamente per il singolo cliente, e altre volte operiamo per grandi contractor internazionali. Garantendo, questo è essenziale, una forte e costante presenza di nostri addetti sul posto, dove si trovano gli impianti e gli stabilimenti per i quali lavoriamo.
Quindi a Basaluzzo non si fa produzione, ma ci sono i cervelli che progettano…
Essenzialmente è così: abbiamo un centinaio di dipendenti, con profili per lo più tecnici, ossia ingegneri e periti industriali. E naturalmente una filiera e un indotto qui sul territorio, sia di professionisti che di piccole officine, che lavorano per noi. Gli impianti e i macchinari che progettiamo vengono realizzati esternamente (spesso anche direttamente all’estero, con nostra supervisione, quando sono destinati a stabilimenti in giro per il mondo), e qui effettuiamo la fase di test e verifica.
Dottor Alfonso, parliamo di casa nostra: Italia e Alessandria. Qual è la situazione?
Sono giovane, e di mestiere faccio l’imprenditore. Quindi figuriamoci se non ci metto l’ottimismo della volontà. Certamente però le difficoltà del sistema Italia sono sotto gli occhi di tutti. Come le ho detto il nostro fatturato nazionale è andato ridimensionandosi nel tempo, e considerato che abbiamo clienti storici come l’Ilva (lo stabilimento di Taranto, in particolare), non si fa fatica ad intuire che qualche apprensione ce l’abbiamo. Nel 2012 comunque ci siamo attestati su un fatturato complessivo di circa 21 milioni di euro, e dopo qualche anno in flessione speriamo di ricominciare a crescere.
Lei da circa un mese è anche presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Alessandria. Com’è il panorama di casa nostra, visto da lì?
Premetto che sono stato eletto da pochissimo, ma che già abbiamo fissato, per settembre, una serie di riunioni e appuntamenti per confrontarci, ed essere il più possibile operativi, cercando di incidere. Eredito dal mio predecessore, Pietro Gemma, una serie di progetti, e una situazione assolutamente dinamica. Dovremo continuare sulla strada tracciata, e magari ideare percorsi aggiuntivi. Certamente ci sono due elementi essenziali, chiamiamole macro aree: il percorso di istruzione/educazione/formazione, e la meritocrazia.
Sul fronte formazione, il rapporto con scuole e università è produttivo, o migliorabile?
Entrambe le cose direi. Il legame tra il percorso formativo dei ragazzi e il mondo del lavoro va reso sempre più saldo e consapevole. Nel senso che non è corretto obbligare nessuno a fare una scelta o l’altra, ma è giusto che si tratti di scelte ponderate: ossia, devi sapere che se decidi di dedicarti ad un certo tipo di studi sul territorio potrai poi trovare, o non trovare, un certo riscontro. E la prima scelta essenziale è quella che si fa da ragazzini, per forza insieme ai genitori, alla fine della terza media. Poi naturalmente c’è il passo successivo, alla fine della scuola superiore. Andare all’università o al lavoro? E, nel caso, che tipo di formazione universitaria? Ovviamente, come Gruppo Giovani di Confindustria, vogliamo fare in modo che i ragazzi sappiano esattamente quali sono le esigenze e le opportunità, perché possano operare scelte informate. Come Prisma Impianti, se posso fare un riferimento personale, abbiamo ad esempio promosso negli anni scorsi, in partnership con il Politecnico di Torino, sede di Alessandria, un master biennale per ingegneri, che ha portato alla fine del corso all’assunzione in Prisma di 7 degli 11 partecipanti che hanno portato a termine il percorso (uno nel frattempo ha fatto scelte diverse), con contratto di apprendistato biennale. Un’esperienza simile l’abbiamo avviata anche con il Politecnico di Genova, e credo che questa sia la strada per rinsaldare sempre più il percorso tra formazione e lavoro.
Poi c’è la questione meritocrazia, dottor Alfonso. Concetto che in Italia si è sempre molto più enunciato che praticato…
Verissimo, e non esiste vera democrazia se non si fa in modo che possano esistere simili condizioni di partenza: per cui entrano in gioco tanti fattori socio economici, culturali, famigliari, e anche semplicemente di territorio. Occorre cercare di colmarli, o attenuarli il più possibile: e questo non solo per senso di giustizia, ma anche proprio per evitare di disperdere potenziale umano.
A livello locale, continueremo senz’altro, ad esempio, l’esperienza avviata dal mio predecessore Gemma, ossia il premio Prometheus, che consente di offrire un riconoscimento a giovani della provincia che si siano distinti in alcuni settori specifici.
Peraltro, se si gira un po’ il mondo, ci si rende conto che la meritocrazia altrove è assai più praticata che da noi, ma può essere anche pratica spietata. Le faccio un esempio che mi ha colpito: in Corea del Sud in ogni classe, alla fine dell’anno scolastico, i due peggiori vengono bocciati. Capisce cosa significa? Possono anche avere la media del 7, per dire: ma se tutti gli altri sono più bravi, loro ripetono l’anno. Un po’ eccessivo, sicuramente: da noi, all’opposto, un po’ più di competizione e competitività non potrebbero che generare effetti positivi.
A proposito di realtà internazionali: la sua generazione è abituata a viaggiare, e ad avere ormai il mondo come orizzonte, sia formativo che professionale. Questo significa necessariamente che chi studia deve poi abbandonare la provincia, e diventare un migrante, per quanto di lusso rispetto ai nostri bisnonni?
Viaggiare, per divertimento e per formazione, è oggi un’opportunità alla portata di molti, per fortuna. Non credo però che Alessandria, intesa come territorio provinciale, debba per questo rassegnarsi ad una marginalità, economica, industriale e anche culturale. Qui per tanti aspetti (logistici, di spazi, di vicinanza con grandi centri e snodi autostradali) ci sono le condizioni per lavorare bene, per far crescere il territorio. Certo, molto dipende da noi, dalla nostra voglia e capacità di investire sul futuro, e di farlo a casa nostra. Sempre naturalmente guardando ai mercati anche internazionali.
Ettore Grassano