di Andrea Antonuccio.
Dopo l’elezione di Papa Francesco ho tre domande pesanti che mi ronzano nel cervello, e dunque faccio prima (e meglio) a dichiararle senza tanti giri di parole.
La prima. Come si può scrivere qualcosa sul nuovo Papa, senza provare il minimo pudore di fronte ad una persona che è, o pretende di essere, il Vicario di Cristo sulla terra?
La seconda. Che cosa si può dire di veramente interessante e di nuovo su un uomo, Jorge Mario Bergoglio, che i media di tutto il globo in questo momento stanno passando ai raggi X per trovare il difetto caratteriale, la pecca imperdonabile, la connivenza imprudente, e chissà che altro?
La terza. Come si fa a giudicare, con presunzione di aver capito tutto, un evento come l’elezione di un Papa, in cui da oltre duemila anni un personaggio chiamato Spirito Santo pretende di avere l’ultima parola su quella che altrimenti non si spiegherebbe se non come una rilevante questione di potere tra uomini di potere altrettanto rilevanti?
Perdonatemi, ma faccio fatica a rispondere a queste tre domande senza sentirmi inadeguato. Mi viene da pensare con una certa perplessità a chi invece ha già in tasca l’interpretazione giusta, la battuta divertente o il retroscena illuminante; o a chi, senza problemi, applica le proprie consunte categorie di giudizio a qualunque cosa, arrivando a dire che “questo Bergoglio pare sia di area progressista” (Bianca Berlinguer, Tg3 delle 19 del 13/03/2013). Come se il mondo finisse alle primarie del Pd, e “questo Bergoglio” dovesse decidere se stare con Renzi o con Bersani.
L’unico contributo che posso dare, in tutta onestà, è la mia immedesimazione con un uomo di 76 anni che, partito da Buenos Aires portando con sé una valigia per quindici giorni, questa sera ha scoperto di non dover più tornare a casa.
Un Imprevisto lo ha trattenuto a Roma. È l’unica spiegazione, per l’uomo con la valigia. E anche a me, si parva licet, questa sembra essere la ragione più adeguata e convincente. Il resto è chiacchiera del mondo.