Non ha bisogno di grandi presentazioni. Max Manfredi è….Max Manfredi. Detesta le etichette, come quella di “capostipite della nuova canzone d’autore genovese”, ad esempio: anche perché Max è sulla breccia da più di vent’anni, quindi proprio nuovo non è, e poi perché……ma lo scoprirete leggendo la chiacchierata. Così come emergerà il suo legame con Alessandria, e il suo essere intellettuale “a tutto tondo”: cantautore, musicista, raffinatissimo “dicitore” e scrittore.
Max, cos’è Alessandria per te?
Alessandria è Ezio Poli, Mariuccia Nespolo, e tutti gli amici dell’Isola Ritrovata. Un punto d’incontro serale e notturno, dove si fa ottima musica, e cultura in senso più ampio, cioè vitalità e amicizia. Un luogo dove si sta insieme, e si possono sperimentare soluzioni nuove. Come la messa a punto e le prove dei concerti del Progetto Dremong: con Matteo Nahum ed Elisa Montaldo faremo una tournée estiva, e poi un cd, spero pronto per l’autunno: sono mie canzoni con il carbonio 14, ossia lette, rilette, edite, inedite, antiche e nuove. Vecchie, mai.
Il tuo ultimo cd di inediti, Luna Persa, uscì nel 2008, e fu targa Tenco 2009 come miglior disco dell’anno. Un capolavoro, all’altezza del resto dei tuoi precedenti, tra cui un’altra perla che non ha tempo, come L’Intagliatore di santi, che è del 2001. Cos’hai fatto in questi ultimi anni?
Perché, scusa, tu cosa hai fatto? Cosa abbiamo fatto tutti? Io mi sono dedicato a tutto ciò che prevede una professione picaresca come la mia, e che da sempre ho scelto di svolgere a tempo pieno. Ho scritto, pensato, letto e riletto, riscritto e limato. Ora ho un bel “pugno” di inediti (non tutti recentissimi, peraltro), e spero di realizzare un nuovo cd per l’autunno, in cui ci sarà spazio per alcuni dei miei “classici”: e sul mio profilo facebook si accettano consigli!
La canzone capolavoro scritta “di getto”, in 20 minuti e magari su un foglietto volante, è quindi un mito?
Può succedere, soprattutto da giovani. E’ successo anche a me di scrivere canzoni di getto. Ma i miei testi, come le musiche, sono in genere frutto di ampie riletture, rivisitazioni, ripensamenti. Oggi più che un tempo. E lo stesso vale per i tre libri che ho scritto finora: che sono riflessioni in campo lungo, frutto di un’elaborazione di pensiero e parola che non conosce fretta. Del resto, questo è uno dei vantaggi di chi non fa parte dell’ingranaggio del circuito commerciale: nessuno mi impone un ritmo per la mia produzione.
Amore di Dublino di recente è stata premiata dai lettori/ascoltatori de Il Fatto quotidiano. E’ una canzone “spiazzante” al primo ascolto: molto bella, ma anche molto poco “manfrediana”. Concordi?
Hai citato il primo tassello di un progetto POETICO – musicale che sto sviluppando in collaborazione con Giorgio Li Calzi, musicista e produttore torinese, coautore del pezzo. Anche in questo caso il risultato finale sarà un cd: vedremo se uscirà prima questo, o l’altro. Sicuramente saranno due opere molto diverse tra loro.
Max, spesso ti si cita come l’erede di De André, e il capostipite della nuova canzone d’autore genovese: confermi o smentisci?
I giornalisti amano le etichette, a costo di essere superficiali. E’ esistita una scuola genovese, in senso classico? Forse sì, nel suo senso etimologico, ma allora esisteva anche un mercato discografico vero. Oggi il mercato è un colabrodo, e paradossalmente il numero dei musicisti si è moltiplicato. Peccato che in questa baraonda le cose migliori, spesso, vanno sommerse. E non sto riferendomi a me.
Ettore Grassano
Le foto, tratte dal sito www.maxmanfredi.com, sono di Guido Castagnoli.