Il suo partito ideale è l’Nds (Non di sinistra), e chissà che non decida di fondarlo. Nel frattempo, dopo 17 anni di vita parlamentare con Forza Italia e Pdl, l’onorevole Franco Stradella da due mesi è osservatore (per nulla distaccato, anzi: anche un po’ arrabbiato) di quanto sta succedendo nel Paese, sul nostro territorio e, in particolare, all’interno del centro destra. Che, gira e rigira, è comunque casa sua, dal punto di vista dei valori di riferimento. “Anche se, da democristiano vecchio stampo, e da moderato abituato al dialogo con gli avversari, e non a scontrarmi con il nemico, ho vissuto senz’altro con crescente disagio la contrapposizione fortemente ideologico, pro o contro Berlusconi, degli ultimi anni”. Proviamo allora a farci spiegare, da chi i palazzi della politica romana li ha frequentati a lungo, qual è lo scenario con cui dovremo confrontarci, e quali ripercussioni è lecito attenderci per il nostro territorio.
Onorevole Stradella, un po’ le spiace di non essere ancora in Parlamento?
(sorride, e ci pensa un attimo guardando fuori dalla finestra, ndr) No, davvero. Diciassette anni sono un tempo importante, e ho cercato, senza presunzione, di dare il mio contributo nella rappresentanza delle istanze di casa nostra. Quel che mi sembra grave invece, e che mi fa arrabbiare, è che il Piemonte sia così gravemente sottorappresentato alle Camere, e completamente assente al Governo. E mi riferisco, in particolare, al centro destra.
Non ha condiviso la composizione delle liste?
Non ho condiviso proprio nulla: né l’essere tornati alle urne con questo imbarazzante Porcellum, che tutti dicono di detestare, ma che è sempre lì. Né tanto meno il modo con cui sono stati nominati i parlamentari: e mi riferisco, badi bene, non a Berlusconi, ma ad una serie di marescialli che lo circondano. Il risultato è che alla Camera abbiamo mandato a Roma tre cooptati, e un solo rappresentante del territorio. Mentre anche in Senato la rappresentanza locale è assolutamente insufficiente. E, quando ci si è resi conto che il Piemonte in questo Governo Letta proprio non c’è, almeno il Pd a livello torinese qualche reazione l’ha avuta. Il Pdl zero assoluto, calma piatta.
Lei oggi non è più iscritto al Pdl?
No, sono un battitore libero. Che continua ad amare la politica, e a credere che sia l’unico strumento per governare e gestire il futuro. Ma oggi tanti moderati sono smarriti, e bisogna tornare a dar loro voce…
Il governo Letta le piace? E, soprattutto, durerà?
Berlusconi è stato, ancora una volta, lungimirante. Nella situazione che si era venuta a creare, prima con il risultato del voto e poi con la vicenda dell’elezione del Presidente della Repubblica, che altro si poteva fare? O il Pdl si alleava con Lista Civica e Pd, o il Paese sarebbe stato consegnato alla vuota protesta dei Grillini, o ad un nuovo voto che, senza modificare la legge elettorale, poteva significare caos. Letta nei suoi primi discorsi e passi mi è parso saggiamente prudente, e ha posto traguardi di tappa. Con priorità alle riforme istituzionali ed economiche, senza le quali il Paese è fermo, e scoraggiato. Quanto possa durare, lo vedremo: alle spalle ha un partito che oggi attraversa una fase di grande confusione, e che ha una componente massimalista molto forte.
Ma è vero, onorevole Stradella, che quando il gioco si fa duro, arrivano i democristiani?
Se per democristiano si intende la capacità di mediare, e di trovare punti di intesa, e anche di compromesso, tra posizioni diverse, e a volte contrapposte, direi che la definizione ci può stare. Parola di democristiano, tra l’altro: perché io lo sono stato, e lo sono ancora. Le faccio un esempio: le pare possibile che, con un consenso elettorale risicato, il centro sinistra si sia preso tutto, ossia non solo il premier, ma anche i presidenti di Camera e Senato? E’ sbagliatissimo, e purtroppo cominciammo noi di centro destra, parecchi anni indietro: la Dc non l’ha mai fatto.
Qualcuno però ha detto che l’ultimo democristiano vero è morto la settimana scorsa: Giulio Andreotti. Lei lo ha conosciuto?
Sì, l’ho incontrato da vicino e più volte, e mi ha sempre colpito per la sua lucidità e intelligenza. Sul fatto che poi l’intelligenza possa averla utilizzata qualche volta in maniera spregiudicata non mi pronuncio: ma come si fa a non riconoscere che è stato un grande protagonista di questo Paese? D’Alema, che è un altro assai intelligente, ha infatti usato parole di grande equilibrio. Ma la sinistra è purtroppo piena anche di massimalisti che cercano sempre nell’avversario il nemico: per cui prima c’era Belzebù, appunto. E poi venne Berlusconi.
Ha un aneddoto personale sul Divo Giulio?
Sì, e anche abbastanza recente, risale a qualche anno fa. Eravamo riuniti attorno ad un grande tavolo, tutti membri di una commissione speciale che si occupava di temi di cooperazione economica con Paesi dell’est Europa. C’era anche Andreotti, che per tutto il tempo restò con una mano appoggiata a gomito sul tavolo, a sorreggersi il capo. Sembrava riposasse, tanto che ad un certo punto sussurrai a Gasparri, che mi stava vicino, “guarda, si è addormentato”, e lui di rimando “beh, ha un’età”…Ebbene, alla fine degli interventi, quando stavamo per congedarci, Andreotti alza la mano, chiede educatamente la parola, e risponde ad uno ad uno agli interventi precedenti, in maniera puntuale ed esaustiva, e senza aver preso una riga di appunti. Mi ha impressionato!
