di Giancarlo Patrucco
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Credo che la situazione relativa al governo, poco prossimo e molto venturo, sia emersa chiara dall’ultimo, disperato giro di consultazioni del Presidente della Repubblica e dalle sue conseguenti comunicazioni ufficiali.
Due le variabili teoriche in campo:
– governo politico, con le multiformi variabili di “larghe intese”, maggioranza, minoranza con appoggio esterno ecc…
– governo istituzionale, anche qui con le caratterizzazioni di governo del Presidente, governo di scopo, governo di riconciliazione nazionale ecc…
Della possibilità di far emergere dal blocco tripartito uscito dalle urne un’intesa fra almeno due, se non tutti i gruppi equivalenti, si è già detto il dicibile e udito l’udibile.
Grillo non ci sta. Coi modi educati e forbiti che gli sono propri, dal suo blog ha fatto sapere a più riprese che i partiti possono andare a… O governo 5 stelle o niente. Il Parlamento può funzionare anche senza.
Berlusconi, invece, una disponibilità la offre, ma solo a un governo politico che abbia dentro il PD. Lo ama così tanto che col PD vorrebbe scegliere – meglio prima che dopo – anche il nuovo Presidente della Repubblica. E’ talmente interessato alla questione da lasciar passare in secondo piano il nome del Presidente del Consiglio. Bersani? Bersani. Renzi? Renzi. Meglio ancora.
Per fare cosa? Beh, santo cielo, c’è un Paese da risollevare dalla catastrofe economica prodotta dal governo Monti. Curiosamente, dopo aver sparato a zero su Monti e sul governo dei tecnici, Berlusconi apre anche al “professore”. Ma, si sa, Silvio è uomo di cuore e Monti ormai è un capo-partito. Di minoranza.
Bersani, durante i suoi lunghi ed estenuanti colloqui, trova il tempo per ribadire che il PD non è disponibile. Parla di proposte irricevibili, mentre i suoi spiegano l’inghippo in cui il PdL vorrebbe trascinarli: la scelta di un Presidente della Repubblica di garanzia pare fatta apposta per garantire prima di tutto Berlusconi nella tempesta giudiziaria che sta attraversando; il PdL non sarà mai disponibile a un cambiamento vero, ma traccheggerà a spese del PD per poi giocarsi la carta delle elezioni anticipate e farne un boccone solo.
Il PD vuole suicidarsi? Non se ne parla nemmeno.
Dopo che Bersani è sceso dal Colle, a Napolitano non resta che la carta istituzionale. Un governo del Presidente, a cui chiamare i partiti nelle forme che crederanno più opportune. Lungo quanto richiede lo sfacelo del Paese, se si potrà. D’emergenza, per fare le cose ineludibili e andare al voto la primavera prossima, se non si potrà.
Ma, qui interviene lo stop del PdL. Berlusconi lo dice con chiarezza, dopo essere uscito dal colloquio col Presidente: Il PdL è sempre per un governo politico, sostenuto anche dal PD (e da Monti). E’ dunque contrario a qualsiasi altro tipo di governo istituzionale o tecnico che dir si voglia.
La Presidenza della Repubblica? Beh, sì – dicono i suoi – nel percorso c’è anche quella scelta e il PdL non intende lasciarsi tagliar fuori. Anzi, rivendica con forza ancor maggiore il suo diritto di dire una parola.
Decisiva.
Il ritardo con cui Napolitano convoca i media sta tutto qua, nel tentativo di trovare una via d’uscita dal cul de sac dove l’han messo. L’annuncio della costituzione di due gruppi di “saggi” è la riprova della sua difficoltà, ma anche la testimonianza del suo non volersi arrendere, nonostante le voci di dimissioni anticipate avessero girato molto ieri e trovino oggi qualche conferma del pensiero che deve averci fatto.
Come potrà sbrogliare la matassa? Cominciamo col segnalare un aspetto stranamente trascurato da molti media: i saggi saranno impegnati in due percorsi paralleli, istituzionale e di governo, esattamente come prevedeva Bersani nel suo progetto. Aggiungiamo, ancora, ciò che Napolitano ha precisato relativamente ai tempi di lavoro dei “saggi”: una decina di giorni. Se vi fate due conti, vi accorgerete che quel tempo scadrà proprio in coincidenza con l’avvio dell’iter parlamentare per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
A questo punto possiamo concluderne che tutti questi giri di consultazione una cosa almeno l’hanno dimostrata: il nesso tra formazione del governo ed elezione del Capo dello Stato. Nesso talmente stringente, e non solo per il PdL, da convincere Napolitano a giocare le due partite in contemporanea. Anzi, se proprio dobbiamo precisare, privilegiando quest’ultima.
Di qui se ne può (forse) uscire smazzando le carte e iniziando una nuova mano. Per vincerla occorrerà comunque incastrare due carte pesanti, che oggi non hanno mancato di rumoreggiare. Il PdL dovrà ottenere la garanzia che cercava e, in cambio, dichiarare la sua disponibilità a sostenere un governo del Presidente. Il PD dovrà ottenere il riconoscimento della sua più completa estraneità ad un’alleanza col PdL, anche col ricorso all’appoggio esterno al governo, pur partecipando del percorso istituzionale. Solo così, Napolitano potrebbe spacchettare i “saggi” e rinviarli alle Camere.
Ma siamo sicuri che toccherà a lui? L’ombra del nuovo Presidente di garanzia incombe già lungo il tracciato. Oppure è l’ombra delle elezioni anticipate?