Da Tagliolo alla conquista del Marocco, e del nord Africa. Non da soli, ma grazie alla capacità di fare squadra, di condividere idee e progetti imprenditoriali, aiutandosi a vicenda e “spingendo” il made in Italy ben al di là della crisi nazionale che morde sempre più duramente. Antonio Caneva (a destra nella foto), fondatore e titolare della Aps Italia, ci crede, e i fatti gli stanno dando ragione: “Siamo una piccola realtà, con 11 dipendenti e circa 2 milioni di euro di fatturato l’anno. Ma questo non ci impedisce di guardare oltre il mercato italiano, che pure ad oggi rimane il nostro core business. Abbiamo cominciato, negli anni scorsi, ad operare con successo in Svizzera, e ora siamo sbarcati in Marocco: per rimanerci e crescere, o così speriamo”.
La Aps Italia ha alle spalle 22 anni di esperienza (Caneva l’ha fondata nel 1991, dopo altre esperienze nel settore, come dipendente e consulente), e opera nel settore delle pavimentazioni innovative, con particolare riferimento a mercati come la grande distribuzione, la sanità e la farmaceutica, l’industria alimentare. Ma in Marocco ha partecipato, lo scorso anno, anche alla realizzazione dello stadio di Agadir. “Negli anni siamo cresciuti bene – spiega il titolare -, anche se non ci siamo fatti mancare nulla, quanto a batoste: da Parmalat a Cirio, che non ci ha mai pagato un lavoro da circa 300 mila euro. Nonostante questo, siamo una realtà sana, e che onora regolarmente gli impegni con dipendenti e fornitori: di questi tempi, è un punto d’orgoglio”.
Aps Italia ha sempre guardato a tutto il mercato italiano, sviluppando progetti in gran parte dei distretti del territorio nazionale, grazie anche al tessuto della Compagnia delle Opere, di cui fa parte: “è un network di imprenditori che si confrontano, discutono, si segnalano opportunità a vicenda. Credo che, soprattutto per chi opera con dimensioni e risorse ridotte, l’associazionismo vero e vissuto, e non di pura facciata come spesso avviene, sia una leva straordinaria: le cito Costruendo e Matching, due appuntamenti che davvero consentono di fare rete, entrando in contatto con realtà spesso complementari alla tua, e di sviluppare idee e progetti. Proprio grazie a Matching, e per puro caso, un paio d’anni fa è nato l’interesse per il mercato nordafricano. E abbiamo scoperto una realtà vivace, dinamica, e soprattutto paesi con un’età media molto bassa, e con tanta voglia di fare, di intraprendere. Non che anche lì non manchino i rischi d’impresa: sono comunità ancora fragili e instabili, anche politicamente, e in cui bisogna muoversi con accortezza. Però la serietà e la qualità vengono apprezzate”.
A proposito di politica, impossibile di questi tempi non “sondare” il punto di vista dell’imprenditore: “non mi faccia parlare della situazione generale: come cittadino, le direi quello che ormai pensiamo tutti: che sono stufo, e che davvero o l’Italia cambia passo, e protagonisti, o siamo destinati ad un declino senza speranza. Ma, come imprenditore, voglio sottolineare che non tutto ciò che è pubblico funziona male: la Regione Piemonte, ad esempio, offre alcune opportunità interessanti, che bisogna naturalmente saper cogliere. Il Centro Estero per l’Internalizzazione, ad esempio, è una realtà apprezzabile, che fa da sponda importante a coloro che hanno progetti seri e concreti: e ci sono anche opportunità di sostegno, ad esempio per chi decide di partecipare a fiere o ad altre iniziative promozionali fuori dai confini italiani. Sta anche a noi imprenditori, a volte, essere reattivi, e muoverci anziché lamentarci”.
Ma come si muove, concretamente, una piccola realtà dinamica, in un contesto di crisi come l’attuale? “Abbiamo due commerciali attivi a tutto campo, mentre mia moglie si occupa non solo dell’amministrazione e dei rapporti con le banche, ma anche dei temi legati alla responsabilità sociale d’impresa: è un aspetto per noi molto importante, quello della sostenibilità e dell’impatto etico di quanto si fa, a partire dal nostro territorio. Sul fronte degli istituti di credito, poi, ci sono naturalmente tutte le difficoltà tante volte già descritte. Ma anche lì, bisogna un po’mettersi nei panni dell’altro, e presentare progetti seri e concreti, che siano oggettivamente finanziabili. Noi ci proviamo, e spazi di dialogo si trovano sempre”.
Periodicamente, Antonio Caneva organizza nella sua azienda, a Tagliolo, o presso altre strutture dell’ovadese, incontri fra imprenditori, alessandrini e non, per confrontarsi sulle opportunità, e cercare di fare rete: “sono aperti a tutti, non solo agli iscritti alla Compagnia delle Opere, che pure sono i più attivi. Lo spirito è semplice: un paio d’ore di confronto vero, per un aperitivo, e il tentativo di inventarci forme di collaborazione. L’ovadese, ad esempio, ne avrebbe un gran bisogno: siamo un territorio con una logistica invidiabile, e con potenzialità enormi. Eppure da decenni si parla di declino, e si rinuncia a fare: di recente mi sono davvero arrabbiato, quando un tale mi ha detto: rassegniamoci, Ovada è una città dormitorio per operai che vanno a lavorare altrove. Ma quando? Cinquant’anni fa forse: ecco, ho l’impressione che qui da noi, in questa terra dove pure sono nato e che amo tantissimo, ci sia davvero una tendenza preoccupante a vivere nel passato, e ad aspettare che arrivino aiuti chissà da dove, anziché cercare di rimboccarsi le maniche, per fare qualcosa di concreto”.
Ettore Grassano