In un momento di stanca, il paese delle mezze verità e delle mille certezze ha riscoperto il piacere di un guizzo di rinnovata energia, rispolverando, con la lungimiranza dei pochi, un temine archiviato da tempo dagli uomini del nostro presente politico e della filosofia da bottega. Una botta di vitalità, giusto per ridare nuova linfa ad un lessico desideroso di ricostruirsi una verginità post elettorale. Saggezza.
Termine riesumato proprio per imprimere un ritmo più imperiale a un potere traballante dal punto di vista della comunicazione, oltre che per consolidare le mura instabili della nostra attualità di stato. Come recita un qualunque vocabolario, la saggezza è la capacità di valutare e affrontare le situazioni della vita con ragionevolezza e prudenza. Saggi, coloro che devono rielaborare, per il bene comune, idee ed esperienze in concetti correlati. Sono dieci, costoro. Nominati dal Presidente della Repubblica al fine di dare lustro a questo inatteso impulso pre-pasquale, e grazie al quale è possibile riscoprire il ruolo assunto fin dalle antiche civiltà da chi, al timone della barca, guidava le proprie genti tra i marosi del turbinio sociale. Oppure che spianava l’irto percorso della vita cercando di renderlo meno insidioso possibile, più etico e morale, giusto per condurre l’esistenza propria o della collettività sul filo del più autentico e profondo valore dell’essere. Perché saggezza è anche sinonimo di Pensiero Illuminato, di Spiritualità…
E qui, alla battuta numero 1474, mi perdo, incomincio a tentennare sulla tastiera, a brancolare nel buio dei pensieri improvvisamente oscuratisi. Scivolo. Perdo la presa. Crollo dalla nuvoletta dove brillano i principi, stramazzo a terra, nel mio piccolo regno dove governa austera la malevola estraneità. Mi richiama all’ordine e mormora …doveminchiaseiandatoafinire? E incomincia a instillare il dubbio, vigliacco e prepotente, mellifluo e traditore, quell’ennesimo tarlo che, non risolto, spinge lontano, scivola sul tappeto viscido che ricopre le tracce della nostra umana esperienza. Dieci, mi sento bisbigliare, sono i saggi con il compito di salvare il destino della patria.
Dieci, neanche pochi. Li visualizzo, uno accanto all’altro. Se andassero tutti insieme al ristorante dovrebbero prenotare per essere certi di mangiare. Quasi un esercito del pensiero. Dieci saggi noti. Addestrati a illuminarci con teorie e citazioni. Bocche graffianti. Un po’ antipatici. Scontrosi. Figli del …iolasopiùlungaditutti. Esperti in spumeggianti conversazioni alla corte di Sua Grazia il Talk Show Televisivo. Saccenti più che saggi. Dieci. Quando invece le grandi civiltà si sono basate sul pensiero di uno solo. E quell’uno ha meritato l’appellativo solo quando l’agire pratico e intellettuale da lui ispirato ha dato i suoi frutti segnando profondamente il percorso dell’evoluzione umana. Saggi. …parola grossa. La saggezza è un merito, un brillio della mente e dell’anima. Non una nomina nei riti del Venerdì Santo. O la consegna di un papiro da Cavaliere del Lavoro, o di una medaglia da eroe di guerra.
Dieci uomini, voi che siete saggi a voi mi rivolgo, con la mente lacerata da un mistero che non trova soluzione nemmeno appellandomi ai grandi dell’investigazione e delle udienze in tribunale. Dove siete stati finora a nutrire e perfezionare la vostra illuminanza? Dove eravate mentre neanche troppo anonimi borseggiatori ci privavano dei nostri beni materiali, ambientali e culturali? L’educazione prevede un benvenuto ai saggi (tutti declinati rigorosamente al maschile), anche se li sappiamo capaci di far brillare parole dal significato profondo quanto inafferrabili e scivolose sui lucida labbra. Parole essenziali pronte a essere svuotate dei loro visceri creativi per finire, sterili, nell’angolo della retorica, abbandonate come sacche rammollite.
Morale. Meglio non bere per dimenticare. Non è saggio.
Però di fronte allo sbalordimento prodotto da certi eventi, possiamo cercare rifugio nella lettura. Magari incominciando, per assonanza matematica, da Dieci Piccoli Indiani. E anche perché in quelle pagine si accende la speranza. Racconta di dieci personaggi in una villa lussuosa su Nigger Island, dove la morte li attende per falciare le loro anime misteriosamente colpevoli. L’arcano complottato dal genio criminale di Agatha Christie, alla fine viene svelato, da lei stessa per interposta persona, come compete agli autori più estrosi. E come nella miglior tradizione della narrativa gialla il finale consolatorio ricompone il quadro di relazioni e rimette tutti i tasselli al loro posto. Con buona pace per tutti, dopo la giusta punizione per il colpevole. La stesso finale capace di stupirci che chiediamo ai dieci piccoli saggi.