Titolo non solo impegnativo ma addirittura presuntuoso alla lettura. Al termine dell’esposizione sarete di avviso diverso.
Il caso Alessandria può essere un esperimento dove studiare un percorso che riesca a salvare le regioni, le province, i comuni che altrimenti saranno prima o dopo spacciati e cadranno come birilli sotto il peso della mala gestione che nei decenni si è operata. A prescindere dalle responsabilità che purtroppo sono il risultato di una politica multicolore, nessuno escluso.
L’idea di quest’analisi è sorta la mattina dopo l’incontro avvenuto in comune la sera di giovedì 28 febbraio. Ripensando a quanto, quasi alla fine della riunione, dopo l’esposizione del sindaco sul piano Aspal e dopo i flebili commenti dei rappresentanti sindacali colpiti e increduli sulla durezza della realtà appena ascoltata, disse il ragioniere capo Zaccone: dobbiamo parlare del futuro, in comune entrano 93 milioni di euro e ne devono uscire solo altrettanti 93 milioni. Regola contabile riconfermata in Prefettura il 18 marzo al pomeriggio.
Una normale ovvietà nella vita comune, direte! Evidentemente non così nel recondito pensiero che si ha della cosa comune e nella tradizionale e consolidata amministrazione dell’ente pubblico.
Da sempre, tutti e ancora di più i politici, le parti sociali e il comune sentire pensano che le normali regole amministrative, contabili ed economiche, valgano per tutto ma non per le casse pubbliche. Quasi s’immaginasse che il comune, come una semplice bottega, abbia il cassetto dei soldi ed ogni mattina il ragioniere possa li pescare il contante necessario per sostenere qualunque spesa a seconda dei più bizzarri e vari umori di chi amministra. Così evidentemente e per fortuna non è!
Iniziamo allora questo progetto, rinfrescando a tutti in estrema sintesi come funziona la contabilità pubblica sotto l’aspetto delle risorse a disposizione e di come si possono e devono utilizzare. Le fonti di finanziamento si possono suddividere in sommariamente in tre macro categorie:
• i finanziamenti destinati per legge a particolari servizi (es i trasporti pubblici locali),
• i finanziamenti vincolati a particolari ed esclusive opere (es il ponte Meier),
• i trasferimenti disposti dallo Stato e dalla Regione, frutto della distribuzione derivante dalla fiscalità generale, a disposizione del comune per le attività che il Consiglio Comunale deciderà. Più gli introiti derivanti da tasse e tributi locali, a totale o parziale, disponibilità del comune, in parte vincolati da norma di destinazione (es la Tia) e per altra parte liberi e che sempre il Consiglio Comunale destinerà.
Ecco, dalla descrizione si ricava che i fondi in qualche modo vincolati assolutamente non possono essere distratti dalla loro destinazione e gli altri invece sono a disposizione per coprire le spese generali e per gli altri servizi che il comune deve garantire o decide di attivare. Come si fa a destinare ordinatamente tutti i fondi alla loro legale utilizzazione? Attraverso un documento contabile chiamato Bilancio di Previsione. La Giunta lo predispone e presenta per la discussione e approvazione al Consiglio Comunale.
Una volta approvato, esso diventa il vincolo contabile che globalmente destina in modo preciso i fondi disponibili alle varie utilizzazioni in esso stesso deliberate. E’ un documento fondamentale. Deve chiudere in pareggio. Ogni variazione di destinazione, eventualmente possibile, deve essere riapprovata, entro un termine stabilito da norma, dal Consiglio Comunale.
Questo è il sistema previsto dalla legge che disciplina le entrate, le uscite e l’utilizzo conseguente delle disponibilità finanziarie del comune.
La prima nozione complessiva che tutti, a cominciare dagli amministratori, dai consiglieri e dalle parti sociali sino ai singoli cittadini, devono sapere è proprio quella sopra succintamente descritta. Solo così tutte le discussioni sull’amministrazione del comune, e cioè dei beni di tutti, saranno coerenti con la norma e il possibile.
Altra nozione da conoscere è che il comune è un dispensatore di servizi alla città e ai cittadini. Alcuni indispensabili, altri essenziali e altri ancora discrezionali. I servizi possono essere garantiti e dispensati direttamente dalla macchina comunale, da aziende speciali e istituzioni, da consorzi e altre forme di comunità formate da più comuni, da aziende pubbliche partecipate dal comune, da aziende private tramite convenzioni e appalti.
