di Andrea Antonuccio
“Vi prego, datemi qualcosa da fare… anche le fotocopie. Ho bisogno di fare qualcosa, a casa non mi sopportano più!”
Me lo ricordo ancora, Saverio Stempiato (nome e cognome di assoluta fantasia), quando veniva in ufficio alle 8 del mattino e ci implorava di riempirgli almeno la mattinata con qualche incombenza.
Allora io lavoravo in Fiat, ramo informatico, e lui, il mitico Saverio, era andato in pensione solo da qualche giorno. La sua era stata una vita passata in azienda, con responsabilità crescenti, orari lunghi (non tornava mai a casa prima delle 9 di sera), sabati in ufficio o al pc collegato da casa, e i figli che venivano su modello Scajola: praticamente a sua insaputa. Sposato ufficialmente da una trentina d’anni con una signora di cui non parlava mai, poteva contare su un bassissimo “tempo matrimoniale effettivo”.
Un giorno per Saverio era arrivata la pensione, una bella pensione che molti di noi non potranno neanche immaginare, figuriamoci ottenere. Erano tempi ancora grassi, o almeno benestanti. Ricordo che al brindisi di commiato eravamo in molti ad invidiarlo. Se ne andava da una gabbia di matti, fatta di capi nevrotici (solitamente, in Fiat, apparentati con la Famiglia), ingegneri veramente ottusi, nipotine da parte di fava e qualche persona normale, normalmente confinata in uffici vicino ai bagni.
Faceva impressione, se non pena, vedere Saverio ridotto in quello stato. “Le fotocopie, fatemi fare almeno le fotocopie”. Ce n’era voluta per convincerlo che non avremmo potuto accontentarlo. Era intervenuto anche il capo del personale, per spiegargli con garbo e fermezza che non era cosa, la legge non lo permetteva.
Lui, Saverio, in un lampo si era reso conto che se in ufficio era un dio in terra, a casa era un coglione. La moglie e i figli non vedevano l’ora che uscisse, tanto non lo sopportavano. O meglio: non erano abituati alla sua presenza, ad averlo tra i piedi durante la giornata, e non sapevano come fare. Era come se un lontano parente un giorno si fosse presentato a casa loro dicendo: “Ehi, sono Saverio. Vi ricordate di me?”.
La pensione, ricca e sicura, che l’Inps gli aveva generosamente concesso non gli bastava. Lui, Saverio, voleva lavorare, sentirsi utile, fare qualcosa. Ne avrebbe ceduto sicuramente una parte, di quel vitalizio, pur di rientrare in ufficio e lavorare gratis.
Io me lo ricordo, Saverio, che piangeva davanti all’ingresso dell’azienda. Alla sua età, con la sua pensione, piangeva come un bambino. Gli era stata sottratta l’unica vita che aveva conosciuto, e ora si ritrovava a dover ricominciare, con una moglie e dei figli che non conosceva.
Dopo averlo visto piangere in quel modo, io Saverio non l’ho più invidiato.
PS: l’unico film che ha trattato il tema di Saverio è, a mia memoria, “Fantozzi va in pensione”. Un film anche brutto, ma che ha saputo cogliere veramente la questione. Se ne avete altri, segnalateli pure.