“Ci sono alcune tratte in cui costerebbe molto meno affidare il servizio ai taxi, con un accordo quadro annuale. E naturalmente, per quei quattro anziani che oggi ancora usano il bus per spostarsi dal paese ad Alessandria, e viceversa, sarebbe anche più comodo”. Me lo ha detto l’altro giorno un addetto ai lavori, non propriamente l’uomo della strada. Ed è una posizione su cui, quando si parla di trasporto pubblico locale (nome in codice: Tpl), sarebbe in effetti opportuno confrontarsi senza retorica. Ma su questo fronte (come su quello dei presidi ospedalieri territoriali, impropriamente definiti ospedali, ad esempio) vige un clima di retorica trasversale. Ossia: siamo un Paese che ritiene che l’optimum sia stato raggiunto da un pezzo, e che oggi si debba a tutti i costi, e a spada tratta, difendere l’esistente. Ossia il passato, tout court. Dalla ‘sacra’ immutabilità della Costituzione che tutto il mondo ci invidia (ma va là, il mondo civile non sa neanche dove stiamo di casa. E quando ci conosce ci invidia al più l’enograstronomia, siamo seri: della nostra Costituzione all’estero non sanno un piffero), ai servizi pubblici costosi e inefficienti, ma appunto irriformabili.
Alzi la mano chi di voi utilizza stabilmente autobus e corriere. I dati aggiornati non li ho, ma ci vuol poco, basta guardarsi attorno, per capire che si tratta ormai di mezzi di trasporto marginali. Lasciamo qui da parte le polemiche sui ‘tagli’ (rispetto ai quali è in corso una querelle tra Regione e Provincia: i tagli diquest’anno sono di 3 milioni, o di 900 mila euro? Lo scopriremo presto), e concentriamoci sulla qualità del servizio. Che mediamente è modestissimo, e costoso. Perché, appunto, ciò che si incassa dalla vendita dei biglietti (e anche qui, per buonismo da ‘botta di caldo’, sorvolo sulle voci che raccontano anche, per qualche realtà del territorio, di gestione ‘allegrissima’ nella distribuzione dei biglietti stessi) è un obolo, rispetto al costo reale del servizio.
Che fare, dunque? Perché ‘battersi’ ogni anno contro i tagli delle risorse, e non provare invece a ripensare tutto quanto il sistema del Tpl, e anche le sue modalità di finanziamento? E, là dove appunto si può pensare ad un accordo con taxisti, con auto singola o pulmino, perché stracciarsi le vesti? Ancora una volta, ci sentiremo rispondere che la piena occupazione (pubblica) non si tocca. Ma sempre più risponderemo: un servizio pubblico va valutato per la sua qualità, e i suoi costi. In relazione a ciò, si deve determinare quanto personale è necessario, e di che tipo, e per fare cosa. Naturalmente senza fare macelleria sociale. Ma neanche assistenzialismo allo stato puro, o non ne usciremo mai.
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