Giorni decisivi per la società del gas e del servizio idrico integrato controllata dal comune di Alessandria. Il 19 marzo sarà nominato il nuovo presidente (Pietro Bianchi, attuale assessore al Bilancio di Palazzo Rosso), mentre si attendono i risultati della commissione comunale d’indagine sulle partecipate. E, all’orizzonte, si profila la gara per la concessione del gas
Che sia sempre stata la “gallina dalle uova d’oro” del comune di Alessandria (che ne controlla peraltro “soltanto” il 74,16%: il resto appartiene ad una serie di piccoli comuni, tra cui il più grande è Acqui Terme) è elemento su cui tutti concordano. Sul fatto che le uova siano sempre state utilizzate nel modo migliore, da più parti cominciano a dubitare. Tant’è che attorno ad Amag, la società del servizio idrico integrato e distribuzione gas la cui sede si trova alle porte del capoluogo (di fronte all’Enel, e ad una maestosa fontana “donata” dall’azienda stessa ad Alessandria in conclusione di mandato della giunta Fabbio), circolano le voci più svariate, e fantasiose. Ora, finalmente, dovremmo essere ad una svolta. Anzi, ad una serie di svolte. Da un lato, il prossimo 19 marzo, l’assemblea dei soci dovrebbe provvedere alla nomina del nuovo presidente, carica vacante da mesi, a seguito delle dimissioni di Marco Marzi, presidente “meteora” da agosto ad ottobre 2012, “desaparecido” dopo soli 3 mesi di affiancamento all’attuale amministratore delegato Gian Piero Borsi. Motivazioni personali, si disse: ma la vicenda a tanti non apparve del tutto trasparente.
Il nuovo presidente, lo sanno anche i sassi ormai, sarà Pietro Bianchi, apprezzato commercialista e al contempo discusso assessore al Bilancio della giunta Rossa. Ma “l’uomo forte”, l’artefice della politica dei “tagli” al personale (delle partecipate in particolare) in nome del risanamento dei conti, approderà ai vertici dell’Amag per “convivere” con l’attuale amministratore delegato, oppure c’è da aspettarsi qualche altra novità? Di certo il consiglio di amministrazione di Amag (la cui composizione neanche viene resa noto sul sito del gruppo, e non è un grande segnale di trasparenza) prevede due figure separate, appunto il presidente e l’amministratore delegato (quest’ultimo con poteri decisamente più ampi del primo), oltre a due consiglieri in rappresentanza del comune di Alessandria e uno per i piccoli comuni. Cosa ciò potrà significare nella pratica, lo scopriremo tra pochi giorni. Ma, nel frattempo, un secondo elemento di novità potrebbe stagliarsi all’orizzonte: anche se tutte le bocche su questo fronte sono cucite, si dà infatti per certo che la commissione d’indagine (politico amministrativa, sia chiaro: nulla di giudiziario) fortemente voluta nei mesi scorsi dal Movimento 5 Stelle stia per presentare al consiglio comunale i risultati di mesi di analisi di dati e documenti. Ci saranno risultati eclatanti? Di sicuro la commissione (presieduta dal consigliere comunale grillino Domenico Di Filippo, con vice presidente Erik Barone, e altri membri Cesare Miraglia, Giancarlo Cattaneo, Emanuele Locci, Claudio Lombardi e Gianni Barosini) in un primo tempo, nell’intenzione del movimento 5 Stelle, avrebbe dovuto essere ad hoc su Amag, mentre per scelta del consiglio comunale dedicherà la propria attenzione a tutte le partecipate. Da Amag, però, si è comunque partiti, e c’è appunto chi attende chiarimenti significativi su tanti punti interrogativi sollevati in questo ultimo anno: è vero ad esempio che il Gruppo ha una montagna di bollette arretrate da incassare (ci fu chi parlò addirittura di 30 milioni di euro: cifra che spetterà alla commissione confermare o ridimensionare), chi sono questi creditori e cosa si sta facendo per rientrare? L’azienda continua a produrre utili? E’ vero o no che esiste una “anomalia” a livello normativo, per cui di fatto i soci non hanno voce in capitolo, e i vertici del gruppo, una volta nominati, possono muoversi in totale autonomia, avendo come unico referente e interlocutore il sindaco di Alessandria? Una visione “cesarista” dell’azienda che si sarebbe consolidata nel quinquennio della gestione Repetto-Fabbio, e che a tanti non piace. Alla commissione d’indagine il compito di fare chiarezza, e al futuro presidente quello di illustrarci quali saranno obiettivi e priorità dell’azienda nei prossimi anni.
