Il suo ultimo libro, Pierina la staffetta dei ribelli, è una bella testimonianza di vita partigiana “al femminile”, vissuta tra i monti dell’Appennino Ligure-Alessandrino, e Federico Fornaro è anche apprezzato editorialista e analista politico: suoi saggi sono stati pubblicati dalla rivista Il Mulino e dal quotidiano on line linkiesta, tra gli altri. Ma noi lo incontriamo, ça va sans dire, come senatore della Repubblica, eletto tre mesi fa nelle fila del Partito Democratico. Cosa può fare oggi, concretamente, un politico a Roma a vantaggio del suo territorio? Quali interventi saranno realmente possibili sul fronte del comune di Alessandria, ma anche del rilancio di un’economia “asfittica”, che rischia di strangolare il bilancio di tante famiglie? E cosa pensa Fornaro del Terzo Valico, dell’abolizione delle Province, dell’alleanza “innaturale” tra Pd e Pdl?
Senatore, tre mesi a Roma: presto per fare bilanci, ma quali sono le sue prime sensazioni?
Purtroppo la prima impressione è che le condizioni della nostra finanza pubblica siano anche peggiori di quanto pensassi osservando la situazione da lontano. Davvero ormai ogni iniziativa, ogni progetto che implichi investimenti anche minimi viene filtrato attraverso la lente delle disponibilità di risorse, che appunto non ci sono. Con questi spazi strettissimi, lavorare per il rilancio del nostro territorio, come di altri, diventa sempre più complesso e difficile. Tuttavia ce la stiamo mettendo tutta, naturalmente: e la priorità per forza di cose è l’emergenza del comune di Alessandria. Anche se dalle mie parti, nell’ovadese, magari non saranno felicissimi di sentirmelo dire.
A Palazzo Rosso il balletto dei numeri è quasi quotidiano, e lo snodo sempre quello: cercare di raddrizzare la baracca, tutelando massimamente i dipendenti dell’ente, e delle partecipate. Più facile a dirsi che a farsi però: la coperta è sempre corta….
I parlamentari del centro sinistra, compreso Balduzzi di Scelta Civica, stanno davvero cercando di fare fronte comune, e da diversi lunedì ci incontriamo con sindacati e vertici del comune, per aggiornarli e fare il punto della situazione. E’ chiaro che c’è la necessità di guadagnare tempo, per poter arrivare al pareggio di bilancio in tempi più lunghi: il che però, sia chiaro, non significa comunque che tutto potrà procedere come prima. Una riorganizzazione seria della macchina comunale e delle partecipate sarà comunque indispensabile: in che direzione e come attuarla, non sta a me stabilirlo. Ma è evidente che un’azienda pubblica che ha uno squilibrio strutturale di bilancio più o meno del 25% annuo necessita di interventi seri.
Di recente Manuela Repetti, senatrice del Pdl, si è pronunciata pubblicamente a favore della nomina di un commissario esterno, e la voce comunque gira…
Guardi, il centro destra, come del resto i 5 Stelle, a tutto il percorso di confronto e lavoro comune sul fronte romano a favore del comune di Alessandria ha finora ritenuto di un partecipare, anche se mi risulta che naturalmente nei mesi scorsi siano stati invitati a farlo. Dopo di che, ognuno è libero di fare a mezzo stampa le esternazioni che crede. Noi stiamo lavorando sui numeri, drammatici: tra l’altro in gran parte determinati proprio dalla precedente gestione dell’ente, targata centro destra.
Però Pdl e Pd sono alleati, a sostegno del governo Letta: andrete a braccetto a lungo, e ha un senso?
