di Claudio Martinotti Doria.
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Personalmente ritengo che se non si riesce ad essere consapevoli del proprio Ego, riconoscendo e limitando il proprio egoismo, non ci si dovrebbe dedicare alla politica, perché inevitabilmente, anche se inizialmente animati da buone intenzioni, si finirebbe per farne un uso strumentale ai propri fini egoistici, degenerando sempre di più col passar del tempo, fino a forme di abbruttimento ed aberrazione, dalle quali diverrebbe difficile potersi redimere.
Forse è per questo che ho sempre rifiutato di farne parte, cioè di fare politica direttamente, anche perché fin da giovane, quindi da una quarantina di anni, ho sempre diffidato della partitocrazia, che negli ultimi anni e persino peggiorata fino a divenire un’autentica associazione a delinquere ed un apparato dispotico autoritario, riproponendo un neofeudalesimo di basso profilo e sempre più degradato.
Nel corso della mia vita ci sono state alcune occasioni per fare salti di qualità materiale, ma le ho sempre rifiutate. Perché avrei appagato l’Ego e mi sarei allontanato dai miei veri, intimi, interiori interessi culturali e spirituali e mi sarei abbruttito e degradato, dando troppo spazio al materialismo ed al potere grezzo, che alla fine prende il sopravvento e seda la coscienza ricorrendo all’ipocrisia ed all’autogiustificazione.
Ora ditemi, secondo voi quanti sono i politici che conoscete che hanno fatto queste riflessioni? Quanti sono consapevoli del proprio Ego? Quanti sono al servizio della comunità e curano gli interessi collettivi rinunciando o anche solo limitando i propri?
Forse, come nell’antica Grecia, già 2500 anni fa, avevano ragione nel cercare forme condivise di gestione della cosa pubblica, rendendo la politica una professione con tanto di selezione e formazione a decorrere fin dalla giovinezza, oppure attribuivano un incarico temporaneo a rotazione per estrazione a sorte (secondo i periodi e le città stato), ed anche se la definivano democrazia, in realtà era sempre una oligarchia (salvo eccezioni), perché solo una elite poteva accedere agli incarichi di potere.
Rispetto a 2500 anni fa però abbiamo un problema grave e forse insormontabile, all’epoca esisteva il teatro drammatico con il suo importante effetto catartico e culturale e decine di scuole filosofiche, noi abbiamo una televisione, che al 95 per cento produce e trasmette schifezze demenziali che lobotomizzano il cervello ed ogni sua funzione elaborativa rendendo il telespettatore soggetto passivo e decotto, trasformandolo in “homo videns demens”. Il “divide et impera” è politicamente di facile applicazione nel nostro paese (diviso in miriadi di campanili ed individualismi esasperati ed diffusa cortigianeria) ricorrendo alla mistificazione diffusa e con la complicità dei media, dei giornalisti in particolare, mentre il “panem et circenses” è applicato dalla tv e dallo sport, in particolare calcistico, che concentra quasi interamente la poca attività cerebrale della società italiana, “poca” perché la parte sana e talentuosa ormai da tempo è emigrata all’estero o interagisce solo in rete, oppure si è ritirata in una sorta di anacoretismo laico o isolamento eremitico più o meno coercitivo, senza nutrire più alcuna speranza nelle sorti del paese.
Quindi il primo passo perché il paese possa progredire culturalmente sarebbe spegnere la televisione e leggere qualcosa di minimamente impegnativo, ma il problema è che se anche si riuscisse a convincerli a farlo, non saprebbero farlo, come hanno dimostrato diverse ricerche negli ultimi anni, in quanto la maggioranza degli italiani non sanno più leggere e soprattutto capire i contenuti, neppure i concetti semplici, che non siano elementari, siamo cioè ridotti (soprattutto dalla tv demenziale) a livello di riflessi condizionati alla Pavlov. E’ il cosiddetto analfabetismo di ritorno, che spiega il perché in edicola si vendano sono riviste di gossip ed in tv proliferano ed abbiano successo trasmissioni stupide ed insulse, l’importante è non dover pensare ed impegnarsi ma cercare solo evasione, distrazione, intrattenimento, per evitare di capire che in realtà siamo intrappolati in una sorta di Matrix liberticida, evitare di doverci assumere qualche responsabilità, e continuare ad illudersi che la cura dei propri interessi e la propria libertà possano venire concesse da altri, magari dal solito uomo della provvidenza.