Massima allerta, naturalmente, per lo sciopero di oggi e per l’agognato tavolo interministeriale di giovedì. Pur convinti che nessuno dei due eventi sarà in alcun modo decisivo, continueremo a monitorare la vicenda Palazzo Rosso, su cui da un anno è concentrata l’attenzione dei media, con riflettori costantemente puntati e dietrologismi di ogni tipo.
Il territorio alessandrino però è anche, e soprattutto, altro rispetto all’ente comune. Pensiamo, in primis, al mondo del lavoro privato, che naviga in acque ben peggiori rispetto a quello comunale, eppure spesso viene liquidato con un’attenzione meno specifica, più generica e massimalista.
Ma ci sono, per fortuna, anche realtà imprenditoriali sane, che spesso su questo magazine cerchiamo di raccontare: una è la ASproPat di cui si parla proprio oggi, per non andare troppo lontano. Un’altra è certamente la Centrale del Latte di Alessandria e Asti.
Nata come cooperativa nel 1931, e diventata Spa a maggioranza pubblica nel 1953, da diversi anni l’azienda è controllata largamente da soci privati: 13 imprenditori agricoli, una società cooperativa agricola e in misura minore da due finanziarie. Il pubblico detiene ancora soltanto il 16% delle quote: di cui il 10,35% è del comune di Alessandria (che presto le venderà, secondo la vox populi), mentre una presenza marginale è quella del Comune di Novi e della Provincia di Asti.
La Centrale del Latte ha oltre 50 dipendenti diretti, e un indotto di circa 60 autotrasportatori, con una produzione di 18 milioni di litri di latte fresco all’anno, e un fatturato intorno ai 32 milioni di euro. Una realtà sana, e in utile, che però da qualche giorno ha perso la sua testa: ossia Claudio Acerbi (nella foto), che si è dimesso da amministratore delegato, e che a breve pare intenzionato ad uscire anche come socio, cedendo le sue quote. E per quanto Acerbi, da persona di stile e senza nessuna vocazione alla polemica, si limiti ad un “nulla da dichiarare, solo alcune divergenze di tipo strategico, che mi inducono a fare un passo indietro”, è chiaro che si tratta di un passaggio importante. Perché Acerbi, come allevatore/produttore/socio, ma anche come manager, ha legato il suo nome a quello della Centrale per un tempo lungo, e appare difficile pensare ad un avvicendamento puramente “tecnico” e programmato.
Anche il presidente della Centrale, Alfredo Di Meo (espressione ‘politica’ del comune di Alessandria), getta però acqua sul fuoco, smorzando ogni possibile polemica: “nessun contrasto, men che meno sul fronte dei soci pubblici: potrei essere io, pro tempore, ad assumere anche il ruolo di amministratore delegato”. Se ne parlerà nel consiglio di amministrazione del 30 giugno. Così come resta da capire a chi finiranno le ‘quote’ di Claudio Acerbi: l’ipotesi più probabile appare, oggi, che siano rilevate dagli altri due soci privati più ‘forti’, ossia la famiglia Capra (proprietaria della cascina Pederbona) e la famiglia Brezzi (titolare dell’omonima azienda agricola di Castelceriolo). Ma, anche qui, siamo sul piano delle supposizioni. Si attendono sviluppi e chiarimenti.
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