Ha ereditato una patata bollente, di quelle con cui ti puoi bruciare davvero. Ma in questo primo mese di presidenza di Atm Gianfranco Cermelli (foto in basso), esponente dei Moderati, non ha perso la calma, cercando di dialogare con tutti (proprietà, dipendenti, sindacati), e di capire, dati alla mano, come sia possibile uscire dalle sabbie mobili. Con la consapevolezza, appunto, che in certe situazioni muoversi nella direzione sbagliata, e in maniera troppo precipitosa, può causare danni irreparabili. “So bene che la mia è una nomina politica – spiega – ma davvero mi sento più un tecnico, in questo momento. Alle prese con una situazione di grande difficoltà, che peraltro è ben chiara agli stessi dipendenti di Atm, nei quali ho riscontrato grande disponibilità e serietà”.
I numeri, però, sono impietosi: nel 2013 il Comune di Alessandria ha intenzione di trasferire all’azienda poco più di 6 milioni di euro, con un taglio di oltre tre milioni di euro. A cui si sommeranno presumibilmente altre “decurtazioni” sul fronte Regione Piemonte, in altrettanta difficoltà a continuare l’erogazione dei contributi al trasporto locale. Come se non bastasse, Atm versa al comune di Alessandria ben 1 milione e 400 mila euro all’anno di Cosap, come concessione amministrativa sui parcheggi. Un onere imponente, che in tempi di “vacche grasse”, tra l’altro, poteva forse anche essere un legittimo strumento per detassare gli utili, ma che oggi rischia di essere un ulteriore “cappio” al collo di un moribondo.
Il dramma, come sottolineato nei giorni scorsi anche da esponenti dei sindacati, è che in realtà come Atm esistono costi “non comprimibili”, che vanno dal gasolio alle assicurazioni. Per non dire di un parco mezzi fatiscente, e che andrebbe in buona parte sostituito. “A queste condizioni – sottolinea Cermelli – è evidente che non saremo in grado di garantire a lungo lo stesso livello dei servizi. E è altrettanto chiaro che la spesa per il personale, che è di oltre 9 milioni di euro, diventa un capitolo rilevante, su cui sarà impossibile non intervenire”.
Già, il personale di Atm: 232 dipendenti nei dati ufficiali, secondo alcune fonti sindacali peraltro già calati nel frattempo di alcune unità. Con un “appesantimento” di alcuni settori non operativi, e al tempo stesso, paradossalmente ma non troppo, scarsità di autisti, alcuni dei quali costretti a doppi turni e straordinari. Frutto, scriteriato, di una logica che vide per lungo tempo in alcune partecipate (tra cui questa) la “valvola di compensazione” attraverso cui far crescere occupazione, e consenso. In tanti hanno additato il quinquennio Fabbio come periodo in cui si sono moltiplicate assunzioni non propriamente indispensabili: dagli ausiliari del traffico (che oggi sono 32) a funzionari assunti per svolgere funzioni che comunque si sono a lungo avvalse, in parallelo, anche di consulenti esterni. Fino a non pochi autisti con patologie invalidanti e certificate dal medico competente dell’epoca, e finiti a lavorare negli uffici. La realtà però è probabilmente più articolata, e comunque Cermelli non ci sta a farsi trascinare nella polemica politica: “io sono qui da un mese, ho studiato la situazione, e entro i primi di maggio presenteremo al socio di maggioranza, ossia il comune di Alessandria, la nostra ipotesi di piano industriale”. C’è chi, con il pallottoliere, i conti li ha già fatti: 3 milioni e mezzo di euro in meno di trasferimenti dal Comune significherebbero, a spanne, 100 dipendenti da “tagliare”. Ma i sindacati hanno già chiarito che “non se ne parla assolutamente”, avanzando una serie di proposte alternative, fondate su una serie di ipotetici nuovi introiti (qualcuno anche un po’ “naif”: la pubblicità di privati sui biglietti dei parcheggi, ad esempio, in un momento in cui il mercato pubblicitario è in crollo verticale praticamente ovunque), ma soprattutto sul ricorso a contratti di solidarietà che, come ha precisato in particolare Giuseppe Santomauro, segretario provinciale della Filt Cgil, consentirebbero (grazie a contribuzioni a carico dell’Inps) di risparmiare 1 milione e 300 mila euro l’anno, mantenendo il 100% degli stipendi, e riducendo il 50% delle ore nei settori in cui c’è sovrabbondanza di personale.
Le trattative sono aperte e naturalmente, in attesa del piano industriale, ognuno farà fino in fondo la propria parte.
Quel che comunque sembra emergere, anche dalle parole dell’assessore Marcello Ferralasco, è che da un lato bisogna affrontare l’emergenza, dall’altro pensare ad un progetto che consenta di salvare l’azienda, e di darle un futuro. E qui, naturalmente, si apre il tema della possibile vendita di quote di minoranza di Atm (“fino al 46%”) ad un socio, pubblico o privato, che sia in grado di portare le risorse necessarie a mettere a punto, portafoglio alla mano, un piano di sviluppo. “Che sicuramente – dice Ferralasco – deve guardare anche a servizi da offrire ad un territorio più vasto di quello di attuale competenza di Atm”. Ma anche sulla vendita delle quote i sindacati fanno muro, soprattutto se si parla di privati. Che, se decidessero di comprarsi una quota significativa di un’azienda pubblica in grave difficoltà, sarebbe sicuramente “per guadagnare”, e certamente questo comporterebbe anche conseguenze negative per i lavoratori. E qui si coglie lo “snodo” ideologico che è il vero “discrimen” di questa, come di altre operazioni di risanamento di aziende pubbliche locali, più o meno “decotte”. Ossia, secondo i sindacati, e un bel pezzo di sinistra, la gestione pubblica finora è stata fallimentare (difficile negarlo), ma il risanamento deve comunque avvenire all’interno del “mercato pubblico”, in condizioni di protezione.
Intanto, però, all’orizzonte di Atm si profila un’altra emergenza, che è quella relativa al parco mezzi, oggi assolutamente inadeguato, e anche “a rischio”, sia per gli autisti che per i passeggeri. Esiste, secondo quando emerso nel corso dell’ultima seduta della commissione Sviluppo del Territorio del Comune di Alessandria, la possibilità di accedere (entro giugno) ad un bando di finanziamento che consentirebbe di avere, dalla Regione Piemonte, un contributo del 60% (fino a circa un milione e mezzo di euro) per l’acquisto di 17 nuovi automezzi. Ma il restante 40% deve essere coperto con un investimento aziendale. Si riusciranno a reperire le risorse necessarie?
Ettore Grassano