Non era per niente scontato che finisse così, ma alla fine i soci hanno deciso (a maggioranza, 285 contro 242) di crederci ancora, e di concedersi altri 12 mesi di tempo per raggiungere il traguardo: 5 milioni di raccolta, ossia il capitale minimo necessario (secondo la nuova normativa della Banca d’Italia) per costituire la Banca di Credito Cooperativo del Tortonese.
Sabato pomeriggio l’assemblea, rappresentativa dei circa 1.800 soci, si è svolta con toni estremamente civili, all’insegna di un confronto sui contenuti.
Ma con un esito tutt’altro che certo, poiché da mesi, in maniera più o meno sotterranea, lo scetticismo nei confronti del progetto, in pista ormai da qualche anno, stava crescendo: frutto in parte di rispettabili valutazioni di mercato, in parte anche di interessi personali e “di bottega” che via via si sono sviluppati e sovrapposti.
Ma serve, oggi, una nuova banca al territorio non solo tortonese, ma alessandrino e provinciale in senso più lato? Come il pane, verrebbe da dire, anche se forse si tratterebbe di retorica eccessiva. Però pensate allo scenario: sul territorio abbiamo una pletora di sportelli bancari interessati quasi esclusivamente a “rastrellare” denaro, e con i rubinetti pressoché chiusi di fronte a richieste di mutui per l’acquisto di una casa, o ancor più per fare impresa.
Negli Stati Uniti, se chiedi soldi in prestito, le istituzioni finanziarie ti chiedono di valutare l’utilizzo che ne farai: e se il tuo progetto li convince, non solo ti finanziano, ma ti chiedono in cambio non la restituzione del denaro, ma di diventare soci.
Da noi, lo sappiamo bene, per prestarti 100 ti chiedono di dare garanzie per 150. Ossia ti prestano solo ciò che hai già, e anche lì con mille difficoltà.
Da tempo questo disastrato, dissestato e morente territorio non ha più una banca, e dietro al marchio della “ex numero uno qui da noi” di alessandrino è rimasto ben poco.
Quindi la risposta è assolutamente sì: se non solo il tortonese, ma tutta la nostra provincia vogliono poter guardare al futuro ancora con fiducia e slancio, e scommettere davvero sul superamento di questa crisi feroce, una banca del territorio è assolutamente auspicabile. E il sistema del credito cooperativo (che pure ha i suoi limiti, e non è in assoluto esente dai difetti del resto del nostro sitema del credito) è comunque la leva migliore, per tanti motivi, su cui si deve puntare per dare una risposta alle esigenze del mondo della piccola e media impresa diffusa, e dell’artigianato.
Ora scatta il conto alla rovescia: 12 mesi, per raccogliere i meno di due milioni di euro “mancanti” (ma ogni socio non può superare i 50 mila euro di capitale). Un traguardo assolutamente raggiungibile.