Il signore ritratto nella foto in basso a destra, con in braccio un bambino, è Jérôme Lejeune (1926–1994). Lejeune, tanto per capirci, è lo scienziato che nel 1959 ha scoperto la trisomia 21, cioè l’anomalia genetica che determina la sindrome di Down, fino ad allora detta “mongolismo”.
Questo personaggio, di cui nulla sapevo fino a qualche giorno fa, mi ha immediatamente colpito per la posizione umana e intellettuale mantenuta di fronte al mondo (scientifico e non solo) per tutta la sua esistenza.
Un esempio. Nel 1969, durante l’Annual Meeting dell’American Society of Human Genetics (che gli stava per conferire un importante premio per le sue scoperte), Lejeune prese la parola e nel discorso di ringraziamento affrontò di petto la questione della legalizzazione dell’aborto nei casi diagnosticati di sindrome di Down: “To kill or not to kill, that is the question. La medicina per millenni ha combattuto in favore della vita e della salute e contro la malattia e la morte. Se cambiamo questi obiettivi, cambiamo la medicina: il nostro compito non è quello di infliggere una sentenza, ma di alleviare il dolore.”
E ancora: “Considerando il peso imposto alla società dalle malattie genetiche e cromosomiche e considerando i limiti delle soluzioni disponibili, [propongo] che sia creato il National Institute of Death“. Ironico gioco di parole sul National Institute of Health, massima autorità statunitense per la tutela della salute.
Inutile dire che l’illuminato parterre di scienziati e studiosi accolse con grande freddezza le parole del genetista francese. La sera stessa, Lejeune scrisse alla moglie: “Oggi ho perduto il premio Nobel“.
In quegli stessi anni, al contrario, il Nobel per la Medicina Francis Crick dichiarava che “nessun bambino dovrebbe essere definito come essere umano prima di essere stato sottoposto a un test che ne determini il corredo genetico. Se non supera il test, si è giocato il diritto alla vita”.
Voi chi scegliereste, come pediatra per i vostri figli?