“Caro Sindacato arrivederci e grazie”

Comune Alessandria seradi Filippo Boatti.

Se la fotografia della situazione del Comune in dissesto è utile, e conoscere la realtà dei numeri lo è sicuramente (perché come si ama dire ultimamente con una frequenza sospetta “non siamo ideologici”), il fermarsi alla constatazione non è però produttivo né riformista. L’impegno del Sindaco è di non fermarsi alla fotografia e va preso in parola. Bisogna continuare a mettere in fila quegli atti faticosi che consentano di non fermarsi alla fotografia. Il riformismo è faticoso e prendere decisioni non ha nulla a che vedere con il decisionismo.

Personalmente non sono di quelli che incitano all’assalto del Palazzo o al “redde rationem” perché, oltre a essere l’estremismo sempre controproducente per i più deboli, sono fermamente convinto che questa città abbia bisogno di un’azione amministrativa efficace e continua che dia risposte ai bisogni degli alessandrini, che sono 95 mila, e che per questo serva la necessaria tranquillità operativa e un rapporto stabile e dialogico coi Sindacati, i lavoratori, e tutte le forze sociali e produttive di Alessandria. E sono anche convinto che non si possa tornare a spendere e spandere ma si debba stare entro i termini di una sana e corretta amministrazione e dei bilanci. Ma nemmeno che si debba andare all’estremo opposto del Comune minimo, con tutta una serie di servizi demandati alla buona volontà dei “cittadini attivi” e del volontariato: i movimenti bisogna ringraziarli per tutto quello che fanno, ma dopo un po’ si spengono sempre ed è l’istituzione quella che rimane e porta avanti le buone pratiche nel lungo periodo.

Detto questo però, se nei prossimi giorni si aprirà il tavolo interministeriale non si può dimenticare che l’apripista di questo tavolo, della denuncia che ha portato, con la manifestazione di Roma di Cgil Cisl Uil, l’attenzione nazionale su quello che succede in Alessandria, sono stati i lavoratori a cui si deve riconoscere questo merito, non esclusivo ma decisivo, e quindi una voce in capitolo in quello che succederà. Che sia o no tecnicamente possibile che a questo tavolo siedano anche i rappresentanti dei lavoratori (ce lo auguriamo e ci sembra di buon senso) penso che appropriarsi in modo esclusivo del merito per ristabilire come se niente fosse il primato dei ragionieri sarebbe un atto di scorrettezza nei confronti dei lavoratori del Comune e delle aziende partecipate – e per questo eticamente censurabile – e un errore politico. Se questa voce e questa denuncia si affievoliscono, perché è passato un po’ di tempo, è cambiato governo, eccetera, occorre riprendere a denunciare anziché rassegnarsi.

Adesso bisogna che l’Amministrazione resista alla tentazione, che vediamo in crescita nelle ultime ore con un tasso eccessivo di protagonismo degli assessori più forti, di dire “Sindacato grazie e arrivederci, le faremo sapere”. La giunta è o no una squadra capace di parlare con voce univoca? o qualcuno pretende che sia davvero un merito il “non rappresentare nessun partito” (e quindi il sentirsi le mani libere) e di autoincensarsi come rappresentanti di una presunta volontà generale di una presunta società liquida? Non è certo un merito, è semplicemente una moderna impostura. Qualcuno se ne autoconvince in buona fede, perché è la moda del momento: tutti grilleggiano, dentro ma specialmente fuori dal mondo delle cinque stelle, del resto il PD, coi suoi frastagliati e sempre vaghi dintorni di gente che entra, esce e poi magari ritorna, grilleggiava già da molto prima di Grillo ed il pauroso vuoto di politica che ha creato ha fatto largo allo spazio del grillismo ufficiale.

E poi si vede troppa paura verso quella giusta dose di conflitto sociale che porta sempre novità positive per tutti: se non ci fosse stato l’azzardo del Sindacato, se non ci fosse stato l’impegno dei lavoratori di andare a Roma sobbarcandosi tante ore di pullman e compiendo l’umile gesto di esporre striscioni e bandiere non ci sarebbe oggi questo inizio di concertazione. E questo è specialmente vero quando le risorse sono scarse e bisogna in qualche modo trovarne delle nuove (a meno di non sposare la decrescita che è sempre infelice): il silenzio e la rassegnazione non aiutano in generale e non aiutano certo in particolare un’amministrazione di centrosinistra. E un certo decisionismo si colloca nel solco di un giacobinismo alla Robespierre che oggi è il tratto dominante del nuovismo politico: io sono libero, sono nuovo, e rappresento la volontà generale. L’altro asserto molto frequente è: la società corre, tutto va veloce e noi dobbiamo stagli dietro, decisionismo e poche chiacchiere ci vuole.

Mi permetto una digressione: non è certo una novità. Non c’è mai niente di nuovo sotto il sole e che la società voglia dinamismo e ami la velocità lo avevano già detto i futuristi più di cento anni fa. Grandi artisti, ma poi si scoprì che di scienza e tecnica non sapevano granché e che erano dediti all’occultismo e che nella velocità vedevano una magia, un’ebbrezza, ma mica sapevano come funzionasse un aeroplano. Come i futuristi, i seguaci della velocità odierni praticano l’economicismo cabalistico e occultista, l’ebbrezza del numero anziché l’onestà del numero, che così diventa un’ideologia un po’ deprimente. Con l’aggravante che a differenza dei futuristi sono manchevoli sul lato artistico, si sopravvalutano un po’ e oggi nel firmamento della politica nazionale e locale c’è tutta una costellazione di protagonisti che nasce come talento emergente e muore come l’Enobarbo: “Qualis artifex pereo!”. Ma la politica è fatica e non è un’arte liberale, non è vincere la corsa delle quadrighe in solitaria e non è eccellere nell’arpeggio.

Chiudo la piccola digressione e torno sul pezzo: la conquista del tavolo interministeriale è un merito dell’azione del Sindacato e dell’impegno e della fatica dei lavoratori del Comune e delle partecipate. Un’azione che ha permesso di rimettere in asse un’Amministrazione che, molto banalmente, stava deragliando. L’Amministrazione comunale non si appropri dunque in esclusiva dei meriti e lo sappia riconoscere. La giunta lavori con umiltà e in spirito di squadra, chi ne fa parte usi altri occasioni per la legittima autopromozione, se ritiene di autopromuoversi. Essere riformisti vuol dire saper riconoscere il contributo di tutti e coinvolgerli nei processi decisionali. Sarebbe imbarazzante congedarsi dai lavoratori con un bell’arrivederci e grazie che adesso andiamo avanti noi.