di Ettore Grassano
Bersani ci prova, ma quante probabilità ha di riuscire a dare al Paese un governo forte e stabile, in grado di affrontare con decisione i grandi temi di politica economica senza i quali l’Italia è destinata ad un naufrago “greco”? A me pare pochissime. Lo scenario politico nazionale uscito dalle urne è imbarazzante, e un mese dopo le urne i soliti noti sono ancora lì a raccontarsela, mentre la barca affonda.
Berlusconi e Bersani, Bersani e Berlusconi. Mentre per il colle, Romano Prodi dietro le quinte scalda i muscoli. Benvenuti negli anni Novanta: il Paese che procede verso il futuro sognando un passato che non tornerà continua a guardare ai vecchi, logori riferimenti, come se girar pagina fosse impossibile. Conseguenza, io credo, del fatto che i quaranta trentenni, anche nella società civile e professionale, si guardano bene dal pretendere di assumere il pieno controllo della (difficilissima) situazione, e lasciano volentieri il “pallino” in mano ai padri, nel frattempo divenuti nonni.
La piazza berlusconiana di sabato era patetica: i media (che Silvio peraltro ha tutti contro in maniera partigiana, a parte quelli che controlla personalmente) hanno certamente “calcato la mano”, presentandoci i personaggi più imbarazzanti, le macchiette. Epperò pensare che ancora si debba star qui a urlare “forza Silvio”, o a presentare un abilissimo imbonitore imbolsito come vittima del sistema fa davvero cadere le braccia. Ma perché succede? Perché, nonostante un contesto favorevolissimo, il consenso del centro sinistra, in termini assoluti, decresce di elezione in elezione? Forse qualche risposta sarebbe il caso di trovarla, no?
In ogni caso, siamo in un cul de sac. Le regole impongono che questo Parlamento, prima di sciogliersi (non vedo come si possa pensare diversamente: vi immaginate cosa potrebbe succedere nei prossimi 12 mesi nel Paese reale, con questa situazione di litigioso immobilismo politico?), elegga il presidente della Repubblica. Ma ce la faranno, a trovare una figura così super partes e credibile da accontentare, se non tutti, comunque una maggioranza dignitosa? E, già che ci siamo, è il caso di ripensare anche il Porcellum? Rifare la legge elettorale a ridosso delle elezioni è prassi da “repubblica dele banane”, l’ho sempre pensato e lo penso ancora. Ma siamo ancora una volta in una situazione di vera emergenza, tanto per cambiare.
Auguriamoci buona fortuna, e magari, al prossimo giro, cerchiamo di generare, ognuno per quel che può, un cambiamento vero, ma basato su proposte e competenze, e non solo su giovanilismo o nuovismo: in caso contrario, si moltiplicherà il processo migratorio degli italiani migliori. Fenomeno già ampliamente in atto, e ne riparleremo.