Il movimento anti Terzo Valico non si ferma, e sabato scorso con la manifestazione/corteo fra Novi e Pozzolo ha dato una nuova prova di mobilitazione popolare pacifica e gioiosa. Alla faccia di chi vorrebbe presentarli come pericolosi estremisti, magari sperando in un piccolo tafferuglio da trasformare in casus belli.
Nelle scorse settimane, fra moratorie dei sindaci e brusche frenate del Pd, l’impressione è stata che su tutto il mega progetto possa anche scattare un ripensamento: o che comunque, all’italiana, la locomotiva del Terzo Valico possa essere silenziosamente parcheggiata su un binario morto, in attesa di tempi migliori.
C’è troppa conflittualità nel Paese insomma, troppa disgregazione politica e la necessità, vedrete, di tornare a mettere mano “pesantemente” nelle nostre tasche. Per cui giustificare una spesa di quasi 7 miliardi di euro “solo per migliorare di una manciata di minuti i tempi di trasporto delle merci da Genova a Rivalta Scrivia”, come dicono i No Terzo Valico, diventerebbe difficile, soprattutto per chi sul territorio deve poi metterci la faccia e viverci, al di là di sigle anonime come Rfi e Cociv.
Ieri sera, al consiglio comunale di Novi Ligure, l’argomento immagino sia stato oggetto di vivaci discussioni. Lo leggeremo nelle cronache di oggi.
“Ne sapremo finalmente di più di questo nemico, che si paleserà a reti unificate”, commentava l’altro giorno uno degli oppositori del progetto, riferendosi naturalmente all’imminente governo di solidarietà nazionale, ossia al mega inciucio romano fra Pd e Pdl, vedremo quanto duraturo. Berlusconi e D’Alema, si sa, sono sempre andati piuttosto d’accordo, e rivederli alleati sul “progetto Italia” giustifica praticamente qualsiasi ipotesi, e connesso gesto scaramantico.
In realtà sul fatto che questo Terzo Valico, impostato senza sufficienti garanzie sia sul piano della salute (rischio amianto, inquinamento falde acquifere, mega discariche di materiali potenzialmente a rischio) che su quello dello sviluppo logistico del territorio, sembra non piacere più quasi a nessuno. Resta da capire, però, quali saranno le decisioni prese a livello romano, tra Ferrovie dello Stato e Ministeri. Anche lì, ultimamente i segnali di disinvestimento non sono mancati. Ma finché non avremo un governo vero (gradito o sgradevole che possa essere per ognuno di noi) il Terzo Valico, come le altre grandi opere, o la riorganizzazione della macchina pubblica sul territorio, rimangono progetti senza più una guida: disarticolati, e ancora più pericolosi.