Forza, ancora qualche ora e poi noi, malati di politica, potremo scatenarci in analisi, interpretazioni, “io l’avevo detto”, e chi più ne sa più ne dica.
Solo, consiglierei alle 15 di lunedì qualche ora di riflessione supplementare, per evitare di sparare sentenze che martedì mattina potrebbe già risultare già vecchie, o clamorosamente errate. Naturalmente poi sarò tra i primi a non rispettare questa regola di prudenza, per la famosa questione del calzolaio che va con le scarpe rotte.
Che a fermare gli italiani possa essere il maltempo (che peraltro non è così generalizzato: roba del nord, guardate la cartina d’Italia sui siti meteo) io però non ci credo per niente: chi non andrà a votare, molto anziani a parte, sarà perché ritiene di non farlo per altre, rispettabilissime, ragioni.
Noi che, invece, alle urne ci siamo andati o ci stiamo andando, è perché comunque alla partecipazione ancora ci crediamo, e perché ogni volta (quindi pure ora) abbiamo l’impressione che il momento sia topico, il Paese in bilico, un impegno diretto quanto mai necessario. Poi, in genere, ci accorgiamo dopo pochi giorni che tutto è cambiato perché tutto potesse rimanere uguale. Sarà così anche stavolta?