Palazzo Rosso: svolta liberale?

Mentre il nostro Sindaco Rita Rossa sembra aver accettato le opportunità che i lavoratori e le organizzazioni sindacali hanno offerto per riaprire un dialogo costruttivo al fine di salvaguardare i servizi pubblici locali e mantenere i livelli occupazionali, il nuovo assessore al bilancio rilascia un’intervista ed espone senza dettagli precisi, ma politicamente rilevanti, la visione, evidentemente condivisa in Giunta di un progetto liberale per il welfare e i servizi cittadini.
 
Questa “nuova Amninistrazione” non fa più riferimento alle anime democratico sociale e socialista del centro sinistra? Si sta piegando (avendo annullato le differenze di cui in precedenza era portatrice) a gestire la crisi cancellando la storia stessa e le ragioni del cambiamento che gli elettori le avevano affidato? Oltre a ribadire l’espulsione di un numero imprecisato di lavoratori dalle aziende pubbliche, dimenticando che già 23 lavoratori delle cooperative di tipo b sono senza lavoro da dicembre e che 15 lavoratori ad alta specializzazione del Teatro Regionale Alessandrino sono da un anno e mezzo in cassa integrazione.
Ferraris contrappone il pubblico al privato a favore del secondo che, senza il pubblico, non avrebbe più concorrenza “un’opportunità per quelle realtà cooperative con una certa sensibilità sociale e che non si troveranno più un concorrente che riceve finanziamenti pubblici con il quale competere”. Questa affermazione contiene quanto di più inverosimile abbiamo dovuto sentire in questi mesi di crisi cittadina: l’idea che l’Ente locale, il Comune, la casa dei cittadini e i beni comuni non ultima l’istruzione pubblica, debbano essere esclusivo appannaggio del privato sociale o del privato ci sembra sia stato già abbondantemente bocciato dai cittadini italiani attraverso un importante referendum. I cittadini di diversa estrazione politica e sociale hanno bocciato le privatizzazioni e non solo quella dell’acqua.
L’idea che l’Ente locale possa essere “concorrente” del privato nell’appropriazione delle risorse necessarie per l’erogazione dei servizi ci sembra ancora più grave perché contrappone lavoratori pubblici a i soci delle cooperative, e nega che sul ns territorio l’integrazione pubblico privato c’è ed è stata avviata da anni. La cooperazione ha pagato per prima gli effetti della insolvenza dei vari enti (ASL, ASO, Comuni ecc) ed è in piena crisi.

Ferraris ripropone in vasta scala un modello di economia dipendente dall’Ente locale che comunque rimane erogatore anche se indiretto, di lavoro e reddito, ma da cui si estranea sotto il profilo dei diritti e della formazione dei lavoratori. Il processo di terziarizzazione in Italia rispetto agli altri Paesi europei ha visto l’espansione dei servizi alla persona poco qualificati che si è anche tradotta in una incapacità del settore di assorbire lavoratori altamente qualificati e istruiti offuscando ciò che è pubblico e ciò che rimanda ad una dimensione etica espressione di qual diritto di cittadinanza che unisce alla possibilità di ridurre le disuguaglianze a quella dei diritto ad un reddito dignitoso.

La relazione della Corte dei Conti nel 2010 esaminando 10 anni di privatizzazioni esprime un parere negativo: nel rapporto viene sottolineato che l’aumento della capacità di produrre profitti non è avvenuto attraverso un recupero dell’efficienza ma per l’aumento progressivo delle tariffe che risultano più elevate di quelle degli altri Paesi Europei.

L’idea poi che “si riconsegnerà ai nostri ragazzi una realtà ancora viva” – dice Ferraris, ci sembra molto semplicistica sugli effetti di questa presunta liberazione di risorse: i lavoratori del comparto pubblico cittadino (1700 persone) e i lavoratori delle cooperative sociali che già sono impiegati nei servizi sociali, sono mamme e papà non più giovani con figli piccoli o adolescenti. Le soluzioni offerte dal liberismo in salsa locale e la crisi economica in atto, apporteranno modifiche della struttura famigliare tali da compromettere per sempre la possibilità di adempiere ai doveri genitoriali e la cura degli anziani innescando una serie di processi di esclusione sociale intergenerazionale, altro che realtà viva!

Vogliamo congedarci da questa nota con le parole di Stefano Rodotà. “Per conto mio, rimango quello che sono stato, sono e cercherò di rimanere: un uomo della sinistra italiana, che ha sempre voluto lavorare per essa, convinto che la cultura politica della sinistra debba essere proiettata verso il futuro. E alla politica continuerò a guardare come allo strumento che deve tramutare le traversie in opportunità.”

La Segreteria del circolo PRC – FdS “Oscar Arnulfo Romero” – Alessandria