E’ tornato dopo 40 anni in nuova versione digitale e tutti giustamente a parlarne. Chi l’ha rivisto e chi non l’ha mai visto. Ma il brivido e il fascino di un film leggendario restano immutati. Sto chiaramente chiaramente parlando de L’esorcista, firmato da William Friedkin e scritto da William Peter Blatty, un film che negli anni Settanta provocò in Alessandria un fenomeno mai visto prima: una coda di umani che partiva dal perimetro di Piazza della Libertà per arrivare in Galleria Guerci, dato che proprio al cinema Galleria avveniva la programmazione.
Ho personalmente scritto troppe pagine su questo film per andare a riciclare qualcosa di congruo all’anniversario. Saltando tutto quel che è di pertinenza squisitamente cinematografica, qui ricordo solo che L’esorcista non è affatto un film come tanti. Esistono parecchi misteri, ancora oggi irrisolti, che sembrano collegarsi in modo bizzarro e “sincronico” all’inquietante preambolo ambientato in Iraq. Basterebbe ricordare che da allora le vite di Friedkin non furono più le stesse. Basterebbe elencare l’incredibile concatenazione di grandi e piccoli incidenti che costellarono la lavorazione del film e sui quali il battage pubblicitario trovò un discreto assortimento di argomenti per tenere desta l’attenzione del pubblico. E non c’è dubbio che un tipo come Friedkin oggi possa rispondere con una risata quando qualcuno gli ricorda i contrattempi più o meno fatali che diedero al film l’inossidabile fama di opera maledetta.
“Contrattempi” che, elencando alla rinfusa, sono stati: la grande statua di Pazuzu, ricostruita dallo scenografo Bill Malley, spedita per sbaglio una prima volta a Hong Kong invece che a Baghdad; l’incendio che distrusse il 15 agosto ’73, era di domenica, alle 2,30 di notte il set di casa McNeil; i periodici allagamenti del set della stanza di Regan; il lungo blocco psicologico di Max Von Sydow nell’affrontare la scena dell’esorcismo; le nove morti, tutte all’apparenza casuali, che accompagnarono la lavorazione (dal fratello di Max Von Sydow, morto in Svezia, al nonno di Linda Blair, dall’attore Jack McGowran al ragazzo che refrigerava il set, dal figlio appena nato di uno dei tecnici del set a varie, altre persone legate alla lavorazione del film); il figlio dell’attore Jason Miller, Jordan, investito agli inizi della lavorazione da una motocicletta mentre si recava in spiaggia e finito in terapia intensiva; un anziano attrezzista che, sul set, si ferì misteriosamente e altrettanto gravemente alle dita dei piedi; Ellen Burstyn che si slogò la schiena durante una delle scene del “letto danzante”; la segretaria di Blatty, Noni, che fu aggredita da uno sconosciuto mentre rientrava a casa e, poco dopo, il suo convivente che fu ricoverato in ospedale psichiatrico, in preda a pazzia furiosa; e, per concludere, in bellezza, il crollo della croce della chiesa di Piazza del Popolo, durante un furioso temporale, la sera dell’anteprima romana del film al cinema Metropolitan.
Ovvio, un bel mucchio di coincidenze. Però chi se ne intende, “sa”. Sa che il il making potrebbe anche essere un colossale e involontario atto di magia nera, in grado di richiamare “di qua” quello che in linguaggio esoterico chiamasi l’Eggregoro di Pazuzu. L’invisibile Vegliante, ri-materiato da un gruppo di persone particolarmente affiatate (e così “sincronicamente” convinte, ma forse non consapevoli, da ricostruire fedelmente il ritrovamento di una statuina rappresentante il demone nello stesso luogo in cui nel 1854 la spedizione di Botta fece venire alla luce il Pazuzu in mostra al Louvre), ha forse acquisito sempre maggior indipendenza vitale, sempre più poteri, “man mano si sono infittite le riunioni – le giornate di lavorazione – di coloro che hanno presieduto alla sua nascita”? Decidendo di vivere nello “spazio attorno a noi”, quasi sempre invisibile, ma di tanto in tanto “visibile”? E infondendo un fascino sinistro, ma così convincente e potente, a un film altrimenti innocuo?
Riporto da laico quale sono le parole di Monsignor Milingo alla domanda “dove abitano i “Diavoli”. “Nel mondo”, sostiene il prelato, “perché, usando le stesse parole di San Pietro, essi vanno in giro cercando chi divorare. Con lo sguardo non più rivolto a Dio, ma verso il basso, dichiarano guerra ai figli degli uomini. Essi dicono apertamente di vivere nell’aria, talvolta localizzati nelle valli, nelle montagne e nelle acque. Sono spiriti maligni vaganti ed essenzialmente distruttivi. In genere si tratta dei demoni, degli spiriti degli angeli malvagi, ma anche degli spiriti degli antenati adirati o in cerca di vendetta, che avevano tendenze non buone al momento in cui lasciarono la Terra, e che continuano a vendicarsi dei vivi, provocando malattie e persino la morte in mezzo a loro. I deserti sabbiosi sono tra i luoghi che preferiscono”.
Già, i deserti… E dove incontrava Padre Merrin il suo demone all’inizio de L’esorcista?
“Sono qui, da qualche parte, attorno a noi”. Ma di “chi” parla Milingo? Forse dello stesso “abitatore del profondo”che svolazzava nel 1974 intorno al sedicenne inglese John Power, al diciannovenne tedesco Rainer Hertrampf e al quindicenne di York Nicholas Bell?
John Power vide L’esorcista e morì misteriosamente, ufficialmente per attacco epilettico. Lo vide anche Hertrampf, che preferì spararsi in testa con un fucile automatico. Nicholas Bell invece uccise una ragazzina di nove anni, Sandra Simpson, e dichiarò alla polizia: “Non sono stato veramente io. C’era qualcosa dentro di me. E’ successo da quando ho visto L’esorcista. Qualcosa mi possiede. E continua a farlo”.
Non va dimenticato: Pazuzu non è un prodotto di fantasia. Anche se la sua conoscenza nel mondo è stata diffusa da un film.