Lo incontriamo al quarto piano di Palazzo Rosso, quando si è appena diffusa la notizia dell’incarico esplorativo per la formazione del nuovo governo al suo amico Enrico Letta. “Non me lo aspettavo, e sono contentissimo per lui, è la persona giusta”, commenta Matteo Ferraris, assessore alla Programmazione Finanziaria del comune di Alessandria. Che di Letta jr. fu non solo “anfitrione” (con spostamenti in scooter per la città) nel 2007, durante la visita dell’allora sottosegretario del Consiglio dei Ministri, ma è soprattutto amico vero da una vita: “abbiamo condiviso tante scelte ed esperienze, fin dai tempi delle “giovanili” della Democrazia Cristiana”. E Ferraris fa anche parte, dalla sua fondazione, di VeDrò, il think net promosso anni fa dal neo premier per riflettere sull’Italia declinata al futuro. Inevitabile dunque parlarne, anche per capire quanto il nuovo scenario governativo potrebbe essere “condizionante”, e in che direzione, per il futuro di Alessandria.
Assessore Ferraris, partiamo dalla sua amicizia con il neo premier, Enrico Letta. Anche perché è un modo per spiegare lei chi è, da dove arriva a livello di formazione e valori…
Volentieri. Enrico Letta fu segretario nazionale dei giovani della Dc agli inizi degli anni Novanta, quando io ero segretario regionale piemontese. Il nostro comune impegno per il rinnovamento, del paese ma all’epoca prima ancora del partito, nasce da lì. Ricordo, su scala alessandrina, accese discussioni in via Mazzini 46, all’epoca sede della Democrazia Cristiana.
I giovani di allora, come lei e Letta, sono considerati volti nuovi anche oggi: la dice lunga sulla situazione di stallo del Paese, no?
Io a 45 anni non mi ritengo assolutamente giovane: anzi, sento fortissima la responsabilità di dare una mano, in questa fase delicatissima della città, per cercare di consegnare, alla fine di questa esperienza amministrativa, un’Alessandria un po’ migliore, e più moderna, a coloro che sono nati dal 1980 in poi: e che rischiano davvero di pagare carissimi, e in maniera incolpevole, gli errori commessi dalle generazioni precedenti.
Ma lei, dai tempi delle giovanili della Dc ad oggi, cosa ha fatto? Politicamente si è defilato, o è stato attivo dietro le quinte?
Credo di aver fatto politica in maniera assai attiva: anche se in Italia tendiamo a confondere il fare politica con l’avere incarichi ufficiali, visibili. Ho partecipato alla nascita del Partito Popolare, della Margherita, del Pd. Da tre anni non ho tessere di partito, ma sono invece molto impegnato sul fronte del volontariato e dell’associazionismo. Diciamo che nel corso del tempo ho rifiutato alcune occasioni professionali che mi avrebbero portato lontano, perché sto bene qui, dove affondano le mie radici: negli ampi spazi di Sant’Alessandro, tra i negozi di via San Lorenzo e sul palco di Gelindo vicino al cortile dei frati, dove sono cresciuto. E negli anni ho partecipato a mille esperienze comunitarie, che sotto traccia avevano tutte una sola caratteristica: costruire ponti. Tra persone, iniziative, enti.
Un “pontiere” dunque. Ma anche funzionario di Confindustria Alessandria: con tutte le critiche conseguenti, arrivate da sinistra a lei e al sindaco Rossa. Siete una giunta confindustriale?
Sono lieto che Confindustria, nei giorni scorsi, abbia pubblicamente precisato di non avere assessori in giunta. Capisco la polemica politica, ma davvero il mio impegno amministrativo è frutto di una scelta assolutamente personale: e, anzi, farò i salti mortali per continuare a svolgere al meglio il mio lavoro privato, anche perché siamo in un momento delicatissimo per le imprese del territorio.
Fate presto, si legge sul suo profilo facebook: cosa significa?
Vuol dire, semplicemente, che tempo se ne è perso davvero troppo, e siamo agli sgoccioli. Il sistema Paese non può più aspettare: sono d’accordo con quanto sostiene al riguardo Matteo Renzi, che rappresenta la vera occasione di rinnovamento per il centro sinistra. Ma sottolineo che, in sostanza, sono le stesse cose che Enrico Letta dice almeno dal 2007, ed io con lui. Ossia, in sintesi: acceleriamo il processo decisionale, usciamo dalla paralisi. Separiamo le funzioni delle due Camere: il Senato deve essere il rappresentante delle Regioni, e delle autonomie locali. Riunirsi una volta al mese, e con incarichi gratuiti. Mentre la Camera va eletta con collegi uninominali (stile vecchio Mattarellum), e premio di maggioranza. Tutto ciò garantirebbe quella governabilità, e quella rappresentanza del volere popolare, che oggi sembrano chimere.
Ed eccoci a Palazzo Rosso assessore Ferraris, e alle sue emergenze. A che punto siamo?
Nei giorni scorsi abbiamo inviato al ministero tutti i chiarimenti richiesti, in merito al bilancio stabilmente riequilibrato. Non entro nei dettagli dell’iter tecnico, ma la sostanza è che abbiamo scelto la strada del rigore, rinunciando a truccare le carte in qualsiasi modo. Nei prossimi giorni dovrebbe diventare operativo il tavolo interministeriale che ci è stato promesso, e sapremo se Alessandria potrà diventare, in qualche modo, un caso pilota. Nel senso che ci sono almeno altre 60-70 amministrazioni comunali di città medio grandi che sono sostanzialmente nella nostra stessa situazione.
Assessore, un nodo essenziale è quello legato all’occupazione: esiste la possibilità che si conservi lo status quo, ossia gli attuali organici di comune e partecipate?
