Il Gavi come il Barolo o il Chianti, ossia l’unico vino alessandrino che, oltre ad essere re dei mercati internazionali, ha saputo imporre il proprio marchio, identificandolo con un territorio? Lo dicono in tanti, fra gli addetti ai lavori, ma Francesco Bergaglio sorride e ‘frena’, prudente: “Siamo solo all’inizio del percorso, anche se certamente ben avviati”. Quarantatre anni e due lauree (in enologia e in chimica), Bergaglio è gaviese doc, e fra le vigne di cortese della Val Lemme ci è praticamente nato: il padre fu il fattore di un’azienda agricola del territorio, e lui, dopo gli studi e diverse esperienze nel settore, in Italia e all’estero, dallo scorso autunno è ‘l’uomo immagine’ del Consorzio Tutela del Gavi: ossia un po’ direttore generale, un po’ responsabile delle strategie di marketing e comunicazione a cui il presidente Gian Piero Broglia e gli altri soci hanno deciso di affidare il compito dell’ulteriore crescita di un vino e di un marchio, il Gavi, che rappresenta un fiore all’occhiello di tutta la provincia di Alessandria.
Dottor Bergaglio, il Gavi è davvero ‘anticiclico’: ossia non conosce crisi, e continua a crescere…
E’ così, e siamo davvero contenti. I numeri parlano chiaro: in una decina d’anni siamo passati da 8 a circa 12 milioni di bottiglie vendute, nel mondo. Siamo penetrati, e a livello medio alto, in diversi mercati anche di non facile ‘conquista’, e in altri Paesi il processo è in corso. Diciamo che il Gavi è ormai universalmente riconosciuto come vino d’alto rango, e nobile vitigno. Il grande bianco piemontese.
Proviamo a raccontare un po’ la storia di questo vino, a chi magari lo apprezza in tavola, ma non ne conosce le origini?
Volentieri: direi che il modo migliore è partire da una data, il 972. Attenzione però, senza l’1 davanti: parliamo proprio di 972, prima dell’anno mille. C’è un documento ufficiale, nell’Archivio di Stato di Genova, che testimonia come, già allora, su queste colline ci fosse una produzione di vino da vitigno cortese. Per cui l’abbiamo presa come simbolica data di nascita dell’attività enologica in queste terre, che è appunto più che millenaria. Naturalmente vi evito un excursus dettagliato: diciamo che per lungo tempo le nostre uve sono state ‘appetite’ dalle grandi aziende produttrici di spumante. Poi, quando si è sviluppata la cultura del bianco secco, c’è stato il salto di qualità.
Il Gavi è stato il primo bianco piemontese certificato, giusto?
Esatto: il Gavi è DOC dal 1974, e DOCG dal 1998. E il Consorzio Tutela del Gavi, nato per iniziativa di un gruppo di produttori nel 1993, ha essenzialmente due obiettivi: da un lato la tutela e vigilanza rispetto alla qualità legata alla denominazione, dall’altro la promozione e valorizzazione del vino, ma anche del marchio e del territorio, attraverso progetti di marketing e comunicazione, fiere nazionali e internazionali, eventi e progetti che consentano di veicolare il Gavi nel mondo, ma anche di attrarre visitatori (e acquirenti) sulle nostre colline. Facendo quindi da vòlano per tutto il nostro distretto.
Non a caso, lei è anche presidente degli esercenti gaviesi….
Sì, da qualche mese, e sempre naturalmente con la ‘maglietta’ del Consorzio, che rappresenta, con i suoi circa 80 associati, una bella fetta dell’economia di questo territorio. Per cui è nostro preciso obiettivo veicolare, insieme alla bottiglia di Gavi, un marchio e una cultura, che vanno dal Forte ai Castelli, alla nostra enogastronomia a cavallo tra Piemonte e Liguria, e così via. C’è da sviluppare una vera cultura dell’accoglienza e dell’ospitalità, che poi si traduca in business.
