La battuta ad Alessandria gira, e alzi la mano chi non l’ha ancora fatta o sentita: “adesso che si è dimesso pure il Papa, se il sindaco e la giunta facessero un passo indietro, nessuno si scandalizzerebbe”. Qualcuno, ossia i “ragazzacci” dell’Usb, lo ha anche chiesto formalmente. Mentre dall’opposizione a Palazzo Rosso (ma quale opposizione? Sembra ci sia soltanto Piercarlo Fabbio, peraltro sempre più battitore libero…) tutto tace, alcuni “stimoli” arrivano poi dalla Federazione della Sinistra, dove sia Carla Nespolo che Stefano Barbieri non le mandano a dire all’attuale giunta, chiedendo di operare scelte decise, e naturalmente di sinistra. Ossia preservare l’occupazione prima di tutto, muovendosi nella logica del “lavorare meno, lavorare tutti”.
Una strada che peraltro, pare di capire, Rita Rossa sarebbe ben disposta a percorrere, attraverso un percorso di contratti di solidarietà che, però, non piacciono a tutti, a partire dai sindacati.
Questa la situazione fino a ieri pomeriggio, quando da Palazzo Rosso è stata diffusa la notizia dell’arrivo, entro pochi giorni di 11 milioni e 600 mila euro dal fondo rotativo del governo, Cifra che secondo le prime dichiarazioni del sindaco sarà in buona parte destinata alle esigenze del Cissaca, e delle cooperative.
E, francamente, sarebbe difficile non essere d’accordo, considerata la vera emergenza in cui si trova il comparto delle cooperative sociali, che svolgono un ruolo delicato ed essenziale, e vantano un credito enorme dal Comune di Alessandria, tale da metterne ormai a rischio la stessa sopravvivenza.
Detto ciò, non scordiamoci che le risorse in arrivo da Roma sono un prestito (anche se, certo, i prestiti possono poi tramutarsi in donazioni a fondo perduto tramite condoni vari), e comunque rappresentano un finanziamento una tantum, che non risolve l’emergenza strutturale.
Torniamo allora alla “questio” di partenza: Rita Rossa, la “papessa” di Alessandria, potrebbe davvero decidere di dimettersi? E cosa succederebbe in quel caso?
La mia risposta al primo interrogativo è no, il che dovrebbe rendere superfluo anche rispondere al secondo. Comunque: non mi pare che il sindaco di Alessandria sia intenzionato a gettare la spugna a breve. Semmai ad effettuare qualche rimpasto di giunta: si parla insistentemente “dell’uscita” dell’assessore Bianchi, destinato alla presidenza Amag, con Gian Piero Borsi gradito rientro all’Atm, in sostituzione di Gian Paolo Cabella, ormai “in proroga” e nominato due anni fa dalla giunta Fabbio in quota Lega Nord.
Tutto ciò significherebbe vittoria dell’ala sinistra della maggioranza comunale, e della logica “lavorare meno, lavorare tutti”? Ed è una scelta davvero risolutiva, e conciliabile con un recupero di efficienza del “sistema” Palazzo Rosso?
In più: ogni diversa partecipata farà storia a sè, o il principio del “salviamo tutti i posti di lavoro” sarà applicato anche lì, a partire da casi drammatici già sul tappeto come Aspal e Fondazione Tra?
Tutti interrogativi che vi giro, e a cui risponderanno, è ovvio, le cronache dei prossimi giorni e settimane. Ben sapendo che, se si concretizzasse invece la (remota?) ipotesi delle dimissioni del sindaco, si aprirebbe la strada ad un non breve percorso tecnico, con l’ente affidato ad un commissario animato una logica puramente amministrativa, e non politica. E con un rischio ulteriore: la “montizzazione del tecnico”, ossia la sua trasformazione in politico alle elezioni successive. La sorte, o Dio per chi ci crede, ce ne scampi.