Sabato scorso. Bella serata con Fabiana e altri amici dal mitico Ezio Poli all’Isola. Cibo genuino e buona musica con i Riservato. Poi, dopo mezzanotte, qualcuno piomba dentro e dice con una ruga di preoccupazione: «Ci sono dei lampi assurdi». Ma figurati, penso, non ho letto previsioni su eventuali temporali. Già, perché da quando i vari meteo ci azzeccano, tutti ci azzecchiamo e di conseguenza ci confrontiamo l’un con l’altro a proposito del tempo che farà. Siamo divenuti tutti quanti dei piccoli Bernacca.
Comunque esco a vedere ed è vero. Si vedono lampi proprio assurdi, nel senso che ogni lampo, uno ogni due secondi, illumina a giorno la zona di Borgo Rovereto, da tempo l’autentico centro della movida, E si sente provenire dall’altro un borborigmo quasi ininterrotto, come una mandria di bufali in avvicinamento. E’ un temporale, certo, e che altro potrebbe essere? Ma è la notte tra l’11 e il 12 maggio e certi fenomeni sarebbero proprio tipici dell’estate avanzata.
Torno dentro e avverto gli amici che forse converrebbe togliere le tende un po’ prima del previsto. Anche perché noi abbiamo posteggiato dalle parti del Provveditorato agli Studi e ci troviamo qualche metro da fare. Paghiamo e teliamo. E in piazza Santa Maria di Castello già cominciano a cadere i primi goccioloni. Mentre s’inaspriscono lampi e tuoni e prende a tirare un violento vento gelido (quando nel pomeriggio ho letto in macchina la temperatura a 25°). Filando lungo i muri, riusciamo ad arrivare alla vettura giusto in tempo. Mentre saliamo in macchina, la pioggia assume un’intensità incredibile, inusuale. E lampi e folgori precipitano a getto continuo al punto che il cielo sembra perennemente uno schermo di ghiaccio. Ok, e che sarà mai? E’ un temporale.
Transitando davanti all’ex ristorante Torino, all’imbocco di Corso Virginia Marini, già si fatica a distinguere la strada. Ma, quando prendo il cavalcavia di Viale Brigata Ravenna, proprio non si vede più una mazza. E non è una metafora, credetemi. L’idea sarebbe di uscire dalla città e fermarsi, sul tragitto di casa, sotto la tettoia del primo distributore, aspettando che il temporale smorzi la sua furia. Anche perché questa è la classica pioggia che tende a trasformarsi volentieri in grandine e, se vengono giù certe palle da tennis come capita di tanto in tanto, non si salva neppure la bat-mobile. Il fatto è che al primo distributore tutti i posti-chiave sono già occupati. E allora mi tocca macinare qualche chilometro in condizioni di assoluta cecità e di oggettivo pericolo per tentare di ripararmi sotto le tettoie del distributore dei Molina Brothers un po’ prima di Casalcermelli. Anche qui assembramento, ma le tettoie sono larghe e ben distribuite e trovo posto davanti all’automatico con l’intenzione di attendere un momento di relativa quiete.
E da lì a pochi secondi si verifica davanti ai miei occhi una scena che sta tra il penoso e l’incredibile. La Smart di una ragazza tenta di guadagnarsi una posizione tra la mia auto e quella di un altro tipo che si è piazzato alla mia sinistra; io faccio un po’ di retro per agevolarle la manovra e l’altro dovrebbe accostare un po’ alla sua destra. Invece non lo fa e pure se la manda a fare in culo in malo modo. Roba da ponte del Titanic e allora mi tolgo da lì perché avverto una piccola zaffata dell’aria intollerabile che da un po’ di tempo si respira nel bel paese. Procedo in retro, guadagno la statale e a Casalcermelli mi blocco di nuovo, soprattutto per ammirare il selciato del tutto bianco di grandine che pare l’effetto di una nevicata.
Finalmente la natura si quieta e posso raggiungere casa. E’ stato solo un temporale fuori stagione, ma chi ci stava sotto ha percepito dell’altro. Li chiamano fenomeni estremi, facciamoci l’abitudine. Anche perché picchiano in testa.