Torniamo ad oggi on. Stradella: ce la farà l’Italia, e di cosa c’è davvero bisogno?
Guardi, il primo problema è il funzionamento, anzi mal funzionamento, dello Stato. Il bicameralismo perfetto è una forma di governo datata, superata. Ci vuole una sola Camera legislativa, con un numero di deputati tutti fortemente legati ai loro territori. Come oggi non è. Credo che 400 basterebbero. E poi un Senato delle Regioni; non importa se con cariche elettive o meno: l’importante è che questa seconda Camera porti appunto a Roma le istanze dei mille campanili italiani, e che consenta al contempo la semplificazione di una serie di competenze oggi sparse, e duplicate su più enti. Contestualmente, naturalmente, va abolito il Porcellum, tornando al precedente Mattarellum (che era fondato su collegi territoriali uninominali), o comunque passando ad un meccanismo che consenta, con la massima trasparenza, agli elettori di scegliere chi votare. Oggi non è così, e si vede.
Ma non ha l’impressione che questi temi, istituzionali ed elettorali, in realtà alle persone comuni importino poco? Ci sono emergenze legate al lavoro, sia privato che pubblico, che stanno davvero facendo esplodere la situazione. Ad Alessandria ne sappiamo qualcosa….
Lo so bene, e infatti è lì che il governo Letta dovrà mostrare immediate capacità di intervento. Che ci siano aziende costrette a chiudere perché lo Stato non paga loro quanto dovuto, e al contempo esige tasse di vario tipo e in misura ingente, è mostruoso. Così come da Roma devono arrivare indicazioni precise al sistema delle autonomie locali, che è allo sbando ovunque, non solo ad Alessandria.
Senza l’Imu, non sarà anche peggio?
Certo, se salta l’Imu deve arrivare qualcos’altro, da lì non si scappa. Così come è barbaro ed incivile pensare di staccare la spina al trasporto locale, che in un Paese come il nostro, e in particolare in un territorio come quello alessandrino e piemontese, è un servizio essenziale, che non può reggersi solo su una logica di mercato. Però attenzione: al contempo la spesa pubblica va tagliata, tagliata, tagliata. Solo eliminando senza tentennamenti sprechi e inefficienze potremo far ripartire il ciclo virtuoso: meno tasse, più produttività e consumi, più nuovi introiti per lo Stato. Da utilizzare, stavolta, non per assunzioni clientelari, ma per creare infrastrutture e nuovo sviluppo.
Facile a dirlo. Nei fatti nessuno agisce, e da mesi assistiamo alla logica dello scaricabarile. Perché quel processo, inutile nascondercelo, implica anche licenziamenti di massa nella pubblica amministrazione. E quale politico, anche liberal o di destra, vuol farsene carico?
Non so se i licenziamenti devono essere di massa: è necessario procedere con cautela, e attivare tutti gli ammortizzatori possibili. Ma sul fatto che si debba alleggerire, e rapidamente, la macchina pubblica dubbi non ne ho. Però è un problema spesso anche organizzativo, non solo di esubero del personale….
Ci faccia un esempio…
La sanità, che rappresenta tra l’altro circa l’80% dei bilanci delle Regioni. Allora, che la salute sia un asset essenziale del nostro welfare e vada tutelata, siamo tutti d’accordo. Che però si cerchi di sostenere che in una provincia come Alessandria devono continuare ad esistere 6 o 7 presidi ospedalieri, è anacronistico. Anche perché i cittadini giustamente vogliono essere curati sempre meglio, e la qualità costa. Quindi una riorganizzazione delle strutture, anche sulla base di una diversificazione delle competenze e specializzazioni, è l’unica strada percorribile.
Onorevole, lei davvero non parla da pensionato: quali sono i suoi progetti?
Mi sto guardando attorno, davvero. Vedo nascere tante piccole associazioni politiche, e mi chiedo se serviranno, o se sono soltanto un tentativo di ognuno di provare a ritagliarsi un suo piccolo spazio. Di sicuro il partito Nds, Non di sinistra, è maggioritario nel Paese, e mi piacerebbe contribuire a ridargli fiato e gambe: partendo da casa nostra. L’alessandrino è un territorio martoriato, ma anche pieno di risorse, e con una posizione geograficamente strategica: mica davvero vorremo rassegnarci ad essere marginali?
Insomma, in Italia davvero si diventa giovani dopo i settant’anni?
Sa cosa diceva il grande storico dell’economia Carlo Maria Cipolla? Che la percentuale di stupidi nella popolazione è la stessa, tra i giovani come tra gli anziani. Insomma, non ne farei una questione di età, ma di contributi di idee e di impegno che ognuno, se può, deve cercare di mettere a disposizione della collettività. Da quando sono rientrato stabilmente sul territorio, mi piace girare, ascoltare la gente e parlarci. E percepisco davvero tanto disagio, incertezza e troppa rassegnazione che dobbiamo riuscire a scrollarci di dosso. Per quanto possibile, vorrei ancora fare la mia parte.
Ettore Grassano
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