IL CASO ALESSANDRIA
Veniamo ora al caso concreto cui è purtroppo protagonista la città di Alessandria.
La città è stata formalmente dichiarata in dissesto finanziario sino all’esercizio chiuso il 31-12-2011. Ciò comporta l’estromissione dell’amministrazione corrente dalla gestione dei bilanci approvati sino a tale data, con particolare riferimento ai debiti e crediti maturati nell’esercizio 2011 e ai residui passivi (debiti) e residui attivi (crediti) maturati negli esercizi pregressi, riservata a tre Commissari nominati con DPR che compongono l’Organismo Straordinario di Liquidazione. Si tratta in pratica di una procedura simile alle procedure concorsuali (amministrazione controllata e fallimento).
L’OSL estromette l’amministrazione comunale dal gestire il pregresso al 2012 e si occupa di ricevere, verificare e quantificare le insinuazioni alla massa passiva (debiti), gestire e introitare i crediti (residui attivi) e, quantificato l’ammontare dei debiti pregressi, predisporre un piano di soddisfacimento utilizzando i crediti introitati più le altre disponibilità da richiedersi al comune (vendita patrimonio disponibile, avanzi di gestioni successive, ecc.).
I motivi del dissesto sono da ricercare nei debiti riferiti alla spesa corrente e non a quella relativa a investimenti ed alla impossibilità di continuare a garantire i servizi. In grande parte i debiti del comune sono verso le sue stesse aziende partecipate più il consorzio socio assistenziale (quantificati in 78 milioni dalla Corte dei Conti).
La situazione è inoltre aggravata dal mancato rispetto del patto di stabilità interno (dovuto al rispetto da parte dello Stato degli accordi e impegni europei) che comporta per il comune, sanzioni pecuniarie, diminuzione dei trasferimenti di risorse statali, divieto di accendere mutui per investimenti e divieto di assumere personale.
Le colpe dello splafonamento delle spese risalgono a vari esercizi pregressi, sono trasversali e da attribuirsi a vari fattori e attori (amministratori, dirigenti, amministratori di società partecipate, parti sociali, singoli) ognuno con le proprie responsabilità e in misura ovviamente diversificata ma, si potrebbe dire: chi non ha peccato scagli la prima pietra! Comunque, scopo di questo scritto non è quello di ricercare le colpe, ma descrivere la situazione attuale e proporre un rimedio.
Dall’1-1-2012 il comune è libero dai debiti pregressi (residui passivi) ma è anche privo della disponibilità dei crediti pregressi (residui attivi). Pertanto inizia l’esercizio 2012 disponendo solo delle entrate correnti (i famosi 93 milioni di prima) per coprire le spese correnti per il suo funzionamento e per la copertura dei servizi da garantire (indispensabili) più tutti gli altri (essenziali) e forse i discrezionali.
Il comune è pertanto tenuto dal 2012 a predisporre un bilancio di previsione stabilmente riequilibrato (entrate correnti = spese correnti) per rientrare nella normalità finanziaria e agire di conseguenza nei fatti spendendo, d’ora in poi, solo quanto è in sua disponibilità recuperando la virtuosità dovuta nella sua gestione.
Più volte si è ricordato che il comune eroga dei servizi e per definizione economica ed effettività organizzativa i servizi si erogano principalmente attraverso la forza lavoro dedicata che ne rappresenta il costo preponderante rispetto agli strumenti impegnati. Ora negli anni per convenienze varie, in massima parte di assicurazione del consenso politico elettorale, il sistema preposto alla gestione e distribuzione dei servizi (organizzazione comunale, aziende partecipate, ecc.) è strutturalmente sovra dimensionato proprio nella componente addetti.
Pensare di riportare l’organizzazione a rientrare in parametri di costo più consoni alla reale necessità di garantire i servizi, in un tempo breve, è palesemente irrealizzabile se non a costi sociali altissimi rappresentati da licenziamenti collettivi di alcune centinaia di lavoratori diretti e indiretti, con una depressione del tessuto economico e sociale locale che si aggiunge alla difficile congiuntura nazionale.
Fatte queste considerazioni, le strade da percorrere sono molto strette e difficili. Valutato se nel bilancio esistono spese per beni e servizi materiali che si possono comprimere a favore di spese per addetti, rimane solamente il cercare nuove entrate.
