Marchionne sì. Marchionne no. L’insanabile frattura che il manager italo canadese è riuscito a creare dentro il sindacato è degno di quella strategia politica che ha sempre pagato e appagato la classe dirigente di questo paese.
Se a questa strategia si allinea anche la politica del centro tanto e sinistra molto ma molto poca allora siamo costretti a vederne delle belle.
Basta ricordare per chi ha buona memoria, perché questo è anche il paese dove si ricorda solo quello che si vuole o che conviene, le posizioni su questa linea di Fassino e di Renzi. Eppure il primo è diventato sindaco di Torino nella città operaia per antonomasia e il secondo si prepara per essere il futuro leader della coalizione di centro sinistra (?).
Dopo questo ho avuto un principio di scoramento, ho pensato che fosse davvero finita. In un paese dove la sinistra è omologata da diventarne la brutta copia del suo avversario politico o frammentata dalle troppe e insanabili fratture, proviamo a credere che c’è ancora una sacca di resistenza, qualcuno che tiene, senza cedere, la testa alta e che non si mette in ginocchio davanti all’arroganza di un potere che cerca di annullare ogni forma di lotta, anche la più pacata e la più serena, quella che conserva un briciolo di dignità e di fermezza.
Ecco allora a un sindacato che non si è omologato, che stringe i denti, che tiene viva la tensione sempre come una corda tesa.
C’è un grande libro di Valerio Evangelisti, One Big Union, che ci racconta del grande sindacato americano, dove si assistono scontri di inusitata violenza, scioperi che si prolungano per giorni e giorni, un sindacato che cerca di organizzare precari, vagabondi, immigrati, braccianti, disoccupati e manovali a giornata, con lo scopo di dare vita a One Big Union il solo grande sindacato che rechi in sé il modello di una società a venire.
C’è un solo sindacato è il grido che si alza nei cortei di protesta e che accomuna tutti.
In questi giorni si è votato alla Guala Dispensing per il rinnovo dei rappresentanti sindacali e la CUB, il sindacato di base, quel sindacato fuori dai burocrativismi e dagli apparati è il primo sindacato di rappresentanza dei lavoratori.
Questo non è solo un grande risultato che rovescia un sistema. È di più. È qualcosa che forse sta cambiando.
Una piccola fiammella resta accesa, ne abbiamo la speranza. Bisogna tenere la testa alta per poterla vedere.