Stradinom [Il Superstite 138]

arona-2di Danilo Arona

Alessandria, nell’assegnare e nel gestire i soprannomi, è sempre stata impareggiabile. Soprattutto nel fare in modo che il soprannome non ti abbandoni più sino alla morte e da divenire talmente significante che molti non ti conoscano affatto con il tuo vero nome. Forse si tratta di un discorso molto “generazionale” perché, data la mia anagrafe, non sono affatto in grado di garantire che il vezzo prosegua ancora. Però, per quel che so, i personaggi investiti di tanto onore sono ancora in sana circolazione. Quindi il giochino di oggi consisterà nell’esclusiva citazione dei soprannomi senza menzionare i veri dati. Chi ci arriva, potrà unirsi nel prolungamento virtuale del pezzo.

Garantisco allora, tanto per cominciare, che il Conte, l’Ammuffito, il Principe, lo Smilzo e il Maratoneta – pezzi di marcantonio che io ben conosco -, sono ben degni di essere così appellati. E, soprattutto, artigliandosi le pudende, sono vivi, ergo superstiti. Mentre il Putrella, anche detto il Rotaia oppure Osvaldo ‘u rantion, indimenticabile re delle notti alessandrine tra le baracche sul Bormida e l’Enal degli Orti, giace da tempo nel territorio dei bei ricordi, soprattutto per la sua inarrivabile versione di Miniera. E non c’entrano i New Trolls.

Degni di ottima citazione sono: il Feto (pallido e smunto nonché flaccido), il Sosia (famoso professionista locale che si è spacciato a lungo per il suo fratello gemello, vera e propria patologia ereditata dal padre), il Colonnello (ha vestito abiti post-beat di evidente foggia militaresca), il Caimano (forse piangeva dopo aver tirato il collo all’ultima bottiglia, ma non ho certezze in merito), il Capo (amico carismatico), Amud (amico arabeggiante), Manina (un ragazzone con una zampa gigantesca temutissimo sul tavolo del biliardo per i suoi filotti), Due Culi (un coetaneo con il sedere grosso – adesso è molto dimagrito, ma il soprannome è rimasto…), l‘Uomo dalle 2 Teste (altro coetaneo con il cranio molto grande), Tre Ossa (magrissimo), Tamba (amico con i lineamenti vagamente africani), il Biondo (alternativa per l’Ammuffito – ma oggi ingrigito pure lui), il Sarto (raro esempio di come il vero mestiere possa assurgere a soprannome) e Simone (diminutivo dell’indimenticabile Giorgio Simonetti, che nessuno chiamò mai Giorgio in vita).

Esistono poi i soprannomi “volanti”, quelli  che ti becchi per dabbenaggine. I più usati:Baleta Pagnufli, Cipilati, Crivela, Pulaster, Baciarousa e Schis. Ma di certo il soprannome mitico per eccellenza è quello di Baleta, riferentesi al “boccino” del bigliardo, che per lustri è stato il nome di riferimento per generazioni di frequentatori del bar del grande Gino Gemme.

Ci sarebbero molti episodi da raccontare al proposito. La genesi del soprannome “Maratoneta” è ad esempio stata oggetto più volte da parte mia di trattamento letterario. Per chi la vuole leggere, basta digitare su Google le parole chiave “maratoneta, cronache, bassavilla” e sarete reindirizzati in automatico. Ovvio, scoprirete che sotto lo “stradinom” si nasconde un grande scrittore e ottimo collaboratore di questa testata. Però non è detto che si possa raccontare ancora con nuovi accenti e particolari inediti.

Qualche soprannome che ricordo anche per l’altra metà del cielo: Maria la lavròn (labbra alla Angelina Jolie), Occhio di bue (ragazza leggermente strabica) e Pepsodent… Ma qui mi fermo perché il pezzo di oggi sta diventando proprio villano. Ops…