Dagli armadietti aperti ai “lucchetti”
Ma la storia di Amag viene da lontano. E’ lo stesso sito dell’azienda a riassumerla, sia pur con una logica asettica ed affidata solo a numeri ed elenchi di attività svolte, come giusto che sia.
Del resto non più tardi di un anno fa fu il presidente-amministratore delegato e uomo forte del Gruppo, Lorenzo Repetto, a ricordare in una bella intervista certamente da rileggere i successi di Amag, enunciando la sua teoria della “curva di Gauss” applicata al destino delle aziende, per ricordare che il gruppo da lui guidato era non solo sano, ma ancora in fase ascendente, grazie ad una serie di scelte imprenditoriali coraggiose e vincenti. Seguirono come noto altre vicende politiche, e anche l’era di Lorenzo il Magnifico giunse alla sua fine, peraltro con risvolti giudiziari ancora in corso, di cui le cronache racconteranno.
E’ però dialogando con chi l’azienda di ieri l’ha conosciuta sulla sua pelle (e naturalmente preferisce non comparire) che si percepiscono meglio certi passaggi, aziendali ma anche umani. Intuendo appunto come l’Amag degli anni Ottanta, sotto la “mitica” direzione di Carlo Conta (ricordato come dirigente rigido ed esigente, ma anche capace di creare un forte “spirito di squadra” e di appartenenza) fosse azienda che alla produzione di utili miliardari a beneficio dei soci pubblici (con Palazzo Rosso sempre in prima fila) sapeva abbinare un clima da “armadietti senza lucchetto”, in cui cioè la fiducia regnava sovrana tra le maestranze, in uno spirito di forte collaborazione tra i dipendenti (all’epoca un centinaio, contro i circa 150 di oggi) e la cittadinanza.
Forse così è anche troppo, un quadretto eccessivamente idilliaco, come sempre quando la memoria di ognuno di noi ricorda la propria gioventù.
Sta di fatto, però, che a partire dalla fine dagli anni Novanta gli armadietti dei dipendenti vengono dotati di solidi lucchetti di sicurezza, e il clima attorno cambia: arrivano gli anni Duemila, e alla guida di Amag si ricordano i passaggi di Carlo Poggio (presidente nell’era Scagni) e del direttore Luigi Inverso. Fino, appunto, alla vittoria di Fabbio nel 2007, e all’ascesa (nel doppio ruolo di presidente e general manager) di Lorenzo Repetto. Con l’intenso quinquennio che tutti ricordiamo.
All’orizzonte la “gara” del gas
E oggi? Mentre l’amministratore delegato Gian Piero Borsi annuncia l’abbandono del progetto del depuratore in Fraschetta (costo preventivato 12 milioni di euro), a vantaggio di un potenziamento della struttura degli Orti (costo previsto 11 milioni, di cui 3 dalla Regione Piemonte), il vero business è quello legato alla gara per la concessione del gas, che dovrà essere espletata entro l’estate del 2014, con una durata di 12 anni. Alla gara, in base alle nuove normative europee, potranno partecipare tutti i soggetti in possesso dei requisiti di legge, compresa la stessa Amag, magari in Ati con altri soggetti, pubblici o privati (si parla ad esempio del fondo di investimento F2i, guidato da Vito Gamberale.
Ma anche di cordate locali, e di un possibile “ritorno di fiamma” dello stesso Repetto).
In ballo ci sarebbero, oltre al canone annuo che chi si aggiudicherà la gara dovrà versare ai singoli soci del Gruppo (circa 4 milioni di euro al solo comune di Alessandria, come ipotizzato a suo tempo da Piercarlo Fabbio? Si vedrà), anche altri 69-70 milioni di euro, ossia il valore degli impianti di distribuzione del gas.
E poi, naturalmente, c’è la questione degli attuali dipendenti. Delicatissima, perché da un lato nel frattempo si è aperta una querelle giudiziaria su una serie di assunzioni che potrebbero essere avvenute con procedure anomale, e quindi a rischio di legittimità. Dall’altro si parla con insistenza (ma sono voci di corridoio: tutti lo sanno, e nessuno l’ha vista) di un elenco di dipendenti, che sarebbe stato compilato dai vertici precedenti, ma mai modificato o cestinato dagli attuali: una sorta di “black list” da inserire nel “pacchetto gas” che passerebbe in carico ai vincitori della gara del 2014. E’ vero? E’ falso? Anche su questo fronte, sarà comunque decisivo l’indirizzo che verrà dato dalla presidenza Bianchi, di imminente insediamento.
Ettore Grassano