In questo clima da quasi Ferragosto, dove trarre lo spunto per condividere qualche riflessione in ordine sparso, se non dalla lettura dei giornali?
Ieri ad esempio, su La Stampa, un Giuliano Ferrara in vena di divertissment gigioneggiava sulla possibile candidatura (con vittoria elettorale, ça va sans dire: quando si sogna, è giusto sognare in grande) di Marina Berlusconi, mentre Silvio fa la regia, ai domiciliari.
“Pensa che spettacolo – dice Ferrara – Silvio Berlusconi agli arresti domiciliari che si vendica con il sangue della figlia dell’ingiustizia subita. Sarebbe una tragedia greca, una cosa bellissima”. E poi ancora: “piomberebbero in Italia giornalisti di tutto il mondo a raccontare la formidabile dinasty berlusconiana”.
E, naturalmente, in parallelo ci sarebbe da raccontare l’incubo della sinistra (perché ormai il Pd, riedizione della Dc d’antan, pare sia addirittura sinistra..bah…), con Renzi che “si andrebbe a rinchiudere nella Torre di Arnolfo” (a Palazzo Vecchio, ndr), e il ruolo di candidato/vittima sacrificale toccherebbe ad uno Zingaretti qualsiasi, che non è il commissario Montalbano, ma il meno celebre fratello Nicola.
Ferrara si diverte un mondo, a vivere la decadenza e il disfacimento della politica italiana come un antidoto alla noia. Sua personale, e in fondo di tanti italiani. Un po’ come faceva Moravia col sesso, mutatis mutandis. Eppoi, da consigliere spesso inascoltato di un sovrano ormai nella polvere, un po’ di astio e disprezzo per le attuali vicende (in effetti misere) gli è senz’altro consentito. Il guaio è che ormai questo clima da fine dei tempi (quindi almeno ridiamoci su) sta diventando un format diffuso: ho amici e conoscenti che da anni sbeffeggiano la politica, la disprezzano, e poi giocano a votare il peggiore, quello che ‘fa più ridere’, o che potenzialmente potrebbe generare la situazione più devastante, e ricca di colpi di scena.
Insomma, vada come vada (e torneremo presto ad analizzare la situazione: perché alla fine, come Ferrara, siamo appassionati/malati di politica), non si può non constatare come questo Paese sia partito nel dopoguerra da una povertà di massa accompagnata da forte (ed ingenua, certo) tensione ideale, arrivando oggi alla fine di un lungo ciclo: con un benessere di massa che percepiamo al capolinea (anche se il declino sarà lento e progressivo), e accompagnato dalla disgregazione di una comunità. Per cui la politica diventa teatrino macabro, simbolo di dissolvenza e proiezione della noia, e forse del cupio dissolvi, di ognuno di noi. Molto prima di Ferrara, lo preconizzò Pasolini, se ci pensate bene.
Ma pietà e speranza non muoiono mai, per cui ne riparleremo.
Intanto buon Ferragosto a tutti: non staccheremo completamente la spina, continuate a seguirci!