La scelta è stata obbligata, dettata da un lato dall’emergenza, dall’altro dalla chiusura “a riccio” del Movimento 5 Stelle. Credo che questo gran parte dell’elettorato l’abbia capito. Certo, ora vanno realizzati interventi e riforme, e rapidamente. Anche se su una cosa sono d’accordo con Renzi: il governo non è uno yogurt, non può avere una scadenza stabilita a priori, al di là di quelle naturali, dettate dalla legislatura. Il premier Letta ha detto bene: 18 mesi sono un orizzonte temporale realistico, per “fare il tagliando”, ossia il bilancio delle cose fatte. Quello sarà il momento della valutazione: anche se rimane difficile, per l’alleanza innaturale su cui è basato, che questo possa essere un governo di legislatura.
Intanto, se Alessandria piange non è che gli altri enti locali ridano. La crisi della finanza pubblica pare essere sistemica: come se ne esce?
Con una serie di interventi che rispondano appunto ad una logica complessiva, ad un progetto di risanamento e rilancio. Penso alla tassa sulla casa: sostenere la sua eliminabilità complessiva è demagogica: esiste in tutto l’Occidente. Quel che stiamo cercando di fare è cercare di cancellarla per chi di casa ne ha una sola: ma anche lì, le case non sono tutte uguali, e forse i proprietari di villa qualcosa potrebbero pure pagare, per far tornare i conti. Così pure per la Tares, la nuova tassa che dovrà sostituire la Tarsu e la Tia, inglobando al contempo anche altre voci, in un’ottica di semplificazione che possa appunto comprendere in maniera unitaria tutti gli attuali oneri sugli immobili, ma in un’ottica di tutela dei piccoli proprietari: insomma, i prossimi mesi saranno davvero decisivi, per dare alle pubbliche amministrazioni e ai cittadini punti di riferimento stabili e affidabili.
Lei è anche sindaco di un piccolo comune, Castelletto d’Orba: vive quindi questa fase in modo schizofrenico?
Diciamo che so bene, benissimo in quali difficoltà terribili si stiano muovendo gli amministratori locali, perché sono e resto uno di loro. Noi poi a Castelletto abbiamo un contenzioso aperto con lo Stato, rispetto all’erogazione delle risorse del 2012: siamo arrivati al punto che non solo non riceviamo più contributi, ma dovremmo essere noi a finanziare la macchina statale. Francamente assurdo.
E le Province? Saranno davvero cancellate?
Le Province finora hanno fatto da parafulmine, ed essendo ancora anche consigliere provinciale tocco con mano l’incertezza. Mi pare evidente che la macchina statale va riorganizzata nel suo complesso: Stato, Regioni, Province, Comuni e vari enti intermedi. Badando molto bene alla ricaduta di certe decisioni: perché a muoversi in maniera poco coordinata si rischia tra l’altro di generare riforme che farebbero lievitare i costi, anziché ridurli. Le faccio un esempio: ha senso eliminare una Provincia come quella di Alessandria, che fa da riferimento per tantissime amministrazioni comunali assai eterogenee, e conservare un ente, assai più piccolo e più costoso, come la Regione Molise? L’eliminazione delle Province non mi convince: ma aspettiamo indicazioni chiare sulle intenzioni del Governo. Mi rendo conto peraltro, confrontandomi a Roma con i colleghi del centro sud, che per loro un piccolo comune ha 20-30 mila abitanti, e si stupiscono quando racconto che in Piemonte, o Lombardia, abbiamo tante piccolissime realtà. Soprattutto non comprendono, forse, quanto questo per i nostri territori abbia sempre significato valore, ricchezza, persone che in sostanza gratuitamente si sono sempre messe a disposizione per la loro comunità, e per la tutela del territorio.
