E’ sempre bufera sulle partecipate del comune di Alessandria. Anzi, man mano che passano i giorni, e le settimane,il clima di incertezza e le decisioni comunicate (e forse prese) a “spizzichi e bocconi” non fanno altro che “avvelenare” ulteriormente il clima, già pessimo, di Palazzo Rosso e dintorni.
Non so se siano vere le voci da “manuale Cencelli” che circolano sulla nuova giunta, ma mi auguro davvero di no, perché sarebbe un segnale di totale “astrazione” da una realtà che dei partiti, e delle loro mediazioni interne, non sa davvero più che farsene.
Mentre incombe lo sciopero generale dei dipendenti di Palazzo Rosso e partecipate del 22 marzo, nelle cronache quotidiane tiene banco Amiu, con voci, addirittura, che parlano di possibilità di sede all’asta, per far fronte ad ingiunzioni di pagamento dei creditori.
In realtà Amiu fornisce un servizio essenziale, e non può chiudere, esattamente come un ospedale. Però tra questo principio, e la difesa ad oltranza dello status quo, con tutte le sue incrostazioni, ce ne passa. E’ vero o no, come sostenuto da tanti, che esistono in quella struttura (192 persone, di cui una cinquantina negli uffici) stipendi di funzionari spesso sovradimensionati, rispetto ai contratti di categoria? E quelle famose “consuetudini e abitudini” contestate dal sindaco Rossa, di fatto in cosa consistono? Davvero ci sono notturni che scattano alle 20 anziché alle 22, e figure che non sono tenute al rispetto degli orari, e che hanno sempre vissuto il loro lavoro in maniera assai “flessibile”? Esistono o non esistono stipendi da 3 mila euro netti al mese, e oltre? Ampie tutele a chi lavora, sia chiaro. E chiunque prenda in gestione il servizio per un anno, in attesa della famosa gara, si faccia carico della piena occupazione. Però magari, appunto, se nel frattempo si approfittasse della situazione per dare anche una bella “regolata” alla macchina e alle sue “distorsioni” (se ce ne sono, chiaramente) non credo che la gran parte degli alessandrini sarebbe contraria.
L’Amiu è una fuoriserie senza benzina, o una carcassa da rottamare?, ci chiedevamo qualche settimana fa. Probabilmente né l’una né l’altra, naturalmente: è un’azienda parastatale a cui il cliente principale (il comune di Alessandria) deve una montagna di soldi, e questi crediti di fatto non esigibili l’hanno portata al collasso, e alla procedura di liquidazione. Ma è anche innegabile che un certo lassismo gestionale nel tempo c’è stato, con scelte determinanti, ma certo non sempre in positivo, da parte della politica locale. Cambiare spesso strada e strategia (rispetto ai criteri di raccolta in primis: stradale, differenziata domiciliare, mista, di nuovo stradale) ha comportato via via costi crescenti, mentre gira voce che la percentuale della raccolta differenziata reale siano in “caduta libera”: il che espone al rischio di multe milionarie da parte delle autorità preposte, non dimentichiamolo.
L’ex sindaco Fabbio, anche l’altra sera alla ex Taglieria del Pelo, ha insistito: l’accordo con Iren di fine 2012 era cosa buona e lucrosa, e cestinarlo è stata scelta miope. Tant’è che ora si dovrà ricorrere ad un affido del servizio ad un privato in vera emergenza, per un anno, per avviare nel frattempo una nuova gara europea. Due anni persi, insomma, secondo l’attuale capogruppo del Pdl in consiglio comunale. Il punto di vista opposto, lo sappiamo, è che la gara Iren non si poteva non annullare, esistendo una serie di vincoli e patti parasociali “capestro”.
Sia come sia, qui siamo arrivati, e da queste sabbie mobili bisogna uscire, e in fretta. Dipendenti Amiu e sindacati sembrano intenzionati ad alzare le barricate, e ieri pomeriggio in consiglio comunale c’è stata una prima prova “muscolare”: vedremo se ne verranno altre, e quanto invece si tratta di tattica, per ottimizzare, come ovvio che sia, i risultati della trattativa.