Lo abbiamo inseguito per mesi, cercando di intercettarlo tra un impegno e l’altro in giro per l’Italia, senza mai riuscire a carpirgli qualche minuto per intervistarlo. Ora, proprio a ferragosto, lo abbiamo incontrato ai bordi di una piscina in un casale in Toscana, dove si sta godendo alcuni giorni di riposo. Stiamo parlando di una vecchia conoscenza degli amici di CorriereAl, l’inimitabile Episcopio, che in questa bella e interessante chiacchierata dice la sua su Alessandria e dintorni. Buona lettura!
1) Episcopio (posso chiamarti Epi?), lo chiediamo proprio a tutti… che cos’è per te Alessandria?
Che cos’è per me Alessandria? E’ la mia casa, ovvio… è il luogo in cui sono nato e in cui vivono molte persone a cui voglio bene.
2) Per CorriereAl hai intervistato un sacco di gente, ad Alessandria e non solo. Chi ti ha colpito di più?
Fammici pensare… mi colpì molto, ai tempi, il grande poeta Sandro Locardi. Era già molto anziano quando andai a trovarlo a casa sua, e fu molto gentile e premuroso. Mi trattò alla pari, e io ero solo un pischello, allora… Persone come lui erano orgogliose di essere di Alessandria. Questa cosa negli anni si è persa, ed è un vero peccato.
3) C0me può Alessandria uscire dalla situazione in cui si trova?
Prima di tutto recuperando un po’ di amor proprio. Non è possibile che la vita di una città venga ridotta ad un fatto amministrativo, seppur grave. Non siamo solo “dissestati”… siamo anche gente operosa, intelligente e di cuore, che per anni purtroppo si è appiattita su sicurezze che parevano intoccabili. Un amico mi ricordava tempo fa che l’alessandrino medio ha poche incrollabili certezze: il posto fisso (meglio se pubblico), la fidanzata, l’aperitivo e la macchina nuova. Dovremmo a mio avviso desiderare più in grande, per ripartire e ricostruire. E chi dice che non è possibile, dovrebbe lasciare il posto a chi invece ha voglia di provarci.
4) Che cosa dovrebbe fare allora Rita Rossa? Dimettersi o continuare a fare il sindaco?
Se avessi la macchina del tempo, prenderei con me Rita e la riporterei all’epoca in cui era stata appena eletta. Le direi qualcosa del tipo “facciamo insieme le barricate, ricorriamo a questo e a quello, scateniamo i nostri avvocati simil-Coppi, ma non dichiariamo assolutamente il dissesto! Quanti Comuni in Italia sono messi molto peggio di Alessandria, e non hanno dichiarato fallimento?”.
Tornando al presente, credo che per il sindaco la cosa più saggia sia quella di ingaggiarmi come consulente per esaminare la situazione e compiere pochi ma significativi interventi in tema di riduzione delle spese e di rilancio dell’economia alessandrina. Di più non farmi dire, ti prego… sono in trattativa!
5) Che cosa pensi, in tutta sincerità, dei politici alessandrini?
(smette di sorseggiare un cocktail, si toglie gli occhiali da sole e mi fissa) Vuoi che sia sincero? Tranne rarissime eccezioni, i politici alessandrini mi hanno deluso moltissimo. Ma in fondo ce li meritiamo, perché negli anni abbiamo delegato le decisioni più importanti a gente pressapochista, caciarona e impreparata, pronta a chiudere le stalle quando i buoi sono scappati e a difendere il proprio minuscolo giardinetto clientelare. Ma poi cosa credi… (Epi qui si solleva dalla sdraio) pensi davvero che il dissesto sia frutto solo della gestione Fabbio o, andando indietro, di quella della Scagni, come sostengono alcuni? No, il dissesto metteva le sue basi qui ad Alessandria già negli anni ’80, quando se stavi con il padrino politico giusto avevi il posto assicurato nell’ente pubblico o in banca, vincendo concorsi farlocchi o su misura. Un sistema di assunzioni così “gonfiato” non poteva reggere, e infatti è imploso. (Epi adesso si scalda) Guarda che oggi noi stiamo pagando il conto, salato, di quel Paese di Bengodi che si riteneva non dovesse finire mai. Io sono solo un coniglio, per carità… ma se mi accorgessi di poter essere utile alla città mi “lancerei” subito, perché l’unica possibilità che abbiamo per cambiare le cose è fare politica direttamente, sporcandoci le mani. E non è detto che un giorno…