Le tradizioni si consolidano nel tempo.
Il più delle volte non è sufficiente una vita per veder riconosciuta una tradizione.
Quelle che conosciamo sono frutto dell’eredità dei genitori se non dei nonni.
Penso ad una processione durante una festa patronale, al concerto di capodanno trasmesso dalla Rai, alla cerimonia inaugurale di un’Olimpiade, ad un brindisi di compleanno, al caffè della mattina, alla telefonata della sera.
Solo per fare alcuni esempi.
Ricordi che abbiamo fin da piccoli, di cui non ci siamo mai chiesti del dove siano nate questa o quella cosa.
Nell’ultimo ventennio nascono e crescono come funghi le serate con i fuochi d’artificio.
Sono dieci, quindici, forse venti i minuti in cui, con il naso all’insù, si rimane affascinati dai colori e dagli scoppiettii, talvolta dalla musica che danza a ritmo di fasci luminosi.
Ma si rimane ancora affascinati?
In provincia di Savona – facendo un conto sommario – credo che siano almeno una dozzina i Comuni che, da Capodanno a Ferragosto, allietano le serate con spettacoli pirotecnici offrendo divertimento al pubblico.
Ma a quale tipologia di pubblico?
So di essere una voce fuori dal coro, ma credo che investire (?) decine di migliaia di euro (perché le cifre sono tali!) per pochi minuti di vacuo divertimento sia uno dei più gravi errori che si possano commettere.
Inoltre sono molto perplesso anche sul fatto che queste serate siano ambite e attese dal grande pubblico.
Voglio dire che negli anni Sessanta e Settanta ci si stupiva di qualcosa che era inusuale; oggi che siamo abituati alle grandi proiezioni in 3D, ad una televisione avvolgente nei suoni e nella definizione, ad iPhone e iPad sofisticatissimi chi si stupisce per coriandoli di fuoco che volteggiano per aria?
Ultima considerazione.
A fianco alle fabbriche di giochi pirotecnici regolari, ve ne sono altrettante (e sono ottimista) regolate dalle leggi dell’illegalità e della camorra.
Oggi i bambini si stupirebbero nel vedere delle lucciole lungo un sentiero di campagna in una notte di plenilunio.
Ma della parola “stupore” parleremo in un’altra occasione.