La bagarre di giovedì pomeriggio in consiglio comunale è davvero indicativa della situazione esplosiva che Alessandria sta vivendo, e della “tenaglia” dentro cui la giunta Rossa (in attesa del famoso azzeramento, o rimpasto: vedremo) si trova ad operare.
Da un lato i lavoratori delle Partecipate sul piede di guerra, che non ne vogliono sapere di rimettere in discussione alcunché della loro situazione e delle loro aziende, attribuiscono al Palazzo ogni responsabilità per la drammatica situazione in cui si trovano (anche se spesso la stessa è il frutto di scelte e comportamenti di lungo corso), e sembrano pronti allo scontro senza mediazioni.
Dall’altro una minoranza composita (centro destra, 5 Stelle, Udc) che non è intenzionata ad offrire alla maggioranza di centro sinistra il minimo appoggio di fronte all’emergenza, e anzi non perde l’occasione di buttare benzina sul fuoco della crisi, per cui alla fine Piercarlo Fabbio si prende pure gli applausi a scena aperta dei dipendenti Amiu, secondo quanto riferiscono le cronache.
E’ sempre lui, l’ex sindaco, a fare la parte del leone nell’arena del consiglio, anche perché dai 5 Stelle (teoricamente ormai partito di maggioranza in città) non arriva per ora un segnale forte, un progetto chiaro e percepito sulla riorganizzazione di Palazzo Rosso e dintorni. Cosa farebbero se avessero il compito (e l’onere) di governare Alessandria? Riorganizzazione profonda, costi quel che costi, o difesa ad oltranza dello status quo? Posizione, quest’ultima, che mi pare caratterizzare gran parte dell’ormai vasto ed eterogeneo schieramento anti Rossa: dal centro destra (quello alessandrino, appunto) più statalista che memoria ricordi, fino ai consiglieri dei partiti a sinistra del Pd, che non si capisce bene cosa ci facciano ancora formalmente in maggioranza.
Al fianco del sindaco, dunque, rimangono Pd, Lista civica Insieme per Rossa e Moderati. Numericamente (18 consiglieri su 32), più che sufficiente per procedere. Politicamente, un mezzo disastro. Socialmente, l’impressione di un pezzo di città (minoritaria, attenzione. Ma sembra l’unica voce esistente sul territorio: gli altri alessandrini dove sono, e cosa pensano?) presa dal panico all’idea di veder franare un modello professionale, famigliare e sociale (illusoriamente?) costruito su un’unica, granitica certezza: l’inamovibilità, vita natural durante, di chi ha superato una selezione per un impiego pubblico. Come finirà?
Ps: l’immagine è, come sempre, gentilmente offerta da Molotov!