Chi conoscete che sia contrario all’esistenza di una struttura di asili nido (da zero a tre anni)
efficiente, e alla portata di tutti i cittadini? Naturalmente nessuno, ma è sulle modalità di erogazione del servizio che la questione si complica. Ci riferiamo, naturalmente, in particolare alla realtà alessandrina, su cui circola non poca confusione.
In primis, va ricordato che non stiamo parlando, è vero, di un servizio essenziale e obbligatorio (come sono invece i servizi socio assistenziali erogati dal Cissaca, per intenderci), ma è chiaro che si tratta comunque di un settore in cui le famiglie non possono essere abbandonate in toto a se stesse, o al mercato.
Però forse giova fare qualche considerazione controcorrente. Tralasciamo, per carità, qualsiasi dibattito sulla legittimità dell’Azienda Speciale Costruire Insieme, piuttosto che sulle assunzione a tempo indeterminato o determinato. Proviamo insomma, una volta tanto, a ragionare mettendoci dal punto di vista della maggioranza degli alessandrini, e non da quello, assolutamente importante e legittimo ma anche iper enfatizzato, degli addetti ai lavori.
Si dice: negli asili nido del comune di Alessandria ci sono 350 posti disponibili, e per ora solo 80 pre iscrizioni per il prossimo anno: il timore, insomma, è che si passi dalle liste d’attesa ai banchi semivuoti (si fa per dire: da 0 a 3 anni niente banchi, immaginiamo). La causa è sempre quella, la crisi: perché è vero che la tariffa minima è di 100 euro al mese, ma chi ha redditi appena dignitosi (e dichiarati) fa presto ad arrivare alla fascia massima, di 500 euro al mese. In effetti, un salasso degno di struttura o scuola privata, a sentire i prezzi che girano in città.
Ma attenzione: quel che nessuno di solito rivela, e che ci è stato raccontato in assoluta riservatezza da un addetto ai lavori (dietro richiesta di anonimato, pensate un po’), è che erogare il servizio degli asili nido comunali costerebbe in realtà ai contribuenti alessandrini la bellezza non di 500, ma più di 1.000 euro al mese. E’ falso? E’ vero? Sicuramente basterebbe considerare i costi complessivi della struttura che eroga il servizio (non solo dunque i costi del personale operativo, ma anche di quello amministrativo, del personale dirigente se c’è, dell’affitto o della gestione degli immobili ecc) e dividerlo per il numero di posti: 350, appunto.
Ossia, checché se ne dica, una minoranza della minoranza di famiglie di una comunità di 95 mila persone, e a spanne circa 45 mila nuclei famigliari.
Certo, esistono persone (i bambini piccoli, gli anziani, i malati, i disoccupati) che è assolutamente corretto, e anzi essenziale, sorreggere. E’ questa l’essenza della nostra civiltà, e del welfare che dobbiamo difendere.
Ma che sia un welfare sano, con un equilibrio tra costi dei servizi e loro efficacia e penetrazione, è lecito chiederlo, e anzi d’ora in poi sarà indispensabile, per le note vicende.
La domanda allora è: possibile che non si possa pensare per gli asili nido a soluzioni di almeno pari qualità, e al contempo meno onerose sia per le casse comunali (ossia per le tasche degli alessandrini) che per i portafogli delle famiglie?
E’ diabolico pensare, ad esempio, che anziché chiedere 500 euro per bambino (che sono appunto largamente insufficienti a coprire il costo del servizio, così come oggi è strutturato), sia il Comune ad erogare un assegno alle famiglie, lasciando che si crei un mercato locale di servizi di qualità a cui rivolgersi?
L’altra domanda, naturalmente, è: perché la gestione degli asili comunali è così costosa? Davvero l’unica risposta possibile è che tutti i privati speculano, e offrono servizi scadenti, o bisogna essere (davvero) un po’ più laici in questo tipo di analisi?
Il dibattito, naturalmente, è aperto!