Su questo dobbiamo essere chiari: ciò di cui si sta discutendo, con gli interlocutori politici e tecnici romani, è la messa a punto di un percorso di riorganizzazione rigorosa, che però non lasci nessuno nel baratro. Ossia ammortizzatori sociali per tutti, e processi di riqualificazione e di riconversione professionale. Ma la conservazione dello status quo è assolutamente impossibile per un motivo semplicissimo.
Quale?
Tutta la nostra attività deve essere orientata ad un principio, non solo contabile ma di coscienza, che è il vincolo di bilancio. Non si può, insomma, continuare a spendere ogni anno molto più di quanto si incassa. E sul fronte degli introiti, va chiarito che solo il 10% circa delle risorse del comune di Alessandria arriva da trasferimenti statali. Il restante 90% lo sborsano tutti gli alessandrini, in forma di tassazioni e tributi di vario tipo: e francamente deve esistere anche un equilibrio tra ciò che si paga, e ciò che si riceve in cambio. Non mi pare, insomma, che si possa immaginare di aumentare ancora le tasse: anzi, dobbiamo cercare di ridurle, per quanto possibile.
C’è chi parla di 300 esuberi, chi di 500.
Sono cifre senza riscontri, al momento. Comunque esagerate. Stiamo cercando soluzioni efficaci alle diverse situazioni, analizzando i casi delle diverse partecipate uno per uno. Su Amiu, ad esempio, si è optato per una soluzione “ponte”, assolutamente indolore per i lavoratori, in direzione di Aral. In attesa di mettere a punto la gara europea, con criteri di massimo rigore e affidabilità. Mentre sul fronte Atm siamo in attesa del piano industriale dell’azienda, e ci pare che alcune proposte avanzate dai sindacati nei giorni scorsi meritino la massima attenzione. Ma che lì ci sia uno squilibrio strutturale tra autisti e personale non operativo mi pare innegabile.
Aspal e Fondazione Tra sono in liquidazione: possibilità di ripensamenti?
Ripensamenti direi proprio che è impossibile. Dobbiamo però capire quali sono le strade migliori per continuare a fornire una serie di servizi: a me ad esempio esternalizzare i servizi informatici, che sono ormai una parte essenziale del cuore di un’azienda, pubblica o privata che sia, non pare una grande idea. Ma così è stato deciso in passato, e non voglio creare ora nessuna aspettativa sul futuro: dobbiamo valutare quale sia l’opzione migliore, in ottica di qualità, sicurezza e naturalmente costi. La vicenda teatro, poi, è tragica e emblematica. L’ho vissuta in diretta come cittadino: ero tra coloro a cui fu annunciata l’emergenza durante lo svolgimento di Ring, ormai due anni e mezzo fa. Ad oggi non sappiamo ancora quantificare i costi di una possibile riapertura della struttura, e immagino la sofferenza personale con cui Nuccio Lodato deve assistere al naufragio di tutto ciò che contribuì, con enorme impegno e capacità, a costruire. Una città senza teatro e cinema, senza servizi culturali di qualità, è davvero sminuita in termini di valore, di capitale sociale. Ma mentirei se dicessi che oggi abbiamo pronta la soluzione: non è così.
Assessore, bastano tagli e razionalizzazioni per dare un futuro ad Alessandria?
Certamente no. Occorre ragionare in termini di sviluppo, ponendo Palazzo Rosso al centro di una visione in cui i servizi di cui la collettività ha bisogno (che sono tanti, ma non sono più quelli di 20 o 30 anni fa) vengono progettati dall’ente comune, e poi gestiti ed erogati in forma mista, pubblica e privata. In un’ottica di sussidiarietà, e non certo di macelleria sociale come dice qualcuno. Però, ripeto, sempre nel rispetto ineludibile del vincolo di bilancio. Perché sarebbe irresponsabile fare finta di niente, e scaricare un debito insostenibile sulle spalle delle prossime generazioni.
Lei ha parlato di palazzo di vetro, di open data: non rischiano di essere discorsi un po’ incomprensibili, soprattutto in una città di anziani?
No, se ci spieghiamo bene. Mi rendo conto che per la parte più anziana della città Internet e il web sono spesso solo parole, ma per un numero ormai maggioritario di persone la rete è un luogo di incontro, confronto trasparente, documentazione. E davvero credo che debba essere, per il comune, uno straordinario strumento non solo per informare, ma anche per “includere”, per fare comunità, arrivando ad una forma ampia di condivisione, e di coesione sociale. Penso che tutto ciò che facciamo a Palazzo Rosso debba essere visibile sul web: anche gli affidamenti minimi, al di sotto dei 200 euro. E che Internet debba essere un canale di interazione reale, per prenotazione di servizi e per il reperimento delle informazioni che ad ognuno necessitano. Ci sono già esperienze interessanti: penso al comune di Torino, o di Firenze. Spero che la giunta su questo fronte mi segua: io la faccia, e le idee, intendo mettercele.
Insomma, lei Alessandria non vuole solo salvarla dal baratro, ma trasformarla e rilanciarla. Metterà in campo anche la sua personale amicizia col premier?
(sorride, e ci mostra un sms da poco inviato ad Enrico Letta, che si conclude con “e non dimenticarti della mia città!”) Come vede, già fatto, e tornerò alla carica. Ma quel che conta è che abbiamo in campo un team, dal sindaco Rossa a Marcello Ferralasco ed Ezio Brusasco, fino agli importanti referenti “romani” del nostro territorio (compreso il senatore Morando, con cui siamo in strettissimo contatto), che sta lavorando per il futuro della città. Con l’obbligo di consegnare ai nati dopo il 1980 un’Alessandria risanata, e che offra davvero prospettive di vita e lavoro di qualità.
Ettore Grassano