5 domande a… Mauro Morando

Morando Mauro 1di Andrea Antonuccio.

È stato uno dei sedici candidati sindaco alle ultime elezioni comunali, ed è stato anche il primo a sostenere pubblicamente che Rita Rossa non avrebbe dovuto dichiarare il dissesto. Stiamo parlando di Mauro Morando, libero professionista nel settore commercio, sposato con due figli, grande appassionato di nuoto e, ça va sans dire, politica.

1) Che cos’è per te Alessandria?
Alessandria è la terra in cui affondano le radici della mia famiglia. Sono molto tradizionalista e con orgoglio porto in giro per l’Italia che spesso ho girato e giro per motivi di lavoro, la mia identità di “mandrogno”. Ho sincere amicizie e profondi affetti, per questi motivi, sarei felice se Alessandria fosse all’onore dell’Europa per qualche eccellenza che in passato ha sicuramente avuto ma poi perduto.

2) Che cos’è per te la politica?
Romanticamente è vivere un ideale. Sono un cinquantenne permeato dalla mistica dell’onore nel portare avanti un ideale, lottare per uno scopo, raggiungere la difesa dello stato sociale. La mia formazione politica, maturata in tempi in cui si rischiava la pelle nelle piazze, è basata sulla visione di uno stato che difende i diritti, ma controlla i doveri, non fa assistenzialismo, ma aiuta la crescita sociale del popolo.

La politica per me, è sempre stato un costo e mai un guadagno. Anche gli avversari politici potrebbero testimoniare che non sono mai stato alla ricerca di privilegi o posizioni. Sono molto soddisfatto di quello che, con molte persone perbene, sono riuscito in tutti questi anni a consolidare, con il Movimento del Galletto [ndr: la lista civica “Per la nostra città”] in termini di consenso elettorale. Basandoci solo sulla credibilità personale e delle proposte, evitando clientele e false promesse di posti di lavoro per ottenere voti.

PER-LA-NOSTRA-CITTA3) Che cosa hai imparato dalla politica, e che cosa vorresti cambiare?
La politica è l’arte della mediazione, che solo gli ipocriti in mala fede chiamano “inciucio”. Per fare politica sana basterebbe un sistema giudiziario con leggi certe e pene certe, con la formula “chi sbaglia paga”, e basta. Non bisogna dimenticare però che anche il cittadino ha le sue responsabilità, perché ha alimentato con continue richieste alla politica un sistema di clientele, favori e malaffare, che alla fine ci ha cacciato nel baratro. Chi non ha contribuito in questo modo, lo ha fatto ignorando ciò che stava succedendo, lasciando spazio al marcio senza opporsi.

La politica la cambia il popolo, che unito e democraticamente convinto può far rinascere il Paese. Non sono e non sarò mai per la lotta armata, ma per i grandi movimenti delle persone in grado di cambiare veramente lo cose.

4) E’ vero che tu non avresti dichiarato il dissesto? Che cosa avresti fatto, invece?
Credo sia opinione diffusa che la vicenda del dissesto sia stato un brutto sbaglio di calcolo politico da parte dell’attuale amministrazione, che ha ignorato il dramma futuro della città. Io mi sarei opposto ricorrendo in ogni grado e giudizio. I giudici contabili hanno giustamente il compito di indagare, ma enti e cittadini hanno il diritto di opporsi con gli strumenti giuridici a disposizione. Avrei negoziato con lo Stato centrale un piano di salvataggio, e mi sarei rivolto anche all’Europa, se fosse stato il caso. Insomma… al posto di Rita Rossa non avrei mollato fino alla fine.

Come Movimento Civico, stiamo portando avanti l’unica iniziativa che è stata fatta per salvare i cittadini, una petizione popolare rivolta al Presidente della Repubblica per chiedere una moratoria. Oltre a constatare che nessun partito o sindacato ha aderito, mi ha fatto molta tristezza sentire da qualcuno (che preferisco non nominare) che “l’iniziativa è buona, ma il fatto che sia una lista civica a proporla è ostativa all’adesione d’altri partiti o soggetti della città”.

Il dramma reale, in tutto questo, è che impoverendo il cittadino (e dunque il consumatore e l’utente di un servizio), la città inevitabilmente muore.

5) Che cosa ti auguri per i tuoi figli? Che restino ad Alessandria, o che vadano a cercare lavoro altrove?
Personalmente ho sempre lavorato fuori città, a Milano, città che mi ha adottato facendomi crescere professionalmente. L’augurio che mi sento di fare ai miei figli, ma anche a tutti i giovani, è quello di seguire il proprio talento ovunque ci chieda di andare. Sarebbe però per me una gran felicità se Alessandria, con una valida classe dirigente, riuscisse a trovare una “vocazione” in grado di trattenere le generazioni future sul territorio.

Non ci vuole un miracolo ma tanta buona volontà, pensando anche alla favorevole posizione geografica della nostra città. Per fare questo però bisogna guardare a ciò che potrebbe diventare il mondo futuro, anticipando i tempi. Bisogna pensare in grande, insomma!

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