Armi e bagagli [Lo Straniero]

marenzana_angelodi Angelo Marenzana.

I bagagli. Un bagaglio di esperienza. Un bagaglio culturale. La valigia dell’attore. E pure una pieno di sogni. I bagagli. Le vere armi della democrazia. I bagagli come emblema di libertà, quella di muoversi tra un paese e l’altro, per oltrepassare i confini geografici per lavoro, per studio, per  cure o per costruirsi una nuova esistenza. Per una vacanza o per cercare l’illuminazione dello spirito. Per sentirsi cittadini del mondo. Senza orario e senza bandiera. Oppure spinti da una più banale quanto rispettabile curiosità. Bagagli veri o archetipici per una libera circolazione delle idee e delle persone. Ognuno, con il proprio, di bagaglio. A mano o al seguito.

Come il papa Bergoglio che nel suo viaggio evangelico in Brasile sorprende tutti portandolo da sé, il bagaglio. Come i grandi bagagli sorretti e trasportati dagli sherpa nepalesi con la fronte. Come i mille Stanley e Livingstone delle diverse epoche storiche che nelle lunghe traversate in zone selvagge e inesplorate, ci hanno fatto sognare l’avventura e fatto conoscere i portatori indigeni che, a modo loro, con tanto di bagagli in equilibrio sulla testa, hanno contribuito a fare grande il mito dell’esploratore e trasformato in leggenda la perfidia colonialista.

Come le Fiat negli anni sessanta, sommerse dal loro carico di famiglie e valigie nelle lunghe code cinematografiche agostane in direzione dei luoghi di villeggiatura con la musica dei quarantacinque giri a fare da sottofondo. Come la Fiat di oggi che se ne va insalutato ospite con il suo bidone pieno di promesse non mantenute e un forziere colmo di contributi statali.

Come la fuga di ferragosto del 1977 dell’ex ufficiale delle SS Herbert Kappler dall’ospedale militare del Celio a Roma chiuso dentro una valigia trasportata a mano dalla moglie, evento che ha arricchito il già ricco bagaglio di cazzate della nostra storia post bellica e di cui mai nessuno, politico o funzionario, si è mai preso la briga di chiedere scusa, quantomeno all’intelligenza degli italiani. Come i clandestini che sbarcano a Lampedusa o ammassati dentro ai container nei porti dell’Adriatico che bagagli invece non ne hanno. Come quelli che i bagagli non fanno nemmeno in tempo a disfarli.

Come i componenti della famiglia Ligresti che i bagagli hanno provato a farli ma sonoAutostop4arrivati troppo tardi per sparire con le loro borse piena di soldi. Come la signora kazaka Shalabayeva costretta a farli, i bagagli, in fretta e furia per essere deportata al suo paese insieme a una figlia di sei anni alla faccia del diritto internazionale. Come i troppi amministratori, politici, onorevoli e ministri che non pigliano mai armi e bagagli per togliersi dai piedi, anche se inettitudine dichiarata o sentenze di tribunale hanno segnato con la penna rossa le loro carriere pubbliche.

Come gli autostoppisti, zaino in spalla e pollice sollevato, uno in piedi e l’altro seduto sul bordo del marciapiede. Razza ormai in via di estinzione. Ma di cui due esemplari sono stati avvistati in via Giordano Bruno, sotto il sole impietoso, come nei migliori ricordi di gioventù che queste immagini sono in grado di fare riaffiorare.
Buone partenza e buona permanenza. Con o senza bagagli.