Senatore Fornaro, la politica oltre ad avvitarsi su se stessa può in qualche modo aiutare il Paese a ripartire? Lo scenario occupazionale e produttivo è drammatico…
La politica deve creare le condizioni, in termini di organizzazione della macchina pubblica, di revisione del sistema istituzionale, e di regole certe e chiare per i cittadini, le aziende, i lavoratori. Io rimango poi convinto che ci debba essere un serio investimento in infrastrutture, per modernizzare il Paese che è fermo da almeno vent’anni. Il Terzo Valico è emblematico: posta naturalmente la necessità di garanzie assolute e controlli costanti in termini di tutela per la salute, l’ambiente, il territorio e anche la verifica dei costi (tutti aspetti che possono essere garantiti dalla costituzione di un Osservatorio permanente), è mai possibile che in Italia, nel 2013, non si riesca a costruire in sicurezza un tunnel ferroviario? Io non ho dubbi: va fatto assolutamente, così come vanno individuate le risorse per difendere il trasporto pubblico locale. Ma non solo: quando penso ad aree come il Novese, o l’Ovadese, mi rendo conto che una rete di metropolitana leggera, in grado di consentire alle persone di arrivare a Genova o da Genova in 30 minuti, significherebbe davvero non solo un’idea diversa di mobilità, ma sarebbe anche una svolta decisiva per l’economia del territorio che, altrimenti, rischia davvero di morire per asfissia.
Solo pochi anni fa si parlava addirittura di Limonte…
Sì, fu un’idea della giunta Bresso, poi archiviata. Per me rimane un progetto assolutamente valido: Piemonte, Liguria e Val d’Aosta (che non si capisce perché mai debba, tra l’altro, essere regione a statuto speciale), se imparassero a concepirsi come un unico territorio, potrebbero averne ricadute benefiche notevoli, a partire appunto da servizi e infrastrutture comuni, a sostegno dello sviluppo economico.
Lei ha fatto cenno anche a riforme istituzionali: avremo mai una nuova legge elettorale, o il Porcellum dei nominati in fin dei conti sta bene a tutti?
Io credo che vada realizzata una profonda riforma complessiva, in un’ottica di semipresidenzialismo alla francese, a doppio turno. E che agli elettori vada restituita la possibilità di scegliere chi eleggono: anche se il sistema delle preferenze, non dimentichiamolo, è esposto a logiche di tipo clientelare, a cui si può ovviare puntando su piccoli collegi, in cui davvero gli elettori possano essere decisivi, al di là delle imposizioni verticistiche dei partiti, e dei condizionamenti. In molti forse ricorderanno che, non tantissimi anni fa, un nostro bravo candidato “di territorio”, Lino Rava, sconfisse una candidata big come Margherita Boniver, all’epoca famosissima a livello nazionale e “calata dall’alto” in un collegio del basso Piemonte. Questo perché gli elettori potevano davvero scegliere: oggi non è così.
Però l’opinione pubblica appare poco sensibile a questi temi, e assai più attenta ai costi della politica: su questo fronte, ci saranno novità importanti?
Sul tema c’è molto qualunquismo, che il Movimento 5 Stelle mi pare abbia ben rappresentato, mostrando tutti i limiti di un approccio basato solo sul controllo ossessivo di quanto ognuno guadagna. Gli sprechi certamente ci sono, e vanno eliminati. Ma io non posso che, anche in questo caso, riportare con trasparenza il mio caso personale: l’altro giorno mi è arrivata la nota dello stipendio di maggio da senatore: poco più di 5 mila euro netti, a cui naturalmente vanno sommati alcuni benefit, come i rimborsi di tutti i viaggi per Roma. Ma si tratta pur sempre di un mensile equivalente a quello di un direttore di filiale in banca, o ad un dirigente di fascia bassa nel privato. Allora, semmai, il punto è verificare la produttività dei politici, ossia impegno e risultati. Sul primo fronte, le posso dire che, chi lavora seriamente, è impegnato 7 giorni su 7, tra territorio e Roma: compresa, nel mio caso, la sveglia alle 4,30 del mattino il martedì, per arrivare in Senato alle 10-10.30, in tempo per l’inizio dei lavori. Sul fronte dei risultati, naturalmente, va fatta una valutazione attenta a posteriori, caso per caso.
Ettore Grassano
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