Ho letto la risposta e le precisazioni del Vicepresidente esecutivo del Fai ai rilievi che avevo sollevato al contenuto del suo intervento svolto in Alessandria lo scorso 25 settembre e, in particolare, sulle soluzioni dal medesimo prospettate per il futuro della Cittadella. Lo ringrazio per questa cortesia, anche se le puntualizzazioni fatte confermano quanto già conoscevo e, per quanto mi riguarda, avevo già correttamente compreso, ma non condiviso.
Quello che non convince nelle proposte del responsabile del Fai per la conservazione di un patrimonio come la settecentesca fortezza di Alessandria, che anch’egli considera “straordinario”, è la sottovalutazione del suo preminente “interesse pubblico” e il ritenere che l’unica soluzione possa derivare dal coinvolgimento dei privati. I quali non si comprende come potrebbero avere dai loro interventi un “ritorno economico” in grado di generare il “reddito necessario” per il restauro e il consolidamento della Cittadella, visto che anch’egli ritiene non sia possibile pensare di costruire “un metro quadro in più” dell’attuale manufatto.
Se l’indirizzo del Fai nei confronti delle politiche adottate dai governi che si sono succeduti nell’ultimo decennio riferito alle risorse stanziate per i Beni culturali non è di preoccupazione e critica, ma di semplice presa d’atto, la conseguenza non può che essere quella di un ulteriore declino del nostro immenso patrimonio storico e artistico. Dal 2001 al 2011, mentre lo Stato italiano ha tagliato oltre il 50% dei finanziamenti, il ministero della Cultura francese ha aumentato i già cospicui stanziamenti. E non è certamente un caso se l’Italia, che nel ’70 era al primo posto nella classifica delle mete turistiche mondiali, oggi sia scesa al quinto e in vetta, stabilmente dal ’90, si trovi la Francia. Che meglio di noi ha compreso che investire in cultura conviene, e che un euro impiegato nel comparto ne genera molti di più nell’indotto.
Per quanto riguarda la Cittadella se si è convinti della originale importanza del complesso – ritenuto anche dal Fai meritevole del riconoscimento da parte dell’Unesco come patrimonio mondiale dell’umanità – la soluzione non può, in primo luogo, che venire da una attestazione del suo valore e della sua importanza come “bene pubblico”.
Nel mio primo intervento ho citato come esempio positivo e a noi vicino il recupero e la valorizzazione del complesso di “Venaria Reale” e il suo modello di gestione affidato, come previsto dalla legge, ad un apposito “Consorzio”. In questo caso l’assunzione dell’impegno all’origine ha riguardato un ministro della Cultura (Veltroni) e un politico, l’attuale sindaco di Torino Fassino. Per una analoga iniziativa rivolta al complesso della Cittadella ritengo esistano oggi nella realtà alessandrina tutte le condizioni politiche e le responsabilità necessarie.
Queste sono rappresentate da un vice presidente della Regione, da un ministro del Governo e da un parlamentare Europeo, insieme ad altri numerosi ed autorevoli parlamentari nazionali e consiglieri regionali. Come è successo negli anni ’96-’98 per la “conquista” dell’autonomia dell’Università del Piemonte Orientale, analogamente si può determinare un impegno unitario nell’interesse preminente di questo territorio e dei suoi cittadini.
Va da sé che il primo ad essere coinvolto debba essere l’attuale ministro dei Beni e le Attività culturali che va invitato a conoscere direttamente la Cittadella, mentre nei confronti della Regione deve essere fatto valere per la fortezza un ruolo e una funzione per l’insieme dell’area del “Piemonte due”.
La fruizione e la valorizzazione del complesso viene, infatti, come conseguenza di un riconoscimento e di un impegno della politica e dei governi: una realtà naturalistica unica da vivere e da visitare, una sede per manifestazioni, fiere, con musei permanenti e mostre. Nella quale è normale che le attività della ristorazione e di altri servizi per i visitatori-utenti siano svolte dai privati.
La politica per un territorio o è la realizzazione di un interesse collettivo, quando il medesimo è universalmente riconosciuto come un valore, o non si comprende bene a cosa serva. E se la Cittadella ha, come tutti sostengono, le caratteristiche per essere considerata una priorità diviene la naturale occasione per concretizzare l’impegno di una buona politica. Diversamente si rischia davvero, come paventa l’esponente del Fai, di rimanere nell’Accademia e a poco o nulla servono i convegni che si riproducono, ma non portano a nulla.
Renzo Penna – Alessandria