Fra le aziende del Gavi, ci sono realtà fra loro molto diverse…
E’ così, ed è un nostro punto di forza. Complessivamente abbiamo 1.480 ettari certificati, coltivati a cortese. Ma naturalmente si va dal piccolo produttore che commercializza 5 o 10 mila bottiglie l’anno, a chi ne produce milioni. Ovvio che compito del Consorzio è di fare da sintesi, e al contempo da collettore delle tante diverse esigenze. Abbiamo un agronomo, Davide Ferrarese, che lavora in maniera trasversale per tutte le aziende del Consorzio, e si occupa in particolare di curare le malattie dei vitigni, o di prevenirle. Ma abbiamo anche in sede, ogni venerdì, un esperto di export e di legislazioni internazionali: poiché, come noto, oltre il 70% della produzione di Gavi finisce sui tavoli dei ristoranti internazionali più quotati. Dall’Europa alla Russia, dalla Cina (per ora intesa come Shangai, che è la loro città più moderna) alla Russia. E questo significa affrontare e risolvere una serie di problematiche tecniche non banali, in cui il Consorzio affianca passo passo i suoi associati.
Un vostro forte strumento di promozione sono le fiere, come lei spiega in una bella recente video intervista realizzata al Vinitaly…
E’ così. E parliamo, Vinitaly a parte, perlopiù di grandi rassegne internazionali: dalla Germania alla Francia, fino a Russia, Ucraina, Cina: di recente abbiamo tenuto là alcuni work-shop, e il Gavi è già presente, e in fascia decisamente medio alta, in tutti i migliori ristoranti di Shangai. Le fiere e gli eventi sono importanti strumenti di marketing, durante i quali come consorzio forniamo adeguato supporto e visibilità anche alle singole aziende nostre associate che magari non hanno le risorse o il personale per muoversi in autonomia.
Quando fattura il “brand” Gavi ogni anno, e quante persone lavorano nel settore?
Credo che, a spanne, si possa parlare di almeno 50-55 milioni di euro di fatturato, con circa 170 produttori (dei quali però 110 non arrivano alle 20 mila bottiglie, e solo una ventina sono sopra le 100 mila) attivi negli 11 comuni del distretto, ossia Gavi, Pasturana, Novi Ligure, Tassarolo, Francavilla Bisio, Serravalle Scrivia, Capriata d’Orba, S. Cristoforo, Parodi Ligure, Carrosio, Bosio. Non tutti naturalmente aderenti al nostro consorzio, anche se abbiamo acquisito 2 o 3 nuovi soci proprio di recente. Nella filiera lavorano almeno 5 mila persone, e per l’economia di queste valli non è certamente poca cosa.
E non pochi sono i giovani, secondo i dati più recenti: conferma?
Verissimo: ci sono tanti produttori al massimo quarantenni, che hanno fatto una scelta di vita oltre che professionale. E non sempre si tratta di figli d’arte: c’è anche chi sceglie di investire nei terreni, e nelle vigne, e parte con passione. Di solito, peraltro, costoro sono tra i più attenti alle dinamiche dell’agricoltura eco compatibile, e i più propensi ad un rapporto di massima naturalità con la terra, e i suoi frutti.
Dottor Bergaglio, quest’anno il Consorzio Tutela del Gavi compie vent’anni: ci dà qualche indiscrezione sui festeggiamenti? Si parla di un grande evento, dai contorni misteriosi…
(sorride, ndr) In realtà stiamo definendo i dettagli in questi giorni: posso dirvi che la kermesse si chiamerà Di Gavi in Gavi, e durerà due giorni, il 31 agosto e il 1 settembre. Ci saranno momenti di intrattenimento, di degustazione del Gavi, enogastronomici e di valorizzazione del territorio. Con momenti per il grande pubblico, e altri dedicati alla stampa, locale e nazionale, per promuovere in maniera efficace e intensiva il nostro vino, e il nostro brand. Vi faremo sapere presto tutti i dettagli!
Ettore Grassano
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