E adesso che il Fai l’ha incoronata luogo del cuore, e bene nazionale da salvaguardare, che ne facciamo della Cittadella?
54 mila firme sono tante, tantissime, e testimoniano che gli alessandrini così indifferenti e qualunquisti non sono. In tanti hanno la consapevolezza (magari vaga, magari storiograficamente non così precisa e dettagliata: ma mica siamo tutti laureati in Storia…) di un luogo prezioso, certamente di grande valore sul piano culturale e della memoria, ma che potrebbe anche diventare vòlano, un po’ più prosaicamente, di un rilancio turistico-economico del territorio.
Lo so, è una vecchia questione, e qui c’è il dissesto, si discute di licenziare centinaia di dipendenti comunali e affini, per non dire delle migliaia di precari e disoccupati che, invece, non “si fila” proprio nessuno.
Ma proprio per questo, probabilmente, la Cittadella potrebbe rappresentare il fulcro di un grande progetto di rilancio, anche occupazionale, e di sviluppo della città.
Il punto è in che direzione e, naturalmente e conseguentemente, con quali risorse, private o pubbliche. Guardate, una cosa è certa: se il rilancio della Cittadella fosse affidato a un qualsiasi ente o neo costituito comitato pubblico finirebbe “a schifìo”. Gli esempi, anche locali, metteteceli voi: non mancano, sono sotto gli occhi di tutti.
Il che non significa, naturalmente, che non debbano essere “intercettate” risorse pubbliche, a partire dall’Unione Europea. Ma il motore di un qualsiasi, vero, progetto di rilancio deve essere una Fondazione privata: che abbia la forza, la visione, le competenze di immaginare per quell’area un futuro vissuto e contemporaneo (pur rispettoso della storia, naturalmente: non facciamo un centro commerciale insomma), e anche una fonte di business. Il punto è: esistono oggi, sul territorio alessandrino ma anche altrove, soggetti davvero interessati, e appunto portatori di un’idea, di un progetto complessivo concretamente realizzabile?
L’alternativa è, due o tre volte l’anno, ritrovarci a discutere della Cittadella in maniera rituale, come ciò che fu, e ciò che poi avrebbe potuto essere, e non è stato. In questo senso, in effetti, quel complesso splendido e decadente è un emblema assolutamente rappresentativo dell’Alessandria di oggi. Un vero cambiamento, per la struttura e per l’intera città, è possibile e realizzabile?