I numeri prima di tutto, per dare concretezza al fenomeno: il dipartimento di Salute mentale e Dipendenze patologiche dell’Asl provinciale di Alessandria ha complessivamente in cura quasi 13 mila persone. Precisamente (dati aggiornati a fine 2012) parliamo di 9.612 pazienti sul fronte della Salute mentale, e di circa 3.000 per il Sert. “Dislocati e naturalmente curati in maniera sostanzialmente uniforme nei nostri vari distretti sanitari – sottolinea Luigi Bartoletti (nella foto), direttore del dipartimento – e direi in linea, a livello di percentuali, con il resto del Paese”. Dati assolutamente importanti e significativi, dietro i quali c’è un’organizzazione capillare di strutture e professionalità fortemente integrate, poiché per queste patologie, più che per altre, è assolutamente impossibile per “compartimenti stagni”, ed esistono senz’altro percorsi di cura, ma non una ricetta standard uguale per tutti, come se si trattasse di operare un femore o asportare le tonsille, insomma.
“Sul fronte della Salute mentale – spiega Bartoletti – abbiamo percorsi diversificati: da quelli propriamente clinici (visite psichiatriche, colloqui individuali, terapie di gruppo, ecc) alle attività riabilitative. Il baricentro è il Csm (centro di salute mentale, appunto), che ha 7 sedi operative in tutti i distretti della Asl provinciale, e poi ci sono i reparti diagnosi e cura, per trattamenti di ricovero in emergenza (a Casale, Novi e Alessandria)”. Per quanti attiene alla riabilitazione, invece, esistono 4 livelli di assistenza, in rapporto all’intensità di cura necessaria: si va dalle comunità di tipo A (quelle che prevedono il massimo di assistenza, e presenza di personale specialistico), a quelle di tipo B (come la comunità di Voltaggio, gestita direttamente dalla Asl), che sono sempre strutture di tipo residenziale, poi le comunità alloggio, e gli appartamenti. “La differenza sta appunto – sottolinea il direttore del Dipartimento – nella diversa intensità del percorso riabilitativo, e assistenziale. Ma siamo sempre, e in ogni caso, in un’ottica di comunità aperta, diciamo pure di impostazione basagliana e post basagliana”. Un percorso basato insomma sulla negazione, e il superamento, del vecchio manicomio, inteso come struttura coercitiva, e statica: “le nostre strutture non possono mai, in ogni caso, ospitare più di venti pazienti, e mai per più di due anni nello stesso posto: il percorso clinico di ognuno insomma viene costantemente rivisto, e aggiornato”. Essenziale, poi, è il coinvolgimento dei famigliari dei pazienti, là dove possibile: “chiaramente da loro può arrivare spesso un contributo essenziale, poiché il nostro personale, per quanto straordinario, non può essere sempre presente, a 360 gradi e 3565 giorni all’anno: per questo famiglie, e associazioni di famigliari, svolgono un ruolo centrale”.
Impossibile, naturalmente “riportare” le tante tipologie (e cause) di disagio mentale ad un’unica matrice: esiste una vastissima fenomenologia, e ogni caso finisce per fare storia a sé. “Sicuramente – sottolinea Luigi Bartoletti – in momenti di crisi sociale come quello che stiamo vivendo constatiamo però una crescita del disagio, e delle richieste di aiuto: e una capillare copertura del territorio, come quella che riusciamo ad offrire, è assolutamente essenziale”. Anche qui, parlano i numeri: nel 2012 sono state erogate 85 mila giornate di assistenza territoriale, e effettuate più di 36 mila visite. “Tutto ciò grazie all’impegno di circa 300 dipendenti dell’Asl che fanno riferimento al dipartimento di Salute mentale, Sert incluso”.
Già, il Sert. Che non è solo “il posto dove distribuiscono il metadone ai tossicodipendenti”, come da vecchi stereotipi. “Parliamo di una struttura articolata in tutta la provincia – spiega Bartoletti – e nata ormai più di vent’anni fa, in applicazione della legge 309 del 1990, che stabilisce i percorsi di prevenzione, cura e riabilitazione da erogare sul territorio. I Sert sono presenti in tutti e sette i distretti provinciali, e si occupano delle dipendente ‘storiche’, chimiche e comportamentali”. Ossia da un lato le droghe (eroina, che sta tornando di moda sia pur inalata e non più “per vena”, cocaina, ecxtasy, allucinogeni, ma anche alcolici), dall’altro le patologie comportamentali, con particolare riferimento al gioco d’azzardo e alla nuova “dipendenza”, quella da Internet.
“Complessivamente – continua il direttore – il Sert ha in cura circa 3.000 persone, di cui circa 2.200 per dipendenza da droghe ‘classiche’ (sia pazienti ‘cronicizzati’, che venti-trentenni), e 700-800 per abuso di alcolici (ma si calcola che solo 1 persona su 10 con problemi di questo tipo si rivolga al Sert: e sono in preoccupante crescita, tra i ragazzi, coloro che finiscono al pronto soccorso dopo performances di binge drinking, ossia assunzione di 5 i più superalcolici a distanza molto ravvicinata, per gioco tra amici)”. Numericamente marginali, ma comunque significativi, coloro che chiedono aiuto per la dipendenza da web (“di solito con abbinati problemi di personalità”) e da gioco d’azzardo. Mentre al Sert finiscono anche, talora, gli automobilisti che vengono sorpresi alla guida ubriachi: “in quei casi si intraprende un percorso riabilitativo, che tiene naturalmente conto del livello della dipendenza: un conto è chi soffre di problemi di alcolismo, un conto colui che viene sorpreso per la prima volta ‘ubriaco’ alla guida”.
Ettore Grassano