Non è che ci si aspettasse qualcosa di diverso, ma dalla spedizione romana di ieri ci pare di nuovo sia emerso poco, anzi nulla. Se non, appunto, la già sottolineata presenza al tavolo della Provincia di Alessandria, e l’assenza della Regione (ma qualcuno l’ha invitata, o ha cercato di coinvolgerla?)
Le richieste sono le solite. Mentre delle risposte o valutazioni ministeriali nulla per ora è dato sapere. Ce li immaginiamo, questi torvi e occhialuti tecnici romani, prima dell’incontro, mentre chiedono ai commessi: “chi sono questi? Ancona? No, no…Alessandria. In Piemonte, nelle Langhe…”. Guardate che “certo che voi, nelle Langhe” lo dicevano spesso a me a Milano, non è mica fantascienza.
Collocazione geografica a parte, rimane l’attesa per la sostanza. Che al momento latita. E’ pensabile che il Governo (che traccheggia nel sostanziale immobilismo generale, in attesa forse delle elezioni tedesche di settembre, o di chissà che altro) possa varare un provvedimento ad hoc per una mediocre provincia sabauda? E quale potrebbe essere, anche in caso di effettiva disponibilità, la via d’uscita? Forse davvero un finanziamento dalla Cassa Depositi e Prestiti di 100 o 150 milioni di euro, con accensione di un mutuo da 4 milioni di euro l’anno, e restituzione “spalmata” fino ad esaurimento? Un altro debito, insomma, ma finalizzato a immettere risorse hic et nunc nel corpaccione malato della nostra economia cittadina. Sempre ammesso, naturalmente, che da Roma vogliano correre il rischio: se lo si fa per Alessandria, come negare poi la stessa strada a tanti altri?
Ma, dal nostro punto di vista, magari è davvero questa l’unica strada, considerato che per vendere (senza svendere miseramente) immobili o attività sono necessari dei compratori solvibili, e di questi tempi è dura.
Un mutuo, dicono non pochi addetti ai lavori, consentirebbe almeno di pagare (in buona parte) i debiti pregressi, senza lasciare tanti creditori dell’ente, e delle partecipate, con il cerino in mano.
Lo snodo vero, però, rimangono non tanto i debiti pregressi, quanto quelli presenti e futuri. Ossia: è possibile risanare i bilanci del comune e delle aziende ad esso collegate, senza ricorrere alla tristemente famosa “macelleria sociale”, con licenziamenti di massa, sia pur “attenuati” da una serie di ammortizzatori sociali, pure quelli tutti da definire?
C’è un fronte (sempre più vasto e articolato, dai sindacati ad alcuni consiglieri di opposizione che hanno chiesto nei giorni scorsi le dimissioni di Rita Rossa) che invita il sindaco, ancor più oggi, a fermarsi, a non essere precipitosa, a non licenziare nessuno e a non liquidare nessun’altra società, in attesa di segnali positivi da Roma.
C’è un Pd formalmente schierato col sindaco, ma non così vivacemente partecipe al dibattito, anzi piuttosto defilato. Non pervenuto il Pdl, che non si capisce bene se e cosa proponga. Mentre i 5 Stelle intervengono “a sprazzi”, con una fiammata qua e là.
In realtà il migliore esercizio intellettuale che si può fare oggi è chiedere ad ognuno: “ma tu, se fossi sindaco, che faresti?”. Dal tono, dall’elusività, dal “benaltrismo” e dai riferimenti agli errori passati (a quanto pare oggi il dissesto non lo dichiarerebbe più nessuno) capirete che fare il sindaco di Alessandria appare sempre più come la scalata ad una montagna impervia, con il vento e la pioggia che non ti danno tregua. Quanti di voi, oggi, vorrebbero essere al posto di Rita Rossa? Davvero da Roma arriveranno strumenti e soluzioni con cui affrontare il futuro con serenità, o dovremo comunque fare da soli? Dite la vostra!