Sotto l’aspetto tasse e imposte sono ormai al massimo per via della legge sul dissesto e non è in pratica possibile aumentarle, vi sarebbe una possibilità di aumentare la copertura dei costi per i servizi a domanda individuale. Ma l’aumento del costo comprime la domanda e quindi non si realizza nei fatti l’aumento.
L’unica strada rimane quello di ottenere una consistente entrata straordinaria tipo un mutuo almeno decennale se non ventennale come già esisteva nella legge del dissesto, concesso dalla Cassa Deposito e Prestiti, da poter utilizzare in parte per soddisfare i debiti della procedura del dissesto e in altra importante parte per coprire le spese correnti annuali sino a raggiungere l’equilibrio di bilancio: entrate correnti = costi di esercizio. Da utilizzarsi anche per fare i necessari investimenti per raggiungere, in un secondo momento, i risparmi. Esempio: se devo risparmiare in bollette corrente elettrica pubblica, devo poter acquistare e installare pannelli fotovoltaici. Spendo ora ma risparmio energia per gli anni futuri e recupero investimento ed economizzo spesa corrente.
Fermo restando che il tutto deve portare a una riorganizzazione e ristrutturazione dei servizi e delle strutture che materialmente lo erogano in efficienza, efficacia ed economicità del sistema Comune e costantemente monitorato dai Ministeri competenti.
Una manovra assolutamente rigorosa e seria, con finanziamenti da rimborsarsi a carico del Comune e quindi sopportati dalla collettività.
Occorre costruire un provvedimento amministrativo – normativo che autorizzi tale soluzione e ne rappresenti la fonte normativa valida a tutti gli effetti contrattuali, civili, del lavoro, amministrativi ai sensi e per gli effetti del “Capo III dell’inadempimento delle obbligazioni” c.c., per dare modo di rinegoziare tutti i contratti a suo tempo sottoscritti e non più sostenibili senza pagare le eventuali penali:
• locazioni passive,
• forniture di beni e servizi,
• contratti di servizio,
• contratti di lavoro decentrati,
• ecc.
In modo da permettere al comune in senso allargato, compreso partecipate e consorzi, di riposizionarsi sulla base delle sue reali esigenze e possibilità.
Questo progetto, lo discuteremo, lo condivideremo, con i nostri eletti del Piemonte per portarlo il più presto possibile a Roma. Confrontarci, tramite loro, con i tecnici dei Ministeri, del Governo attuale o futuro e del Parlamento per farlo diventare un possibile provvedimento normativo (es Decreto legge) da far approvare.
Come si diceva, non un provvedimento solo per Alessandria (sarebbe una illusione una legge apposta) ma per tutti i comuni in difficoltà che, avendo situazioni disastrose, potrebbero dichiarare ufficialmente il dissesto e sottoporsi a tutti i controlli e accettare di divenire virtuosi per riposizionarsi nel buon governo e nella legalità economica pubblica. Nel provvedimento deve essere ben chiaro che il non raggiungimento del bilancio riequilibrato in modo stabile entro un termine dato e concordato col Ministero vigilante costantemente è causa di ineleggibilità degli amministratori (politici) alle future elezioni di qualunque consesso, e di esclusione dalle responsabilità amministrative di qualunque ente pubblico (assessori e dirigenti). Questo per evitare i “furbi” che potrebbero considerare conveniente dichiarare un futuro dissesto per ottenere finanziamento altrimenti non possibili e continuare a sperperare come prima.
Alessandria potrebbe diventare l’esperimento per vedere se il sistema funziona. Una specie di “comune pilota”.
Il ridimensionamento dei posti di lavoro almeno nel brevissimo e medio periodo ci sarebbe lo stesso, ma concedendo il tempo di riassorbire la forza lavoro in più che si potrebbe utilizzare per attività utile in altri campi.
Il dramma è che fare tutto e subito, com’è oggi dettato dalla legge dissesto, porta alla distruzione di un intero tessuto cittadino e di un’intera comunità.
Il pericolo arriva non solo dal sindaco e dalla giunta, ma molto dipende dagli stessi CdA delle partecipate che in carenza di copertura finanziaria del socio unico o maggioritario (comune Alessandria) non si assumeranno più la responsabilità di tenere dipendenti al libro paga. Pena risponderne personalmente per danno erariale davanti alla Corte dei Conti.
Gruppo tecnico Bilancio M5s – Alessandria