Cooperazione: figli di un Dio minore? [Controvento]

Cooperazionedi Ettore Grassano.

L’ultima proposta arriva dal nuovo segretario del Psi alessandrino, Gianluca Bruno, che ipotizza la costituzione di una cooperativa per garantire un futuro ad Amiu (di cui è, tra l’altro, dipendente).

Ma a dar “fuoco alle polveri” è stata, di recente, lo stesso sindaco di Alessandria, Rita Rossa, che senza mezzi termini ha sottolineato, in più di un’intervista (tra cui quella al nostro magazine) l’importanza di non demonizzare i privati, e quel tipo particolare di privato rappresentato dalle cooperative. Settore su cui i riflettori si sono accesi in verità già nel corso della campagna elettorale di Palazzo Rosso di un anno fa, anche se all’epoca con posizioni non poco differenti da quelle di oggi.

Mettiamo però da parte la dietrologia, e cerchiamo di fare chiarezza su qualche aspetto essenziale. Ossia: il sistema cooperativo in Italia è un asset basilare del nostro sistema economico, e non l’anticamera della disoccupazione, o il regno dello sfruttamento, come si vuol far credere, quando se ne parla nell’ambito degli enti locali. Leggetevi questo bell’articolo, che tra l’altro si focalizza in maniera particolare sul caso Piemonte.

Al di là degli aspetti legati alla dottrina sociale della Chiesa, mi pare che siano qui ribaditi alcuni concetti essenziali della cooperazione. E, ricordiamolo, le cooperative in Italia sono attive praticamente in tutti i comparti dell’economia: dall’edilizia alla grande distribuzione, dalla logistica e trasporti all’agricoltura. Oltre, naturalmente, al comparto essenziale dei servizi sociali, e più in generale dei servizi a supporto degli enti locali.

Che sono, appunto, il “casus belli” di cui, ad Alessandria, si discute da almeno un anno. Additandole peraltro spesso come il babau, in maniera tutto sommato irrazionale e ingenerosa. Non che non esistano casi di abusi, o di cooperative oggetto di speculazioni: e naturalmente è indispensabile che in questi casi si faccia piena chiarezza, punendo irregolarità e abusi.

Ma alzare muri preconcetti, puntare i piedi e dire a priori: “la cooperativa no, non se ne parla” rischia davvero di produrre, oggi, effetti devastanti.

Si dice: nessun dipendente pubblico passerebbe mai volontariamente in cooperativa, mentre tutti i soci di cooperativa sarebbero pronti a fare il salto inverso. Beh, se è per quello, sic stantibus rebus, anche molti dipendenti del privato in generale, e quasi tutti i lavoratori autonomi, le partite iva, e non pochi liberi professionisti iscritti ai vari albi. Essendo oggi gli impiegati pubblici l’unico comparto che, pur strillando molto e scompostamente, gli effetti della crisi ancora deve subirli. Oasi protetta, insieme alla sterminata pletora di pensionati, che peraltro godono dei loro piccoli benefit in maniera composta e dignitosa.

Il punto è però, signori, che la pubblica amministrazione locale così com’è ora è insostenibile. Per tante ragioni di cui si può dibattere a lungo, comparando anche l’Italia a Paesi e realtà differenti, per solidità del sistema e per efficienza della macchina pubblica.  Da noi, ormai lo hanno capito in tanti, conservare organici pletorici e strutture che non sono propriamente “fulmini di guerra” sarà, nei prossimi mesi e anni, alla luce dello scenario economico che si profila all’orizzonte, assai improbabile. Dopo di che, naturalmente, ognuno cerca di difendere (è legittimo, e doveroso) l’orticello di casa propria, e di rinviare sine die qualsiasi trasformazione strutturale seria.

Ad Alessandria ieri era Aspal, oggi è Amiu, domani toccherà ad altre realtà: la protesta dei dipendenti delle diverse aziende pubbliche (tutte più o meno alla canna del gas) è forte, ma la logica di mettere in gara i servizi, esternalizzarli e affidarli al mercato, sarà una strada difficilmente eludibile. In un Paese normale, chi è contrario dovrebbe presentare un progetto alternativo, economicamente sostenibile. Così come, però, chi è favorevole ad esternalizzare dovrebbe proporre un percorso chiaro, trasparente, con regole certe. E’ vero che esistono anche cooperative truffa, insomma. Ogni tanto si sente parlare di aziende, banche o altro che ricorrono all’outsourcing anche per settori strategici, e a prezzi tali che, francamente, è difficile immaginare che standard retributivi e qualità delle prestazioni siano davvero garantiti. Così come esiste un piccolissimo problema, per il comparto pubblico: ed è che le cooperative spesso non vengono pagate. Non stiamo qui a riaprire (ce ne sarà presto modo) la questione legata alle cooperative creditrici di Palazzo Rosso, che pure continua ad essere un’emergenza. La questione è assai più ampia, e riguarda appunto la regolamentazione del rapporto tra l’ente pubblico e i suoi fornitori. Che oggi, nonostante tutti i diktat di legge, continua ad essere quanto di più arbitrario si possa immagine. Per la serie ti pago quando li avrò, se li avrò. Non va bene, un sistema così non può reggere. Le cooperative possono e devono essere una “gamba” importante dell’economia, pubblica  e privata. Ma dobbiamo smettere di considerarle (a livello di diritti, ruolo e considerazione) figlie di un Dio minore.