La città dei marziani [Il Superstite 137]

arona-2di Danilo Arona

Di tanto di tanto il buon Paolo Toselli, vecchio amico sin dai tempi di Radio Alessandria International con il quale condivido alcuni malsani gusti varianti tra leggende metropolitane e UFO, ci stupisce con idee brillanti e mostre in tema.

E’ il caso dell’appena inaugurata al Museo della Gambarina “Terra chiama Marte, Alessandria risponde”, dove si possono vedere tutte le ricadute pratiche, nei media e in tanti impensabili “oggetti”, della presenza culturale del pianeta rosso nell’immaginario collettivo. Intanto ignoro se sono il solo a percepire nel titolo della manifestazione una sottotraccia a dir poco comica. No, scusate, noi tapini terrestri che proviamo a contattare i marziani giusto per consolarci sul noto luogo comune “non siamo soli nell’universo”, e chi ti risponde?… Alessandria! Geniale, dal momento che siamo la città più marziana d’Italia. Ma lo sapevamo da quel bel dì, non ci sono mai stati dubbi.

Come sempre Paolo mi tira dentro. Ed eccomi qui a tentare di ripercorrere con la memoria leMoise-Locandina-copia-218x300 personali, storiche ragioni del fascino di Marte. Che di certo è il pianeta alieno con più appeal. Ovvie constatazioni: Marte è il pianeta più vicino e più simile alla terra e per eoni, prima che la sonda spaziale Curiosity spedisse i nostri sogni in soffitta, ci siamo illusi sulla possibilità di altre vite nell’universo che proprio sul suo suolo, o magari sotto, avessero trovato modo di svilupparsi. E poi c’è il suo colore accreditato: rosso, non so se mi spiego.
Il fatto è che per molti anni, sino a quando più o meno negli anni Settanta, non ha preso a circolare il termine “alieno”, gli invasori erano senza tema “marziani”. Per me e quelli della mia generazione il fascino supremo e il conseguente sillogismo vennero dalla visione, più volte reiterata, dell’insuperabile La guerra dei mondi di Byron Haskin e George Pal, anno 1953, con quelle coloratissime astronavi un po’ UFO e un po’ boomerang con i relativi pinnacoli che sparavano raggi mortali e che mi parevano degli ellittici occhi volanti e proprio per questo mi terrorizzavano. Non c’era verso di opporsi alle loro armi, date le famose cupole protettive che rendevano innocua persino la bomba atomica. e sull’identità del nemico non esistevano dubbi sin dai titoli di testa: quelli erano marziani. E chi altri? Così ogni altra invasione di una splendida età dell’oro della fantascienza al cinema, anche quella non dichiarata, proveniva da Marte: Invaders from Mars, Marte distruggerà la Terra, Volo su Marte, Il vampiro del pianeta rosso, I Diafanoidi vengono da Marte, e altri ancora, così che il termine “marziano” diventava esaustivo corrispondente del termine “extraterrestre”.

MarsI marziani come nostri doppelganger anti-speculari, quasi delle psicanalitiche “Metà oscure”. Ma in più, la fantascienza americana non nutriva il minimo dubbio, i marziani erano simbolicamente (e qualcosa di più) i comunisti russi e le descritte invasioni con improbabili macchine volanti rammentavano come un monito le paventate invasioni del patrio suolo da parte delle truppe d’oltrecortina. Storia vecchia, si dirà, ma i sottotesti allora erano questi e pure di grana grossa: quelli che vengono dal pianeta rosso sono “rossi”, ergo comunisti, e persino le donne non sfuggono all’identificazione come attesta lo struggente manifesto di Devil Girl from Mars, meraviglia trash del 1954 firmata da David MacDonald.

Di tutto questo e altro Paolo e io vi parleremo al Museo della Gambarina la sera di venerdì 10 maggio alle ore 21 nella conferenza “Che vita su Marte!”: assieme a noi Massimo Volante per discutere di marziani tra scienza, fantascienza e cultura popolare. E non pensiate che l’argomento sia così campato per aria. Sapete bene che i marziani sono tra noi da molto tempo e alcuni di loro se ne stanno a Roma a fingere di governare il malandato stivale…