Lavoro e politica: due malati terminali? [Controvento]

Precaridi Ettore Grassano.

Proviamo a fare qualche riflessione “a caldo” sulla doppia attualità di giornata: la débacle del lavoro in provincia, e i risultati elettorali.

Sul primo fronte, ieri pomeriggio nuova accorata conferenza stampa dei vertici sindacali provinciali. Al centro dell’attenzione stavolta non le difficoltà del comune di Alessandria e annessi (che pure sono tutt’altro che superate, anzi), ma la sitazione occupazionale del territorio, a tutto campo.

E’ un mezzo disastro, inutile girarci attorno: come sottolinea Silvana Tiberti, segretaria provinciale della Cgil, “Sia ben oltre la crisi: si è ormai persa, e si sta sempre più perdendo, un’ampia fetta del tessuto produttivo, che sarà difficilmente recuperabile”.

Già, perchè al di là dei picchi di cassa integrazione (4 milioni e 200 mila ore nel primo quadrimestre dell’anno, “anche sottostimate, perché manca nel computo la cassa in deroga della Regione”), il punto è proprio questo: se le aziende chiudono “a catena”, e migliaia di persone rimangono in mezzo a una strada, quando ci dovessero essere le condizioni per una ripartenza (ma quando? Purtroppo la nostra impressione è che ci si trovi di fronte ad una crisi epocale e strutturale, di lungo periodo), sicuramente molte aziende comunque non riapriranno, e tante professionalità saranno di difficile reintegro, per ragioni anagrafiche e non.

Ma si poteva, e si può, fare qualcosa, o siamo di fronte ad una sorta di tsunami, per cui non resta che nascondersi in un luogo protetto (ad avercerlo, naturalmente) e attendere?
Qui Silvana Tiberti esprime due concetti interessanti: il primo è “il territorio qualche chance ancora ce l’ha, dal momento che in questi anni non ha minimamente sfruttato il proprio potenziale”. Il secondo concetto, però, è raggelante: “finora non si è mimimamente riusciti a fare sistema”, e se la responsabilità è certamente diffusa, i vertici della Cgil additano però nell’ente Provincia un responsabile specifico: “a Palazzo Ghilini hanno tirato i remi in barca molto prima di essere sciolti: si poteva e doveva fare di più, e meglio”.

Ma non rinuncia, la combattiva Tiberti, ad una riflessione supplementare sull’emergenza di Palazzo Rosso: “in un panorama complessivo già terribile, Alessandria è l’unico comune che licenzia: fate un po’ voi..”. E sul presunto “tesoretto” di cui si è parlato ieri, la segretaria della Cgil fa l’enigmatica: “c’è un consiglio comunale, no? Che si informino, e ci dicano loro come stanno le cose”.

Insomma, brutta aria davvero quella che tira su Alessandria, dove sia pubblico che privato rischiano di “attorcigliarsi” in una spirale sempre più drammatica. A cui i sindacati rispondono a muso duro, convocando un doppio sciopero generale: quello nazionale del 22 giugno (“per chiedere al governo Letta un netto cambio di rotta”), e quello cittadino del 25.

E il secondo fronte, quello nazionale legato ai ballottaggi al comune di Roma, e in diverse altre città capoluogo? Lì il dato vero non è il 16 a 0 del centro sinistra, ma la sconfitta della politica, tutta insieme: l’astensione cresce da una tornata elettorale a quella successiva, di record in record. Gli italiani a questo sistema di rappresentanza non credono più: o, meglio, non credono più a questi rappresentanti. O si riparte seriamente da qui, e ci si regola davvero di conseguenza, oppure il giocattolo si romperà definitivamente, con conseguenze oggi imprevedibili. Che andranno certamente a “saldarsi” con il primo fronte, quello della “fine” del lavoro.