Strano posto, Alessandria. In cui tutti si dichiarano pronti al confronto a tutto campo, “in una dimensione fortemente unitaria e per il bene comune”. Ma poi i sindacati non si presentano ad un pubblico dibattito sul rilancio e lo sviluppo economico della città, dichiarando, in sostanza, che in questo momento preferiscono non incontrare il sindaco, forse per non morderla. In parallelo, il sindaco declina l’invito per motivi personali: ma pare che nessuna l’avesse avvisata della defezione dei sindacati. E qualcuno ha sorriso, come l’infame Franti del libro Cuore.
In attesa che tavoli ministeriali e mediazioni consentano una riapertura del confronto fra le parti, il convegno organizzato dal Psi alessandrino ha comunque il merito di aver avviato il dialogo su alcuni temi concreti (la valorizzazione del centro storico, il cablaggio delle aree industriali, l’ex caserma Valfrè come spazio/risorsa da mettere a disposizione dei produttori di eccellenze, ma anche possibile sede del mercato ambulante), e di aver evidenziato, ancora una volta, la criticità essenziale di cui soffre il capoluogo di provincia.
Ossia: le idee e i progetti non mancano (si veda l’analisi prodotta dal Forum Ambrosetti), le intelligenze singole neppure, ma non si fa sistema. Quel che servirebbe davvero, hanno evidenziato in diversi (dal presidente della Fondazione CrAl Pierangelo Taverna, al prof. Maurizio Mensi, docente universitario alla Luiss di Roma, ma alessandrino doc) è una cabina di regia unitaria, che non può che essere, per sua natura, affidata agli enti pubblici competenti per territorio.
Il che significa, tradotto, che Comune e Provincia di Alessandria, sia pur “attanagliati” da tutta la precarietà e le difficoltà che sappiamo, dovrebbero avere nel rilancio del territorio un ruolo di “capofila” a cui però sembrano aver riunciato da tempo.
Risultato, ad oggi (al netto dell’emergenza dissesto, che naturalmente ha complicato ulteriormente la situazione): ognuno per sè, in ordine sparso. Lucido e anche un po’ arrabbiato, Felice Borgoglio sintetizza così: “il problema non solo di questa città, ma dell’intera provincia è che per decenni i cervelli si sono atrofizzati, a causa del troppo benessere. Ora che nulla è più garantito vogliamo tornare, tutti quanti, a darci da fare sul serio? I partiti politici ricominciando ad essere soggetti collettivi capaci di elaborare proposte e soluzioni, e non solo autobus per carriere individuali. E le associazioni di categoria e imprenditoriali stimolando i loro iscritti a crederci davvero, ad investire sul territorio”. Non manca di sottolineare, il sindaco emerito di Alessandria (fu primo cittadino di Palazzo Rosso dal 1972 al 1979), che nell’ultimo anno l’associazione TuAlessandria ha portato in città figure di primissimo piano (dall’amministratore delegato delle Fs Moretti, a quello di Telecom Patuano, fino a Vito Gamberale) a cui la politica locale non ha in sostanza saputo chiedere o proporre nulla: a proposito di cabina di regia, e progettualità.
Per provare ad andare da qualche parte, insomma, bisognerebbe almeno sapere dove. L’alternativa è lasciarsi trasportare dalla corrente, e confidare solo in salvagenti ministeriali.
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